E quale sarebbe stato il tuo contributo costruttivo allo IUF 2015, che utilizzava questa metodologia? Ti ricordo che l’unico tavolo che ha presentato una relazione finale, approvata da tutti i partecipanti al tavolo è stato quello sul copyright, di cui fungevo da segretario. Come mai i tavoli in cui hai apportato il tuo contributo costruttivo di relazioni non ne hanno presentate?
Questo possiamo farlo: il 28 ad esempio possiamo sentire i relatori in AO, eventualmente votare i bilanci di medio termine e altre piccole cose (come ad esempio incarichi eventualmente vacanti), lasciando all’AP l’approvazione delle mozioni uscite dai tavoli dei workshop.
Prendiamoci tutti i vantaggi di un’organizzazione flessibile.
Questo. Ai tavoli non ho potuto partecipare, non mi ricordo più perché. Non ho capito il nocciolo di cosa vorresti criticare. Sbaglio, o questo ad hominem è off-topic?
Personalmente mi piacerebbe se ci fosse uno spazio per discutere tutti insieme di temi generali.
Mi piacerebbe se si confrontassero apertamente visioni alternative di come il Partito Pirata dovrebbe organizzarsi ed operare. Io la mia visione l’ho già descritta qui sul forum, ma per il momento ho ottenuto ancora pochi feedback, siano essi positivi o negativi.
Credo siano temi fondamentali, da affrontare con urgenza. Forse persino preliminari. E non sto parlando solo di struttura del partito, perché credo che questa debba derivare dai valori e dagli obiettivi di lungo periodo, in funzione dei metodi che si scelgono. Non viceversa.
Non saprei dire quale formato potrebbe essere più utile a questo scopo.
Sui meccanismi di dialogo, sarebbe bello avere un momento per le “Domande ai dirigenti”. Visto che tutti gli iscritti sono (almeno per il momento) dirigenti del Partito Pirata, sarebbe interessante provare un formato di questo genere:
- chiunque dire il proprio nome e porre una domanda a qualcun’altro
- al termine della risposta, gli ascoltatori decidono se ha risposto esaurientemente
- se sì, chi ha risposto alla domanda può fare una domanda a chiunque altro
- se no, il turno di chiedere passa al prossimo che non ha ancora parlato
Come no, disponibilissimo. Solo che tecnicamente questo non è un dialogo è un interrogatorio del tribunale del popolo.
Un dialogo è quando uno parla e dice ciò che lui pensa e vuole dire, nel modo in cui vuole dirlo e tu ascolti e ne trai le conseguenze, poi tu parli e l’altro ascolta. Non quando si pretende di tirar fuori da qualcuno cose che eventualmente non vuole dire. Di solito bisogna aver commesso dei crimini, anche abbastanza gravi, per doversi sottoporre a questo trattamento.
Nemmeno i c.d. dibattiti prevedono il giudizio del popolo.
Ma perché non passiamo direttamente all’ordalia o al duello, sarebbero anche più divertenti.
Ma veramente non ti rendi conto di quanto è contrario all’idea di accoglienza, che peraltro tu vorresti sostenere (a parole ma chiaramente non nei fatti), questa proposta?
Io credo che nelle riunioni fisiche il tempo sia l’elemento piú complicato da gestire. Il forum elettronici creano questo meccanismo da dibattito eterno, dove sembra che il tempo non esista. Invece un dibattito vero ha dei momenti, e si deve ballare tutti allo stesso ritmo, mi permetto di fare un esempio con l’accetta:
- Benvenuto e introduzione
- esposizione dei contenuti da parte dei convenuti
- discussione
- decisioni
- comunicazione delle decisioni
In un forum su internet sembra normale dibattere senza arrivare mai ad una conclusione. In un forum fisico si avrebbe la chiara sensazione che il forum é fallito o che si é sbagliato qualcosa.
Quindi é importante segmentare i tempi.
@ale hai centrato pienamente il punto: le riunioni fisiche sono sincrone per eccellenza (e quindi tempo finite), quelle elettroniche asincrone (forum, chat, eccetera) e praticamente tempo infinite.
Questa disparità (materiale) crea anche nel discorso e nella produzione dei contenuti una differenza abissale: se hai 10 minuti per parlare e sei abituato a dire una cazzata ogni due parole, finirai per dire solo cazzate e avrai sprecato tutto il tuo tempo.
A me con OST e i workshop di sabato piacerebbe ottenere un duplice obiettivo:
- prendersi i vantaggi delle riunioni tempo finite (sforzo produttivo)
- prendersi i vantaggi dell’essere presenti di persona (conoscersi meglio, usando anche il paraverbale).
Vediamo.
In realtà metto insieme molti elementi. A) Il sistema decisionale pirata scandito da LQFB mi sembra quasi perfetto. Bisognerebbe rivedere alcune policy (qualcosa è stato già fatto) per correggere il difetto di ogni sistema assembleare: la lentezza.
B) Il forum non ha nessun obiettivo decisionale, serve solo alla fase della discussione.
C) Gli incontri fisici quasi mai danno contributi decisionali, solo quando di fatto ratificano decisioni già prese. Per lo più hanno un grande valore motivazionale e, soprattutto, di conoscenza fra i partecipanti, visto che in essi si può dispiegare la comunicazione non verbale totalmente assente in rete.
D) In questa ottica i tavoli con un ridotto numero di partecipanti limitano la conoscenza e, quindi, per me dovrebbero non essere del tutto liberi: inutile che allo stesso tavolo siedano persone che già si conoscono, meglio che siedano persone logisticamente prossime, che quindi un indomani potrebbero dover collaborare, …
Oppure cercare la carriera di politico e per questo cercare di ottenere la fiducia altrui. In tal caso bisogna sopportare anche domande inquisitorie. Massima trasparenza da parte di chi si considera un politico, giusto?
L’accoglienza vale per i nuovi iscritti. Anche per coloro che hanno dichiarato di volere essere bravi politici, ma in modo diverso… più inquisitorio appunto.
Questa parte la possiamo tralasciare dato che l’AP è più democratica a riguardo. Le persone presenti all’AO sono una minoranza non rappresentativa.
Perfetto. D’accordo. Ma come gestire la fase 3? Proprio praticamente. Ammetti di avere una sala con 30 persone. Come gestiresti il batti e ribatti di una “discussione”. Ammetti di avere uno come shamar o lynx che pretende di voler ribattere e ribattere ogni cosa e poi ogni risposta non gli è sufficiente finché non ha portato l’interlocutore a dire quello che lui pensa si debba dire, come sta avvenendo sul forum, come la gestisci? Perché la discussione negli ambienti professionali e accademici prevede la figura del ‘discussant’ (controrelatore), che di solito è uno che ha studiato la tesi presentata, e non parla a caso? E se avessi, come sarà speriamo presto possibile, una platea di centinaia, migliaia, di persone?
D’accordissimo. Però è un modello diverso. Quello in cui c’è un “rappresentante” (o un candidato rappresentante almeno) che si espone (liberamente e proprio in ragione della sua scelta) a questa “interrogazione”. Durante le elezioni io, come tutti gli altri candidati, ci siamo esposti a questa forma di fronte al pubblico e alle telecamere. Ma per me questa è una fase che attiene alla «comunicazione», non al dialogo. Non c’è dialogo in questo.
Ma assolutamente no. Bisogna essere sempre accoglienti con tutti e per tutti. L’accoglienza è una forma continua, non è che una volta entrati poi si può adottare forme di bullismo cameratesco, solo perché uno è “entrato”. Bisogna adottare forme accoglienti, anche del pensiero, di ogni altro. Ripeto, questa non è una chiesa che deve indottrinare i suoi adepti. È un partito politico e io spero che sia un partito politico moderno e che rispetti la nostra costituzione e le leggi, alla lettera e nella sostanza (a meno di non decidere, politicamente, di volerle modificare o addirittura violare, ma questa deve essere una decisione cosciente, collettiva e assunta per motivi politici).
Credo che @Shamar (che conosco poco e non di persona, purtroppo) e @lynX siano diversi: al primo voglio dare il beneficio anche del dubbio e quindi lo gestirei riportandolo all’ordine.
L’unico metodo valido invece per il secondo credo sia il metodo dei due passi.
Diciamo che il mio schema non entra nel merito, anche nel punto 2 non affermo in quale modo i contenuti devono essere esposti. Il mio obiettivo era mostrare che é necessaria una contingentazione. Io direi che intanto la discussione va collegata ai contenuti, quindi il mio schema non é preciso, cioé andrebbe inserita dopo la presentazione di ogni singolo contenuto. Il modo in cui verte la discussione dipende dal contenuto. Se il contenuto é una proposta, la discussione potrebbe andare nella direzione di chi l’appoggia, chi aggiunge qualcosa, chi la smonta.
Il problema che tu poni é che il dibattito potrebbe venire rovinato da interventi fuori luogo che alla fine mettono a rischio la capacitá di arrivare a delle conclusioni.
Negli interventi é anche molto comune quella forma di protagonismo narcisistico dove si comincia a trovare piacevole l’ascolto della propria voce. Penso che tutti l’abbiamo provata qualche volta. Quando si innesca questo meccanismo é molto comune che si parli un sacco senza andare a parare da nessuna parte.
Per evitare questo, bisogna tenere d’occhio i tempi di intervento, chiedere all’interlocutore di stare sull’argomento. Io ho il mio personale metro, io valuto scadenti gli interventi che alla fine del ragionamento non presentano una proposta.
Cioé: ti ho ascoltato 20 minuti, ma cosa mi hai detto? Cosa hai tolto e cosa hai aggiunto al contenuto del quale stiamo parlando? Se io appoggio il tuo ragionamento dove andiamo a parare?
Ma questa é una cosa che puó valutare solo chi ascolta, non é compito del moderatore decidere questo, al massimo il moderatore puó chiedere quando manca qualche minuto di arrivare alle conclusioni e di fare la sua proposta per metterla ai voti. E possibilmente la proposta deve essere chiusa in una frase, perché altrimenti non si capisce.
Di solito questo si fa nella fase delle decisioni. Mozione, un tot di interventi a favore, contro o per l’astensione. Poi voto.
Il mio problema è la fase interattiva di quella che tu hai chiamato discussione.
Giocoforza bisognerà contingentarla ancor più strettamente della fase di esposizione, nel numero e nei tempi.
Il problema che io vedo è che il modello della “discussione” non è scalabili e attiene più un ambito convegnistico dove l’espositore è in un certo senso un’autorità sul campo a cui effettivamente vanno fatte le domande.
Nel caso di un’assemblea l’espositore non è (e non dovrebbe essere considerato) un’autorità, ma bisognerebbe mettere tutti sullo stesso piano. La discussione è solo l’esposizione delle proprie tesi, come uno vuole, con le parole che vuole e con l’efficacia a cui arriva. Nei tempi decisi dalla presidenza secondo la disponibilità e in modo equo per tutti.
Nella fase delle decisioni il promotore della mozione è effettivamente un’autorità su quella mozione, quindi è giusto che venga supportato (interventi a favore) o “contestato” (interventi contro), eventualmente anche discusso con domande per permettergli di specificare meglio la proposta. Ma nel cd. dibattito la fase di discussione è impropria (per me), inefficace e inefficiente.
Nel lavoro accademico e professionale la discussione viene delegata ad un discussant, che però non è uno qualsiasi, ma è anche esso una forma di autorità, nel senso che ha avuto accesso alla tesi e l’ha studiata approfonditamente. Può quindi criticarla sulla base della conoscenza che ne ha. Non a caso.
Penso che qui entriamo in territorio inesplorato. Nel senso che tante soluzioni sono state tentate a questo problema ed ognuna solleva nuovi problemi. Nel nostro caso, abbiamo una mozione che é venuta fuori il giorno prima da uno dei tavoli, o una mozione che potrebbe essere presentata singolarmente da un pirata. Quella del discussant non mi sembra una strada percorribile perché potrebbe non rappresentare tutte le fazioni in gioco. Il problema di scalabilitá si pone quando il numero di iscrizioni a parlare supera il tempo assegnato al dibattito. Una soluzione (non bellissima) é quella di chiudere le iscrizioni quando si raggiunge il numero massimo, togliendo de-facto il diritto ad intervenire a chi non é stato abbastanza veloce. Un’altra potrebbe essere di fare un veloce confronto tra gli astanti per vedere se gli interventi possono essere integrati cercando di evitare interventi che dicono la stessa cosa.
Io fisserei un numero massimo di interventi e nel caso di problemi di scalabilitá sposterei il dibattito su LQFB che invece é scalabile. Perché se non si é capaci di risolvere il conflitto generato dal dibattito nei tempi definiti vuol dire che la comunitá é spaccata e non si é pronti per votare.
Solitamente si aprono le iscrizioni a parlare e, verificando quante ne arrivano, ad un certo punto si dà un termine temporale dopo il quale le iscrizioni vengono chiuse. A quel punto si ripartisce il tempo residuo sulle iscrizioni ricevute. Non un “numero” di iscrizioni ma un “tempo”, e si accettano tutti quelli che si iscrivono entro quel tempo senza escludere nessuno. È un approccio più “regolare” e permette di accogliere tutti.
Questo rende meno equa la divisione dei tempi perché può capitare che chi interviene prima abbia più tempo di chi si iscrive dopo, ma ciò ha il valore di solito di incentivare le iscrizioni anticipate (cosa che per quanto sembri non è così scontata: ad esempio all’assemblea di Torino ho dovuto parlare per un bel po’ di tempo prima di ottenere un paio di iscrizioni a parlare). Sempre a Torino non ho posto limiti agli interventi chiedendo però a chi parlava di cercare di contenersi nella decina di minuti, c’è chi l’ha fatto e chi l’ha fatto meno, ma pur sempre con giudizio. Di fatto non abbiamo chiuso le iscrizioni a parlare, hanno parlato tutti quelli che volevano. E abbiamo chiuso con circa 40 minuti di anticipo rispetto al tempo previsto e per cui avevamo pagato la sala.
Noi però non avevamo una fase decisionale successiva o l’avremmo potuta avere ma in questo caso abbiamo ritenuto che fosse più importante questa fase di espressione che non decidere qualcosa.
Già.
Deduco che tu non abbia mai giocato a “Obbligo o Verità?”
Che terribili tribunali del popolo! Pensa che da bambino mi è pure capitato di ricevere un bacio da una bimba che mi piaceva! Una vera tortura! Uno scandalo! Altro che metterci la faccia, pure le guanciotte dovevi metterci!
Ma i tribunali, che tu sappia, non hanno anche il potere di condannare?
Forse non sono stato abbastanza chiaro e me ne scuso. Lasciami riprovare:
L’idea è di usare lo strumento principe della curiosità, buone domande e risposte oneste ed esaurienti, per rompere il ghiaccio, conoscersi, imparare cose nuove l’uno dall’altro e soprattutto imparare tutti insieme cosa sia la responsabilità.
Responsabilità deriva dal latino responsum abilem, capace di rispondere. Se siamo tutti dirigenti di questo partito (lo siamo?), dobbiamo tutti imparare a rispondere.
Naturalmente può succedere che questo formato le persone più interessanti ricevano più domande. 20 anni fa, in una assemblea del genere, avrei usato la mia domanda per chiedere il numero di telefono della Piratessa più carina nell’edificio. Oggi posso usare meglio le mie domande, perché le Piratesse più carine sono figlie mie.
Possiamo però stabilire che le domande devono essere di natura politica, non personale. Oggi non ho problema ad accettare che chiedere “Qual’è il tuo numero?” sia vietato. Ma chiedere “Perché hai incontrato il lobbista di Google?” invece deve essere una domanda possibile. Oppure “Cosa ne pensi del Copyleft?”, oppure “Lavori per Facebook?”, oppure “Perché sei nel Partito Pirata italiano?”.
Ora, nessuno ti costringe a rispondere ad una domanda. Semplicemente perdi il turno di farne una a tua volta. E’ una scelta libera, con un costo ragionevole. E naturalmente puoi anche scegliere di non fare domande. E nessuno ti può costringere a partecipare all’Assemblea se non vuoi correre il rischio di dover rispondere a domande scomode.
Può anche succedere che diverse persone ti facciano domande simili o relative allo stesso discorso. Ma in fondo, sei un dirigente del Partito Pirata.
La stampa può fare lo stesso e con meno gentilezza o comprensione. Perché noi Pirati sappiamo che l’importante non è dare la risposta giusta, ma essere onesti intellettualmente e sinceramente curiosi.
I giornalisti iscritti all’Ordine, come dire… ogni tanto lo dimenticano.
Ah non c’è problema. Io ascolto molto più attentamente di quanto non parli.
E quando parlo di qualcuno o a qualcuno, ho sempre l’accortezza di menzionarlo ed informarlo.
Per Onestà Intellettuale. Sai cos’è? Ma anche per Curiosità: per dargli l’opportunità di correggermi.
Gradirei se tu avessi la stessa accortezza. Ma non ho grandi speranze, oramai…
Siamo tutti diversi. E’ questo il bello!
E siamo tutti parte di un sistema multidimensionale complesso. Non si tratta, in altri termini, di un dominio ordinato, in cui la relazione “è migliore di” sia ben definita.
Magari va bene per conoscersi, o come gioco di societá. Ma non vedo come possa essere innestato in un processo decisionale.
Però se è per conoscerci io voglio poter chiedere anche il numero di telefono e anche altre cose che non posso dire da moderatore.
Ricordo che gli ad-hominem sono contro il regolamento (anche contro i regolamenti nonviolenti…). Inoltre basterebbe rispondere una volta veramente alla domanda, senza svignarsela in stile da politico… perché la perdita di tempo non piace neanche a me… @Shamar pare sia più tenace di me cmq…
Mi hai citato rimuovendo il contesto, dando l’impressione che io abbia detto che l’accoglienza vale solo per i nuovi iscritti mentre io volevo indicare che vale specialmente per loro, ma il resto della frase estendeva l’accoglienza anche ai politici. Un classico caso di strawman argumentation, @erdexe.
Inutile che informo @erdexe di eventuali scorrettezze di regolamento se poi arriva il moderatore e abusa del fatto che nessuno eseguirà alcuna sanzione contro di lui stesso. Questo partito è alla frutta se i moderatori ad ogni post abusano del proprio potere, oggettivamente… palesemente…
Nel regolamento per le assemblee dei Piraten esiste la “richiesta di chiusura della fila”, cioè quando si sta mettendo troppa gente in fila per parlare (interventi da un minuto o due, tra l’altro) chiunque nel pubblico può chiedere in qualsiasi momento che non vengano ammessi ulteriori interventi per questo punto del OdG — con un rapido cenno di mano decide la maggioranza dei presenti se il dibattito può essere chiuso o se è troppo importante da chiudere. In questo modo la chiusura resta flessibile secondo le esigenze della sala.
Si, eviterei assolutamente qualsiasi decisione a maggioranza semplice ad un’AO… eccetto appunto banalità formali come la chiusura della fila.
No certo, non è un processo decisionale. Può avere un tema, ma non prevede alcun voto.
Tuttavia può essere molto utile per analizzare e sviscerare i problemi.
Supponiamo che parliamo di intelligenza artificiale e ci sono tre persone molto competenti in materia e tanti curiosi. Le prime domande andranno a coloro che sono più competenti, ma poi potranno essere messi in discussione e mettersi in discussione l’un l’altro.
Da un dialogo con questo formato, le persone che danno risposte più convincenti possono fare più domande. Insomma, può venirne fuori un dibattito serio ed onesto.
Contrariamente al formato dell’Assemblea TNT non basta iscriversi a parlare per parlare. Un lobbista poco credibile, parla meno di uno studente di matematica che sa quel che dice. E sebbene le domande non vengano valutate dall’assemblea (che è costretta ad ascoltare con attenzione), fare domande retoriche o cercare di infiammare gli animi non paga.
Insomma, è un formato che può funzionare non solo per permettere la parresia, ma per favorire la comprensione reciproca e l’elaborazione di una sintesi.
Potrebbe eliminare la necessità del voto, oppure no. Ma potrebbe anche funzionare bene come strumento di discussione (il tuo punto 3), in cui un relatore sarebbe il primo ad essere interrogato, ma non potrebbe monopolizzare e nemmeno guidare il discorso senza essere onesto.
Non so cosa tu voglia chiedere, ma sono certo che vi siano momenti più adeguati di un assemblea pubblica per dire il proprio numero di telefono.