si invece, come ho già spiegato qui Sul partito di dirigenti, diritto al voto e Tim Berners-Lee la selezione è necessaria se vuoi un partito conflittuale (verso l’esterno) mentre quello che vuoi tu è i partito conflittuale al suo interno.
Falso. Se ci servono le cooptiamo.
Basta con questa tua battaglia personale nel partito. Questo tuo atteggiamento è incomprensibile e sta danneggiando il partito pirata,
Siamo un partito (o almeno lo vorremmo essere) non un servizio di assistenza alla persona. Perché reintegrare le persone difficili? Vogliamo andare a vedere quale fu il tuo voto sulle issue di espulsione degli anni precedenti?
sottoscrivo
Mi fa piacere… ma in un tuo post precedente tu hai fatto riferimento al valore positivo della cooptazione citando un articolo di Adriano Sofri sulla cooptazione di vertice che Bersani aveva fatto con Alessandra Moretti.
Capisco che poi @lynx si incazzi rispondendo in modo anche un po’ OT perché (aldilà delle sue idee riguardo la selezione all’ingresso) la cooptazione che non piace a lui è soprattutto quella di vertice…
ok, ammetto che quel riferimento non sia stata una scelta felice.
ma non capisci che dentro questa prospettiva potremo avere finalmente un ambito dove attuare le forme di convivenza che tanto stai sostenendo? E che invece in questo contesto saranno totalmente inutili?
Apprezzo la puntualizzazione e in effetti devo ammettere anch’io che l’articolo non è stato scritto da
ma dal figlio Luca…
@briganzia purtroppo non credo che tu possa trarre un universale da un particolare.
La storia delle elezioni per me non fa veramente testo perché se è vero tutto quello che dici è anche vero che non è stata la semplice cooptazione a far funzionare tutto, ma una felice combinazione di personalità che hanno saputo esprimere grande generosità gli uni verso gli altri, e tutti verso la causa comune [sia detto: non senza qualche problema (che però ci ha fatto crescere tutti soprattutto le persone più problematiche)]. Probabilmente puoi dire che senza la ragionata cooptazione che è stata fatta, non avremmo raggiunto un così buon risultato. Se parliamo di “ragionata” cooptazione, allora ok.
Io credo che nessuna cosa però potrebbe impoverire un partito come la chiusura di una cooptazione all’accesso (se sto capendo quello che scrivi): impoverire sia in termini ideali, come pressione di temi che vorrebbero trovare esito attraverso quel partito, ma anche impoverire proprio economicamente. Se ti poni l’obiettivo di realizzare lotte politiche e, nella mia idea, non vuoi rivolgerti a mezzi di finanziamento che squilibrino i rapporti di forza nel partito, l’unica possibilità che hai è ammettere come iscritti tutti quelli che sono interessati a finanziare quelle lotte senza fare selezioni all’accesso e quindi cooptazione.
Credo che la cooptazione sia uno strumento formidabile nella parte esecutiva, nella costituzione dei gruppi di lavoro, ma che non si possa comunque prescindere da un lato da un’apertura completa all’accesso nel partito, e dall’altro da un modello democratico di selezione degli esecutivi. Anche se questi modelli comportano scelte difficili e subottimali, in questo sta la “democrazia” di un partito. Non ritengo invece che tutto debba essere deciso democraticamente, quando poi è la chiara responsabilità di qualcuno portarlo avanti, ma solo definirne i lineamenti dell’azione, ovvero la ragione per cui il partito debba impegnarsi proprio in quel tema e non altro. La scelta politica quindi, non esecutiva.
La parte importante è invece che laddove c’è un potere allora, per me, quel potere deve essere libero di esplicarsi in tutta la sua volontà possibilmente con pienezza di mezzi, questo è il grande difetto delle organizzazioni non liberali che qualcuno pretende di replicare nel PP. Sono sistemi in cui si vuole imporre limiti interni al potere invece che pretenderne il rispetto dei limiti esterni (ovvero non i check and balances ma piuttosto linee di contro-potere a valere sulle possibilità del potere stesso per limitarlo o renderlo inoffensivo, ma anche così dargli giustificazioni) . Solo un potere libero può richiamarsi alle sue responsabilità, agire verso i suoi risultati, che sono i risultati scelti da tutti e essere valutato su quei risultati. Solo un potere libero può sbagliare. Un potere che possa addurre scuse ai propri fallimenti è il vero potere autoritario in quelle forme di totalitarismo democratico che affliggono sia la società (la Nazione), sia il partito. Le moderne forme del totalitarismo, non a caso, sono tutte democratiche.
Ora il prevedere un accesso aperto, una selezione democratica (degli obiettivi e delle cariche funzionali) nonché una esecuzione resa efficace dalla cooptazione e possibilmente dalla competizione è una sfida che non ha una soluzione immediata e facile. Io credo che l’intelligenza che dovremmo mettere è essenzialmente in questo. Nessuno credo ha soluzioni facili in mano, e le poche certezze che abbiamo è che non vorremmo ripercorrere gli errori del passato ma anche gli errori di organizzazioni simili (leggi M5S) che ci hanno fatto il favore di compiere così evidenti errori da poterci evitare di fare le stesse stupidaggini.
Però è importante adesso comprendere le spinte asociali per imparare a leggere i “disegni” delle attività che rendono meno efficace l’azione riformatrice.
Posizione sinceramente ardita. Non mi piacerebbe. La capacità di una classe dirigente si vede anche da come riesce a dominare l’organizzazione interna del partito. Non c’è nulla di male in questo. Se si seleziona gli accessi è una classe dirigente più debole, non più forte.
In quei casi la classe dirigente è scalabile. Nel caso del partito pirata c’è accesso immediato all’unico (e più alto) livello, e scalabilità del partito nulla.
si capisco quello che dici però mi sembra che il modello “orizzontale” che abbiamo sposato non sia compatibile con l’apertura completa all’accesso pena la nascita di un “non partito”. Quello che mi pare di capire è che se vuoi un partito ad apertura completa non puoi essere democratico al suo interno. Forse bisognerebbe sciogliere questo nodo perché è ancora foriero di confusione. Ad esempio, quando dici che è auspicabile un partito che proceda per cooptazione nella sua parte esecutiva stai dipingendo una struttura interna non democratica con cariche non contendibili?
Capisco, ma noi non abbiamo una “classe dirigente” nel senso che abbiamo una struttura interna fondata sul principio del “tutti dirigenti”. E’ questo che trovo incompatibile con l’accesso totalmente aperto.
Perché?
La compatibilità non dipende necessariamente da cosa il partito vuole essere?
(@briganzia: ti devo un sacco di risposte… il problema è che più cose intelligenti scrivi, più tempo devo allocare per risponderti, più difficile diventa trovarlo… abbi pazienza… prima o poi rispondo a tutto…)
perché é il modo migliore per distruggere ogni forma di identità politica, rendere un partito una massa informe di opinioni, pur rispettabili, metterlo a tacere, in una parola disinnescarlo. A me in politica il detto “bello perché vario” non è mai piaciuto. Io da un partito voglio un progetto e una strategia per applicarlo. A questo mi riferisco quando dico che così accantoniamo il “conflitto” e diventiamo inutili.
Ma io ti ho proposto un progetto politico chiaro ed un’identità cristallina.
L’identità che questo partito si porta nel nome.
Si tratta di un’identità intrinsecamente aperta alla differenza ed al dialogo, ma è un identità forte e come tale attrarrà le persone che vi si riconoscono e non quelle che non vi si riconoscono.
Non c’è bisogno di selezionare o di cooptare. Basta essere Pirati.
e se non lo sei? Ti rendi conto che questo è un partito in balia di maggioranze di dirigenti che diventano tali pagando 10 euro e senza neppure alzare il culo dalla sedia? Ma sono soltanto io che reputa tutta questa cosa una assurdità enorme?
In che senso?
Lo puoi diventare, se sei curioso. Chi non è curioso si terrà ben lontano da chi mette la curiosità al centro del proprio sistema di valori ed accetta ciò che ne consegue.
Io voglio (e sono abituato a…) un partito aperto e democratico in cui viga una forte delega di fiducia. La “democrazia” del partito fa le scelte di natura politica e definisce le urgenze politiche e sceglie coloro i quali rappresentano i migliori interpreti di quelle scelte e gli dà pieni poteri e tempo a sufficienza per mettere in pratica le cose, e se del caso ritira la delega esecutiva. Un partito in cui il contratto sociale sia al contempo semplice e fortissimo.
Aggiornare questo modello ad un sistema multilaterale e mediato come quello del Partito Pirata non è semplice, visti taluni vincoli che potremmo voler supportare.
Una cosa è certa però, per me «democratico» non significa che qualsiasi minuzia deve essere delegata ad una somma di opinioni private, ma solo alla volontà generale. Ecco, su questo il manuale di Dottrina della Costituzione di Carl Schmitt, scritto appena ieri nel 1928 dice parole molto chiare.
La sfida è quella, riuscire ad avere un modello con un distinto livello di apertura e democrazia, rifuggendo dalle campane fasulle di quelli che urlano che solo una possibilità di apertura e di democrazia è possibile (invariabilmente la loro), per trovare insieme la nostra apertura e democrazia.
Una sfida difficile ma possibile.