Il fenomeno del "backseat driving"

Sulla mailing-list si è avviata una discussione interessante che qualcuno desidera vedere sul forum e cerco ora di riportare gli interventi più significativi e magari sintetizzati.

Spiegazione della “backseat driving”

@lynX Ha aperto la discussione dicendo che LQFB (Liquid Feedback) non è usato bene se accade che c’è chi non interviene mai, non manifesta il proprio dissenso in relazione ad una proposta e all’ultimo vota contrario. Questo fenomeno è descritto da Falkvinge (fondatore del primo PP) come “backseat driving” (guidare stando seduti dietro). In sintesi, significa non manifestarsi, non dire cosa non piace o non offrire una critica puntuale, ma incidere infine con il voto sulla direzione. Per chi vuole l’originale in inglese e più dettagli:

One of the worst things that can happen to the swarm is the emergence of a backseat driver culture, where those who take initiatives and risks are punished for it — and it is your responsibility to make sure that people who do things are rewarded, even when you think they weren’t exactly on the money. It is especially crucial that peers in the swarm don’t fear other people being angry with the swarm, and punish the risk-taker as a result. People must be rewarded by their peers for taking risks, and you must make sure that other people in the swarm reward other people for taking risks, even when things go bad (or just don’t produce the expected results). If people see something they don’t like, the rule must be that their response is to contribute themselves with something they do like. If a backseat driver culture emerges, risk taking and initiatives don’t happen, because activists become shell-shocked from constant peer criticism whenever they try something. If this pattern develops, the swarm dies.

– Posizioni contrapposte

C’è chi decisamente non considera questo un problema (per correttezza nel titolo ho parlato di ‘fenomeno’) e chi invece sarebbe disposto ad introdurre qualche criterio di selezione su chi può votare determinate proposte e chi no. (Mi raccomando mantenete la calma: è una discussione potenzialmente “calda”, non facciamola esplodere).

Meno democrazia?

Qualcuno teme che introdurre una selezione su chi può votare (sono stati menzionati dei questionari pre-votazione oppure l’obbligo di votare contrario insieme ad una critica puntuale che forse andrebbe approvata da qualcuno) possa portare alla dominanza di un qualche gruppo di persone sottraendo democrazia al processo di votazione.

Più razionalità?

In risposta a questo, si è precisato che far emergere la demagogia dando diritto di voto a chi eventualmente non segue o è ignorante sui temi in cui vota o non sa argomentare i motivi delle sue scelte o altri problemi che di norma emergono in circostanze considerate populiste, è in realtà un danno per la democrazia perché si traduce in tendenze di massa che esprimono la propria opinione più sulla corrente emotiva che quella razionale (obiettivo quest’ultimo che dovrebbe emergere quando si parla di intelligenza collettiva e democrazia liquida).

Parentesi su paranoia e fiducia

Come emerso nella mailing list, c’è la tedenza ad aver timore che certe proposte vogliano distorcere / strumentalizzare / fare danno al partito pirata, ma un eccessivo clima di “paranoia” porta all’immobilità. Da informatici sapete che tutti i programmi necessitano di miglioramenti e aggiornamenti; credo che questo sia vero anche per molte altre realtà, come un partito per esempio, non bisogna aver timore di guardare in faccia eventuali problemi oppure non leggere proposte che non provengono dalle persone che consideriamo “di fiducia”. Serve andare sempre verso una direzione migliore e occorre più imparzialità nei confronti di tutte le novità.

– Interventi

Parole a favore della selezione dei votanti

Se una persona sceglie per se stessa (es. mangiare al McDonald’s) sono affari suoi perché la scelta inciderà sul proprio futuro. Se una persona è chiamata a scegliere per la collettività, la collettività può (e forse dovrebbe) pretendere che i voti siano pesati o i votanti selezionati, perché si è stati chiamati a scegliere per il futuro della collettività e non solo per se stessi. (solibo)

Puntare sulla cultura storicamente ha già fallito: c’è stato il suffragio universale prima e poi la cultura è diventata sempre più accessibile a molti, eppure la situazione politica in cui siamo oggi mostra un fallimento. Agire genericamente sulla cultura non è una soluzione, non basta. (solibo)

Parole a favore del voto per chiunque, senza condizioni

Una persona non dovrebbe avere l’obbligo di motivare perché ha votato contro una proposta e il voto di un altro non deve pesare diversamente da qualsiasi altra persona. (athos)

I test sono una soluzione irrealistica, perché non è possibile trovare una precisa connessione tra informazioni come “quanti sono i rami del parlamento” o “i nomi dei presidenti della Repubblica” e la precisa proposta che si sta andando a votare. Entrando nello specifico dei temi dovremmo forse chiedere “cosa è lo spread”, “cosa prevede la Convenzione di Ginevra” e mille altre domande, ma è irrealistico formulare simili questionari. Occorre accettare il rischio che si voti anche sulla base di elementi irrazionali (come si fa ora), nel frattempo si può puntare sull’istruzione, l’informazione e la cultura. (Exekias)

Trovo inquientante introdurre criteri per definire e misurare l’intelligenza altrui, così da selezionare le persone. (Exekias)

La cultura è stata mortificata da una corrente anti-intellettualistica, iniziata negli USA e che ha raggiunto anche l’Italia (come si può constatare con il crescente successo di Trump là e Salvini/Grillo da noi). Bisognerebbe riformare profondamente il sistema scolastico. (Exekias)

@solibo @athos @Exekias Se la sintesi (o la leggera riformulazione) che ho fatto dei vostri interventi la ritenete scorretta o imprecisa, fatelo presente nella discussione e correggo.

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Nessuna imprecisione @Silvan, ottimo come al solito. Quanto alla cultura del backseat driver, non sono sicuro che questo (una mozione bocciata su LQFB) ne sia un esempio. La backseat driver culture -detto in tre parole- è quando la gente non prende più iniziative per paura di essere criticata dagli altri, i “passeggeri dei sedili di dietro”, quelli cioè che non fanno nulla ma in compenso son bravissimi a criticare gli altri. Qui mi pare che -per fortuna- la cosa non accada. Poi certo, può capitare che una mozione venga bocciata, ma può essere che semplicemente è perché la gente è contraria e non la ritiene emendabile.

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sì, infatti il punto della mia irritazione in mailing list era proprio questo: al netto di tutte le analisi sociologiche del mondo, il diritto a votare contro una proposta che non piace resta.

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Grazie Exe per l’apprezzamento.

La parola ‘driving’ che significa ‘guida’ intende necessariamente l’influenza su una decisione tramite il voto e non solo lo “stare seduti dietro” e non proporsi mai, altrimenti si sarebbe chiamato “backseat passengers”. Non penso sia corretta questa tua interpretazione.

Dal che si deduce che coloro che ritengono la bocciatura di quella proposta un episodio di backseat driving pensano di essere loro alla guida del PP. Grazie comunque per avermi permesso di siedere sul sedile posteriore. Invito comunque i driver, dato che il PP ammette la doppia tessera, ad iscriversi anche al partito “Gente che ha ragione”

Finora abbiamo sempre parlato di “Leader”, principalmente per sottolinare il bello di non averne. Però quello che intendevamo era un’altra cosa: Capi (quello che in inglese si chiama “Boss”). E le differenze tra un boss e un leader sono queste

Infatti (lo so che l’ho già detto più volte) penso che il rifiuto dei leader dovuto a ragioni psicologiche più che razionali sia il motivo principare della nostra impotenza agendi. P-S. Il driver non è un leader e non è nemmeno un boss.

Non andiamo fuori tema: non mi pare che il boss o il leader siano rilevanti nel sistema complessivo di votazione che prevede fenomeni come il “backseat driving” (e tanti altri), sempre di votazioni collettive si tratta, non stiamo parlando di introdurre “garanti del partito” (tipo Grillo); anche qualora le votazioni fossero limitate da questionari o altri criteri stabiliti collettivamente (non dico lo si debba fare, né lo nego), ma persino in tal caso non avremmo un boss o un leader, semmai qualcosa di simile ad una “patente per guidare l’automobile”.

Sono stato il primo a dire che il manifesto che avevamo appena redatto avrebbe dovuto essere rivisto nello stile, e questo già quando eravamo in fase di discussione e c’era la possibilità di intervenire. Quindi ben venga qualunque proposta in tal senso.

Mi dispiace molto che Silvan abbia fatto tutto quel lavoro e non sia stato premiato. Tuttavia non ho ritrovato nel testo proposto lo stile che vorrei vedere nel nostro manifesto. Il manifesto attuale è un distillato di lunghe ore di incontri, pad, sbobinamenti con @kikinki e @briganzia, ed in cui le parole e le frasi sono faticosamente pesate e bilanciate tra loro, e per questo per me con tutti i suoi limiti è ancora preferibile.

Questa revisione era ordinata ma aveva uno stile didattico, per nulla incendiario come invece ci eravamo detti che l’avremmo voluta. L’ho letta a lavori conclusi, non ho avuto assolutamente tempo di seguire il discorso e quindi di dare dei feedback in fase di lavorazione, né lo ritenevo prioritario rispetto alle altre cose che stavo seguendo.

Per tutte queste ragioni ho preferito non votare. Non ho votato contro perché non volevo interferire, nel dubbio di non essere sufficientemente imparziale.

@Silvan non te la prendere, hai fatto un gran lavoro e ti ringrazio, so bene cosa significa, ma non è stato inutile. Ogni rielaborazione ci dà l’occasione di metabolizzare ancora meglio i contenuti.

@lynX la tua frase “E non mi riferisco solo alle cinque persone, che hanno causato questo danno in questa occasione” non riesco proprio a capirla così come non capisco la polemica: non vedo il “danno” e non vedo perché inalberarsi per una decisione presa in modo del tutto legittimo e trasparente dall’AP. E’ stata fatta una proposta di revisione, non ha convinto a sufficienza, fine. Non c’è alcun danno, i contenuti del manifesto rimangono quelli.

PS: tra parentesi, l’estratto di Swarmwise non è pertinente alla questione, in quanto un conto è parlare di azioni nell’ambito di una campagna (il contesto a cui si riferisce il testo di Falkvinge) ed un altro discorso è parlare di modificare il manifesto. Fatemi capire, ma secondo voi qualunque iniziativa và “premiata” (e non mi viene in mente altro premio se non la sua approvazione in AP, se si parla di issue) per definizione? E se ad esempio c’era un’iniziativa concorrente? Come la premiavamo? E se era una boiata? La premiavamo anche se non era “exactly on the money”? Dai, per cortesia, cerchiamo di contestualizzare! Parlava di uno swarm! Un’iniziativa ben precisa in cui tutti si attivano per raggiungere un obiettivo condiviso. Il banchetto per la raccolta firme si poteva fare meglio? Dai una mano oppure non criticare. QUESTO era il senso, e sono anche d’accordo. Ma qui non c’entra.

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Non esiste “obbligo di manifesto”. Molte associazioni e partiti non ce l’hanno, partono dallo statuto. Per di più un manifesto “a posteriori” non ha molto senso: Il manifesto dovrebbe essere il documento iniziale da cui deriva la parte “finalità” dello statuto e, dallo statuto, i regolamenti. Quindi se si vuol fare un manifesto occorre che dica qualcosa di nuovo ed importante. Puo’ anche essere del tipo: “Vogliamo questo, vogliamo quest’altro”, ma deve essere legato ad una premessa “importante”. P.S.@Silvan: la limitazione tramite questionari o altro del voto non serve a dare “la patente per guidare”, serve, purtroppo, a dare la patente per “decidere dove andare”

Che problema c’era di tematizzare questo aspetto piuttosto di fare saltare la maggioranza? Come fa un Silvan a dare del suo meglio se non riceve questo feedback? Il voto senza feedback è backseat driving.

Allora un problema di struttura del processo?

Secondo me, se la critica non si manifesta in forma di emendamenti e proposte concrete ma spunta dal nulla rovinando mesi di lavoro, stiamo usando male lo strumento.

Chiedo solamente come migliorare la trasparenza delle intenzioni di voto, cosa che LQFB dovrebbe rendere, ma non lo fa per quelli che non partecipano al dibattito in alcun modo, ma spuntano al momento del voto finale.

Non mi trovo d’accordo.

No, ma ogni rifiuto come ogni iniziativa vanno argomentate. Solo chi articola la propria critica da una possibilità al proponente di migliorarla!

Diciamo che gli altri movimenti non hanno la possibilità di redarre collettivamente un manifesto, perciò deve essere il documento che li ha raccolti per cominciare. Noi per fortuna in questo siamo diversi. Possiamo progredire invece di seguire ancora il manifesto comunista.

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Riprendo questo punto che mi pare cruciale. Probabilmente bisogna rafforzare e maturare la fase di discussione. Questa purtroppo è soggetta al tempo che ha ciascuno di dedicarsi ad attività extra, oltre alla diversa scelta individuale delle priorità.

Se una proposta non passa (e non vorrei ci si focalizzi sul manifesto), praticamente devo contattare gli insoddisfatti e vedere se si può mediare per trovare qualcosa di più largamente soddisfacente. Se ci sono buone nuove premesse si può ritentare la votazione.

L’unico aspetto spiacevole è l’attesa di tutte le fasi della votazione (specie quelle di 90 giorni). Dunque, non si potrebbe migliorare il processo di votazione? Migliorandolo dovremmo mitigare anche il fenomeno del “backseat driving”, però apro una discussione a parte su come lo imposterei perché è meglio: Ridurre i tempi del processo decisionale e aumentare i feedback

Allora spiegami come fa qualcuno che vuole il vecchio manifesto senza modifiche a migliorare una proposta che lo cambia.

Tu mi accusi di usare degli argomenti da uomo di paglia, ma mi stai confermando che se tu vuoi un cambiamento e gli altri no, allora la volontà degli altri ha qualcosa di sbagliato. Sei arrivato a dire che le persone che hanno votato contro il nuovo manifesto hanno fatto un danno al Partito, un termine ben preciso, che nel nostro Statuto prelude a sanzioni disciplinari, anche pesanti. Ritira quel termine e io ritiro le accuse di dispotismo che per te sono argomento da uomo di paglia, ma che per me sono pienamente giustificate dall’uso che tu fai del termine danno al partito.

Ascolta una volta un giudice come me giudicò chi gli aveva dettato la legge: prima cambiarono il giudice e subito dopo la legge. (F. De André - Sogno Numero Due)

Se vuole una cosa senza neanche considerarne un’altra evidentemente non è disposto ad un dibattito aperto. Ha già chiuso il libro. Non è democratico.

Allora corregiamo il tiro… cambiamo la domanda. Cosa deve fare una persona che continua a preferire la versione originale perchè il proponente non ha fatto alcun cambiamento che la migliori?

Spiegando perchè i cambiamenti non gli vanno a genio ha argomentato perchè voterebbe contro, ma ha dato al proponente la possibilità di 1. fare un cambiamento geniale per la quale vale la pena di cambiare opinione oppure 2. di ritirare la proposta in quanto il critico è stato convincente.

Ovviamente la cosa più probabile è 3. ognuno continua per la sua via ma almeno non ci sarà sorpresa a riguardo.

Non te lo posso confermare perchè è sbagliato. Ed insinuando ciò hai di nuovo tirato fuori un uomo di paglia.

Si, non intendevo un danno nel senso dello statuto. Intendevo solamente che questo processo intrasparente può essere insoddisfacente, inefficace, dannoso in quanto ci consuma energie e risorse. In linea di massima parlo sempre di metodi e strutture e non di eventuali colpe di persone, perchè continuo ad essere convinto che un partito del futuro deve essere capace di integrare anche le persone più sbilanciate. Ogni volta che non ci riusciamo mi dispiace.

== Avviso di moderazione == Chiarito il fatto che non c’è stato alcun danno al Partito nel senso dello Statuto. Il fenomeno del “backseat driving” deve rimanere il tema in questa discussione. È legittimo ritenere che sia un problema o che vada accettato così come eventualmente accade.

Direi che in questa discussione si possono raccogliere eventuali argomentazioni a favore del voto contrario, dato all’ultimo momento, senza preavvisare o notificare la propria contrarietà. Così come eventuali soluzioni da parte di chi considera questo fenomeno un problema. Grazie per la collaborazione.

Chiariamo una cosa: quando Silvan ha manifestato la propria volontà di riscrivere il manifesto, non la trovavo una cosa prioritaria. Avrei potuto fare le mie osservazioni, che probabilmente avrebbero intaccato il suo entusiasmo. QUESTO sarebbe stato backseat driving.

Invece mi sono detto, perché non dovrebbe poterlo fare? A me in questo momento non interessa, ma lasciamolo lavorare e vediamo cosa ne viene fuori.

Penso che anche altri abbiano pensato la stessa cosa. Lo abbiamo lasciato lavorare ed ha avuto la possibilità di presentare la sua proposta, che non ha raccolto voti a sufficienza e quindi non è passata. Ma è stato libero di provare e nessuno lo ha stroncato in partenza come magari in passato sarebbe successo in contesti simili. Questo, se ci fate caso, è il contrario del backseat driving.

Posto che ha avuto piena libertà nel portarla avanti, perché non ha avuto molto riscontro la sua iniziativa? Ritengo che la ragione per cui gli attivisti non partecipano ad un’iniziativa sia data da una combinazione di tre fattori, dei quali ne può bastare anche uno solo:

a) non suscita interesse sufficiente a voler partecipare b) non piace c) non è stata pubblicizzata o chiarita a sufficienza

QUindi quando avanzo una proposta di progetto devo curare tutti e tre gli aspetti. Se la faccio arrivare ad un sufficiente numero di persone a cui interessa && piace, posso formare un gruppo di lavoro e le cose diventano interessanti. Se non ce la faccio e mi ritrovo a lavorare da solo, mi espongo a probabilità maggiori di non avere successo, in quanto la mancanza di feedback tenderà a penalizzarmi.

Su quello che hai detto sono d’accordissimo Ronin, infatti ero consapevole che poteva non passare, soprattutto perché il manifesto è comunque una cosa “delicata” che richiede alto consenso (per pochissimo non raggiunto).

Valutare se una proposta piace, se è considerata prioritaria (o almeno non marginale) e “pubblicizzarla” (anche se non saprei bene come: contatto tutti uno dopo l’altro?) sono elementi molto importanti che si inseriscono però nella fase di discussione. Fase che potrebbe venire ben prima di passare a LQFB, però sul forum non tutti guardano, la mailing list non so se tutti la seguono… Ci vorrebbe un modo più coerente di mandare un messaggio a tutti (cercando di prevenire l’eventuale invasività dei messaggi e la non gestibilità se il numero di essi aumenta troppo).

L’unica cosa su cui dissento è che questi miglioramenti agli strumenti o attenzioni che ciascuno deve fare non riguardano il fenomeno del “voto contrario dato all’ultimo” senza preavviso e senza motivazione espressa, ma sono questioni diverse.

Non sono certo di aver capito quel che intendi dire con l’ultima frase.

Comunque, a ben vedere allora dovremmo anche aspettarci un feedback sui voti favorevoli: nessuno dei voti favorevoli è motivato. Siamo sicuri che abbiano letto e compreso ciò che stanno votando? Non dovremmo porci il problema sia per i voti a favore che per quelli contrari? Dopotutto un voto a favore è anche un voto contrario al risultato alternativo.

Non sono convinto che sia una buona idea spingerci troppo oltre in questo. Stimolare la partecipazione in fase di discussione sì. Renderla in qualche misura obbligatoria in fase di discussione o voto no.

Oppure decidiamo che se non c’è partecipazione la proposta non può arrivare al voto.

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Sì, un voto favorevole andrebbe motivato. Adesso c’è la possibilità di lasciare un commento facoltativo, io credo sarebbe più utile se il commento fosse obbligatorio. Però, è relativamente utile perché nulla vieterebbe di scrivere “No e basta”, “Non mi piace” o cose piuttosto sbrigative.

Siccome selezionare la qualità o la leggittimità di un voto con commento diventa oneroso in termini di tempo (se si è in tanti) e democraticamente a rischio. L’unica cosa che rimane è migliorare la benedetta fase di discussione. Mi pare che su questo c’è quasi un accordo unanime.