Riassunto di una possibile visione comune per il PP

:smile: mitico

Geniale, sta canzone… molleggiata! Exekias, hai pienamente ragione… c’è molto da guadagnare se si riuscisse a ridurre la corruzione italiana– anche se, per semplice limite del volume di denaro in mano ai politici italiani– mi pare di gran lunga inferiore alla corruzione tedesca. Aereoporti, stazioni ed opere che costano dieci volte quanto originariamente pianificato. Banche salvate a suon di 25 volte il prezzo della nuova filarmonia di Amburgo (essa stessa costata dieci volte quanto originariamente dichiarato) – ovvero il doppio di quanto lo stato italiano investe per il recupero della Monte dei Paschi. E tutto ciò appare in un articolino collaterale sul sito del telegiornale – perchè la crisi bancaria tedesca non fa notizia in TV.

Non c’è modo di negarlo: il problema è globale. La corruzione all’italiana è la stessa in Romania, Indonesia, Brasile… basta lanciare uno sguardo alla mappa di Transparency International. Ma bisogna aggiungere che si tratta di corruzione percepita – cioè si sono inventati un modo come fare le domande agli intervistati per ottenere più o meno una indicazione del grado di degrado. La corruzione percepita probabilmente non tiene conto della corruzione ad altissimo livello che non arriva nemmeno in televisione, ed ecco che la Germania si presenta in quel tranquilizzante blè scuro. Chissà, forse vedremo scoppiare la bolla tedesca…

Riassumiamo: la globalizzazione è il problema chiave che racchiude sia i temi economici (lavoro, reddito, ineguaglianza) che quelli digitali. Se non vivessimo in una globalizzazione sfrenata darwiniana, tutti questi problemi non si manifesterebbero in questo modo.

Io vedo la possibilità di definirci un partito non meramentee anti-globalizzazione (che avrebbe un tono un po’ retrò, ma forse ci starebbe pure), ma della globalizzazione etica, partecipata, regolamentata. Da ciò deriva poi anche la politica locale in quanto ormai da anni ogni politica locale si occupa del mitigare gli effetti del globale – e invariabilmente fallisce.

Per assurdo, quelle poche politiche locali che non hanno nulla a che fare col globale, come i diritti delle minoranze, soffrono dall’indisponibilità di maggioranze inquiete, insoddisfatte, insicure per gli sviluppi mondiali, alla ricerca di soluzioni – che siano anche semplici come l’imperativo cattolico. A stomaco vuoto e col terrore di un improbabile terrorismo nella testa non si riesce a fare nemmeno la politica meramente etica.

Perciò il nostro potenziale ci sta: – movimento globale, come ci ricorda @silvan da quasi nuovo sopraggiunto – dotati di strumenti e filosofia per una vera democrazia mondiale – con la capacità intellettuale di approcciare politiche locali con la comprensione del globale (al contrario della leadership attuale che ritiene la globalizzazione una legge naturale!). questo può implicare temporanei usi di protezionismo alla ricerca di accordi continentali e mondiali…

Mentre nel digitale il “protezionismo” sarebbe la strategia assolutamente vincente: obbligando il paese ad utilizzare tecnologie non più sorvegliabili ci dotiamo di un vantaggio strategico nei confronti di qualsiasi altro paese che ancora si permette di usare Microsoft e Google.

Ripeto qui cose già dette altrove: “non mi riconosco per niente nella visione di Luca”. Credo che lui capisca, data la stima e l’affetto che provo per lui, quanto questo mi faccia soffrire. A) Commento alla visione Questa visione si può brutalmente riassumere: l’automazione porterà via il lavoro, Questa visione luddista, (solo che invece di distruggere le macchine si rende il RdE) fra l’altro molto sentita tanto da dare anche spunto a molta letteratura fantascientifica ha la pretesa di essere lungimirante con la mipia del luogo in cui viviamo. Giudicare cioè quello che avviene nel mondo in base a quello che succede in Italia. Ma, soprattutto, di fatto dice: “continuiamo così, a patto di fare l’elemosina”, di distribuire cioè un po’ di ricchezza. E la pecca per me fondamentale è che non si pone la domanda delle risorse e dei prodotti: diamo a tutti un tenore di vita come quello degli USA? Con che risorse? Chi le produce? Portiamo il livello della popolazione mondiale a quello che so, degli ucraini? E chi lo fa fare agli statunitensi?

B) Modello che mi piace E’ quello della decrescita felice (P.S. non lasciarsi deprimere dal termine “decrescita” che significa “decrescita del consumo di risorse”) Ne ho già parlato, il PP è refrattario, preferisce parlare di “economia sostenibile” (meglio allora il M5S che parla di “crescita sostenibile”) un termine che non ha significato. Occorre cambiare i valori, i metodi produttivi, …

C) Cosa rappresenta per me il PP Anche questo l’ho già detto più volte: un partito dove persone e di destra e di sinistra e di … convivono portando le loro idee, dal cui confronto nascono le soluzioni più opportune. E’ cioé, più un’etica che un programma. portiamo il livello medio

Mah, a dire il vero lo pensano soprattutto negli USA (vd. anche questo), compreso l’ex presidente.

In realtà il Basic Income dagli esperimenti (es. India) pare essere un mezzo efficace per assicurare la sopravvivenza senza spingere i paesi poveri a scimmiottare il primo mondo (cosa che in effetti provocherebbe il collasso in un batter d’occhio). L’affanno di diventare il più ricchi possibile per far invidia al vicino di casa fortunatamente è una mentalità non diffusa ovunque, al mondo, e si è visto che in altre culture il vivere in armonia con la natura è considerato più importante. Ad ogni modo, mi pare che si sia più volte ribadita la necessità di andare verso un’economia circolare (se proprio non ti piace “sostenibile”), quella in cui cioè -almeno idealmente- non esistono né rifiuti né estrattivismo, e l’energia elettrica è prodotta solo da fonti rinnovabili. Però tutto in un manifesto non si può dire, c’è anche un programma etc.

La formulazione di Briganzia secondo me è l’unica con una possibilità di far presa tra la gente “comune”. Risponde a problemi reali e riconosciuti da tutti (la corruzione, l’inefficienza della PA, la diseguaglianza), offre una soluzione credibile e -finora- mai prospettata prima (via l’uomo dentro l’automazione), e dulcis in fundo è anche facilmente comunicabile e comprensibile. Se si continua a parlare di massimi sistemi e di filosofia buonanotte. La comunicazione politica deve anche semplificare (non troppo, altrimenti è demagogia), ma un minimo sì. Falkvinge docet.

Ho spostato 6 messaggi in un nuovo argomento: Rapporto tra reddito base e decrescita felice

L’automazione, è stato calcolato, arriverà a rendere inutile tra il 70% e l’80% del lavoro oggi impiegato nei paesi in via di sviluppo. Il problema quindi non è locale come pensi ma globale e l’Italia non ne è esente (vedi UBI - Universal Basic Incom)

L’alternativa, che guardo con profondo rispetto, è quella di fare una rivoluzione che rovesci il potere e che distribuisca, anche con la forza la ricchezza. Ma non mi sembra proponibile, ora come ora.

Questa considerazione è slegata dal concetto di rde. Con il reddito di esistenza si suddivide meglio la ricchezza non si stabilisce nessun tenore di vita.

Cioè mi stai dicendo che alla domanda “chi sono i pirati e cosa vogliono” mi rispondi dicendo che i pirati sono persone di destra e sinistra che crea un programma? Stai scherzando vero? :smile:

@briganzia ho provato a riscrivere il tuo iniziale riassunto con frasi più circoscritte:

L’avanzare inarrestabile dell’automazione permette di aumentare la produzione e diminuire il lavoro umano, contribuendo strutturalmente alla disoccupazione.

La ricchezza tra scandali finanziari e dinamiche inique del mercato globale ha raggiunto una tale mal distribuzione che solo riformando il sistema finanziario è possibile sperare in una soluzione.

La corruzione, in particolare in Italia, è pervasiva e sembra senza rimedio. È giunto il momento di usare strumenti informatici per imporre trasparenza ed imparzialità in tutti i processi della Pubblica Amministrazione.

Il reddito di esistenza è una misura necessaria per fronteggiare una crescita strutturale della disoccupazione e per ridistribuire la ricchezza quel tanto da non lasciare parte della popolazione sotto la soglia di povertà.

È attuabile un progetto di moneta elettronica, come il Taler, in cui è impossibile evadere le imposte fiscali, l’anonimato del compratore viene garantito, ma è associabile ciascuna compravendita al venditore.

Il potere politico deve essere distribuito tra i cittadini per difenderci dalla corruzione, aumentare la trasparenza, avere spazi propositivi e di ascolto. La democrazia liquida è il nuovo paradigma a cui dovremmo approdare.

La cultura è fondamentale di fronte ai rapidi cambiamenti di oggi e la legge del copyright andrebbe riformata per equilibrare i benefici della condivisione con i guadagni degli editori.

Sicuramente sono temi cruciali, ci sarebbe da aggiungere molto altro, da una parte è positivo perché significa che abbiamo molti contenuti, dall’altra è problematico dal punto di vista della comunicazione. Teoricamente dovremmo avere diversi target di persone e presentargli i contenuti di maggior interesse.

Se proprio - come in questa discussione - vogliamo scegliere una narrazione principale, io punterei sulla democrazia liquida razionale. Vi dico che pochissime persone, che conoscevano il Partito Pirata, a cui ho parlato di democrazia liquida, mi hanno risposto che è già fallita in Germania. Effettivamente c’è stato un flop, una discesa sotto la soglia di sbarramento (a tutti nota), ed anche altri partiti pirata hanno faticato ad approdare a buone soluzioni…

Quindi se devo puntare tutto su un argomento solo, io punterei sulla democrazia liquida razionale, espressione che praticamente eredito da @lynX e che fondamentalmente è la democrazia liquida, ma integrata con una lista di fatti scientifici (ovvero empiricamente e razionalmente fondati) e storici (basati su fonti accreditate o nuove ricerche autorevolmente documentate) avvallati da un consenso intersoggettivo (come proposto da lynX su Democrazia Razionale Collettiva) e tale lista di fatti serve a degli incaricati per filtrare le iniziative e rifiutare le argomentazioni contrarie a quei fatti (potremmo chiamarli Responsabili della Ragionevolezza). Automatizzare il processo conservandolo ragionevole è impossibile, quanto automatizzare le misure per la buona convivenza. Servono dei responsabili incaricati, sempre sotto l’ulteriore misura di sicurezza del Collegio Arbitrale.

Purtroppo, un programma politico temo non basta più… le menzogne e la sfiducia hanno inquinato tanto il terreno. Bisogna puntare su qualcosa di rivoluzionario e molto preciso: “rational liquid democracy” non c’è in tutto il Web (cercando con Google) questa espressione. Perché non lavorare in questa direzione? In realtà, già lo stiamo facendo, ma in modo ancora più consapevole e preciso.

Infine, se da questo concetto si vuol tirare fuori la storia dei pirati informatici all’arrembaggio della politica, non vedo troppe difficoltà, anzi!

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Se vogliamo lavorare sul concetto di DRC possiamo farlo purché sia un lavoro condotto razionalmente e che possa ammettere anche il fallimento, ovvero “no, non possiamo ancora proporlo per questo e quest’altro motivo”. Se diventa un braccio di ferro per una disputa teorica sui massimi sistemi declino l’invito :smile: La mia perplessità riguardo a questo punto se mai decideremo di implementarlo nella nostra “vision” è “come lo comunichi?”

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Se non fosse così, saremmo inutili: perché entrare in un partito di una ventina di persone quando ci sono partiti (i più piccoli con qualche migliaio di persone) che vanno dalla destra-destra-destra alla sinistra-sinistra-sinistra passando anche per il né-di-destra-né-di-sinistra? P.S. Pensi che con la nostra fievole voce sul RdE possiamo sovrastare quella del M5S? Se pensi che abbiamo un senso perché magari diciamo le stesse cose, ma meglio perché siamo più belli degli altri dobbiamo espellere almeno la metà degli iscritti. :smile: P.P.S. Ci posizioniamo a circa il 70% di sinistra, perché all’estrema dicono NO al RdE http://www.pclavoratori.it/files/index.php?obj=NEWS&oid=3402

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E’ lo stesso pensiero agli inizi della rivoluzione industriale, quando il sellaio ed il fabbro ferraio persero il posto mentre si creavano il meccanico e l’autista. Il nuovo presidente la pensa, secondo me giustamente, in modo differente: la disoccupazione non è dovuta all’automazione ma al fatto che la produzione viene fatta in altri paesi con costo del lavoro più basso [Cina] Proprio quello che succede in Italia.

In Italia è un problema di deindustrializzazione e non di automazione, Ad oggi l’automazione nei paesi emergenti ha portato occupazione.

Distribuire meglio la ricchezza significa elevare il tenore di vita di chi riceve, a che livello lo porti se è universale? In Etiopia lo stipendio di un insegnante è di 30 €/mese

Bella. A lungo andare arriveremo anche ai ragionamenti di Pistono, ma la crisi che stiamo vivendo in questo momento non è causata dall’automatizzazione bensì dalla globalizzazione! Gli indumenti che ci offrono a prezzi stracciati sono comunque stati assemblati manualmente da sarti precari in Bangladesh. E le applicazioni di pelliccia sintetica delle giacche invernali cinesi che vendono a 30€ il pezzo, sono in realtà pellicce vere di animali cresciuti sotto condizioni letteralmente bestiali in qualche luogo nascosto d’Asia, e poi falsamente vendute sul mercato mondiale come pelliccia sintetica!

In molti ambiti non stiamo vivendo un presente più tecnologico, stiamo semplicemente vivendo un presente più corrotto, più criminale, più Darwinistico, più globalizzato male in chiave neoliberista. Anche questo sia un compito pirata: accorgersi dove la digitalizzazione sta solamente semplificando la criminalità, ma non migliorando la società.

Il RdE è definito in modo etico. Se in quel paese riesci a garantire una sussistenza esistenziale dignitosa con 30€ al mese, può anche andare. Dubito che 30€ siano sufficienti in qualsiasi posto del mondo, ma che ci siano differenze regionali per almeno un periodo di transizione mi pare inevitabile…

Questo è un altro discorso e non è il topic della discussione. Io sto dicendo che quella tua affermazione non descrive una visione comune per il PP ma al più esplicita una composizione (una provenienza? una cultura?) che non è rilevante come non lo è nella legione straniera e neppure tra pirati. Io ti descrivo la trama di un film e tu mi dici che nessuno lo andrà a vedere perché fatto da un regista sconosciuto.

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Se non dovessimo avere (come finora è stato) sufficiente successo tra i cittadini ordinari, potremmo rivolgerci alla fascia più colta della popolazione, puntare molto sulla qualità ed iniziare a coinvolgere quella, dopo ciò potrebbe esserci sufficiente sostegno per iniziare a trasmettere fiducia anche ai cittadini che votano più “di pancia” e si aspettano motti semplici da seguire.

Nessun braccio di ferro, se non c’è un accordo in una direzione, prevale lo status quo.

Perché un film con lo stesso soggetto è fatto da registi più conosciuti e con maggiori risorse per promuoverlo.

Beh direi che i pirati informatici confluiti nel partito pirata hanno una storia piuttosto precisa. Riguardo il “cosa vogliamo”, credo che il Programma di cui disponiamo sia già un buon risultato ed una risposta. Siamo più un metodo di fare politica che un partito classico, quindi non è proficuo cercare di trovare un’identità classica, abbiamo un’identità liquida.

Dal 2012 ci facciamo questa pippa se siamo un partito dei temi digitali o siamo un partito liquido dai temi crowdsourcati. La cosa mi secca perché in tutti questi anni siamo stati un partito che analizza tutti i problemi della realtà umana dalla pervasiva prospettiva digitale… ed in questo senso alla fine la distinzione del approccio @briganzia e quello @silvan non si manifesta. Non importa quanti siamo stati– anche in Germania, quando eravamo in decine di migliaia– le proposte per migliorare l’esistenza in Rete ci sono sempre state, e se non ce ne sono state abbastanza (tipo quella che sto proponendo in AP questa settimana) era colpa dei pirati informatici che non ne hanno sviluppate abbastanza. Le maggioranze per metterle nel programma non ci sono mai venute a mancare. Ma che paranoie vi fate? Se per una volta non abbiamo problemi, ce li dobbiamo inventare?

Alla fine però non capisco se quella visione che abbiamo sintetizzato un po’ in questo thread ci trova o meno d’accordo (a parte Storno che si è già espresso). Resta il fatto che non serve avere programmi evoluti se non si sanno comunicare in maniera semplice alle persone e quindi la domanda “chi siete e cosa volete” richiede una risposta convincente (o per lo meno interessante) che non può essere quella del “vatti a leggere il programma” e neppure “facciamo cose, vediamo gente”.

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Allora il problema è la comunicazione: “come comunichiamo” - dunque “cosa vogliamo” non è un problema.

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Potremmo,soprattutto facendo capire che quello che propone il m5s è un reddito minimo garantito a nucleo familiare, che non c’entra una emerita mazza con il Reddito di Esistenza. Il loro nome “reddito di cittadinanza” è solo propaganda.

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La realtà dice che oggi non la stiamo sovrastando per niente nonostante da 4 anni e mezzo abbiamo una proposta seria mentre loro hanno solo una proposta truffaldina (chiunque conosca il RdE di Livorno se è un uomo sputa loro addosso ogni volta che li vede). Conclusione data dalla realtà: nemmeno con proposte infinitamente migliori riusciamo a sovrastarli.