Un’associazione di associazioni, dove ognuno mantiene la propria identità ma si riescono a prendere decisioni insieme. In modo democratico, una testa un voto.
Mi sembra molto ragionevole.
A prescindere che vi piaccia rifondazione, sinistra italiana, possibile &Co (a me non dispiacciono, molte persone care sono attive là dentro, e non né ho altrove, se non in piccole associazioni come il PP e simili), è un modello interessante.
Se non sbaglio ricorda il modello progetto X.
un liquid feedback di associazioni di associazioni?
una consulta di eletti con uno schulze-stv?
Francamente non credo sia così facile prescindere. Anzi, il problema principale per il PP secondo me in questa fase è capire se siamo coalizzabili con questi qui. Anche a me non dispiacciono (o meglio: Possibile mi piace, De Magistris ancora di più, Rifondazione mi pare fuori dal tempo), ma una parte piuttosto consistente dell’AP qui dentro non credo sia entusiasta.
Un esempio: da un po’ di tempo qui si sta ragionando di digitalizzazione della PA (in ottica di prevenzione della corruzione principalmente, ma anche e soprattutto di liberare risorse per un reddito di base); inevitabilmente ciò porterebbe ad avere meno dipendenti nella PA. Ecco, così su due piedi mi sa che se fai un discorso del genere a Ferrero, come minimo ricevi uno sputo nelle pupille.
Così come in generale il PP non è per lo statalismo, né per il posto fisso a vita (leggiti la Pirate Wheel, soprattutto alla voce “Swarm economy”. Non che siano dogmi eh, però è significativo perché è un po’ la summa delle opinioni dei PP globali). In generale è un partito liberale, non socialista.
Ma non perché siamo politicamente incompatibili (però, se capisci qual è la loro politica, vorrei saperlo… e, in effetti, sarebbe bello sapere anche qual è la nostra).
Non siamo coalizzabili con quella gente perché quello che da loro è un grafo sociale di elezioni e rappresentanti, che possono parlare a nome del partito, che hanno una qualche idea di ciò che il partito li ha eletti a fare, qui, semplicemente, non esiste. Qui, quel grafo cambia da voto a voto. Possiamo nominare dei rappresentanti, ma non avrebbero alcuna autonomia politica. Come fai a coalizzarti se non puoi neanche discutere politicamente con questa gente?
Trovo interessante questo desiderio di apertura, naturalmente dipende molto da come e se lo faranno… A me viene naturale pensare ad una forma di democrazia liquida, però finché non si compiono certi passi e non ci sono i dettagli… Potremmo scrivere una lettera a nome del PP ed avere un loro parere su LiquidFeedback, Progetto X, nuovi metodi di voto, ecc.
Cicero pro domo sua
Mi sembra l’invito a trasformarsi da “partiti di programma” dove la differenza nei punti di programma giustifica formare partiti diversi in un “partito di scopo” che raccoglie gli obiettivi comuni ai partiti di programma.
Io vedo un’ulteriore possibilità, ogni partito conserva il suo programma, ma condivide uno stesso strumento decisionale e propositivo, in funzione dei risultati a cui questo porta, nasce un programma condiviso che non consiste negli obiettivi comuni, ma nella maggioranza ottenuta ragionando su ogni tema volta per volta. Democrazia liquida insomma.
Il vantaggio di unirsi, conservando le proprie identità di partiti, è che se nei pirati prevale l’aspetto delle libertà sul proprio corpo e sul pensiero, quelle che qui sono minoranze e probabilmente vanno via, verrebbero accolte da partiti più conservatori e quindi sentirsi meno “soli”, avere una posizione che altrove è una maggioranza, ma condividendo tutti gli stessi strumenti, si accetta il risultato complessivo. Diciamo che il partito diventa più un gruppo dai benefici effetti psicologici, un luogo di maggior intendimento e accoglienza, ma la politica non seguirà più i programmi di un partito, ma sarà una risultante delle scelte di tutti i partiti. Almeno questo spero.
Ho sempre considerato il LQFB di PP un potenziale punto d’incontro per le forze politiche benintenzionate, e durante la campagna Medici stavamo quasi per avviarci in quella direzione con la sezione romana aperta anche alle altre forze della sinistra. Ampliando lo statuto in favore delle federazioni si può continuare questo percorso, ma il problema fondamentale nelle architetture di questo tipo è la questione della… you guessed it… convivenza. L’organizzazione che accoglie tutti i militanti deve essere dotata di una struttura di separazione dei poteri idonea a mantenere una buona convivenza fra tutti i partecipanti, particolarmente difficile e critica dato che sono separati non solo per ubicazione ma anche per affigliamento politico. Inoltre è importantissimo di azzeccare lo statuto che provvede al resto delle strutture democratiche. Progetto X si è offerto con questa configurazione ma l’analisi dello statuto provvisorio promette seri problemi strutturali. Sia pur difficile dare il nome “pirata” all’associazione che accoglie tutte le altre realtà politiche, dubito che altri abbiano la necessaria competenza per definirne le strutture.
Un’associazione di associazioni a sinistra
Direi anche che una meta-associazione dotata di democrazia liquida non necessita un gatekeeper ideologico: la parola “sinistra” non è necessaria. Il metodo razional-collettivo porta a scelte politiche ragionevoli nelle quali una preimpostazione ideologica non ha più significato materiale. Diciamo addio alla parola sinistra non perché non lo fossimo – anzi, è probabile che il nostro metodo è la futura definizione di sinistra – ma perché aliena persone che vogliono fare politica ragionevole senza vestire tale etichetta, e in questo senso l’uso di tale parola ha un effetto discriminante, magari addirittura elitario.
Rigetto con competenza che l’opinione di Rick sia la summa del movimento pirata. Con chiunque parlo in ambito pirata internazionale si rispetta assai il successo ottenuto nel 2009, ma le ricette di Falkvinge sono generalmente non percepite come adatte per il futuro del movimento. Il Pirate Wheel illustra una nozione ideologica e storica del movimento pirata nel periodo di nascita– ci sono molte cose giuste ma anche molti piccoli errori ideologici come la frase “Assume Good Faith”. L’incapacità del movimento di organizzarsi in assemblea permanente ha provveduto ad una stasi di queste tesi ideologiche senza farci aggiornamenti, senza confrontarle con la realtà dei fatti che i nostri movimenti stessi hanno subito. “Assume Good Faith” è un bel motto, ma se spieghi ai pirati che è il fondamento della nostra incapacità di risolvere i problemi sociali e l’ideale giusto da preporsi è la diffidenza dei poteri e perciò la separazione dei poteri, in genere assecondano. Non è necessario cestinare quel motto, ma di metterlo nella giusta prospettiva.
Si, perché se ci impongono dall’alto una struttura tradizionale, non siamo compatibili. Al contrario invece loro possono avere tutti i leader e rappresentanti che vogliono se all’interno della nostra struttura sono tutti eguali.
Ogni volta che ne parliamo non esce nulla che dia all’idea che si risolvano i problemi sociali riducendo il numero di temi politici qualche senso di sostanza. Mi pare un dibattito ideologico senza dati di fatto o perlomeno intersoggettivi.
Interessante, assai. Condivido la tua analisi, ma prevedo che continua la necessità di dibattito fra tutti i partecipanti – perciò il problema della convivenza ed un apparato di arbitrato condiviso restano…
E in questo probabilmente hai ragione, ma se i dati sono solidi, se i ragionamenti sono fondati, se le proposte sono convincenti, la questione di accogliere le persone della sinistra tradizionale mi si configura come la necessità di avere una struttura di dibattito capace di rifiutare demagogie ideologiche ed assicurarsi che vincano le proposte orientate a quanto abbiamo di dati. Il metodo di inserire veloci votazioni intersoggettive (vedi link in alto) può adiuvare a decostruire le premesse della sinistra– insegnando che i diritti dei lavori non sono più la ricetta giusta in un mondo che necessita di reddito di esistenza.
Entrambi le parole sono altamente inadeguate a descrivere il movimento pirata. Sono semplificazioni ideologiche che non ci servono a nulla, e di starne a discutere non ha mai apportato alcuna chiarezza a nessuno, in nessuno dei PP dove si è svolti questo inutile dibattito per distrarre dai problemi veri, cioè quelli della convivenza. Prendi il reddito di esistenza, chi lo ama lo ama perché è liberale e ha qualcosa di socialista, chi lo odia lo odia per le stesse ragioni. Sono categorie di ragionamento inconcludenti e perciò da cestinare in toto.
La struttura stessa di un tale meta-partito è essenziale per risolvere i drammi ideologici: se tutti i militanti anche delle organizzazioni di sinistra tradizionali devono posizionarsi su una visione di società del futuro, quanti pensi che faranno una scelta miope ideologica se possono farne una basata sui dati matematici di un modello realistico? E se le scelte miopi sono limitate al voto negativo, dato che non riusciranno a formulare una proposta “socialista” convincente nei dati e perciò consistente davanti al Gruppo Integrità, il peggio che può succedere è che non ci sarà accordo sul reddito di esistenza. Non importa– importa di più che siamo tutti d’accordo sulle riforme democratiche.
In questo caso è chiarissimo il significato:
Pippo si batte per A, B, c, d
Eugenio si batte per A, B, e, f
Franco si batte per A, B, g, h
Ugo e Vincenzo si battono per X, Y, v, w
Pippo, Eugenio e Franco non otterranno nulla, perché continueranno a litigare sui temi secondari (in minuscolo).
L’unica possibilità di vincere è quello di riunirsi in un partito di scopo A&B il che non significa abbandonare i temi secondari, ma che all’interno di A&B ognuno si batta da solo per loro. (e magari è più facile convincere altri a battersi per h, visto che si lavora insieme)
Tutto ciò presuppone naturalmente alcune caratteristiche:
che A e B siano davvero obiettivi voluti e non “strumenti di carriera”
disponibilità all’ascolto
volontà di spiegare
Alla fine si creerebbe un partito in cui c’è l’obbligo di votare per gli scopi del partito, ma su altri temi ognuno vota e si batte come vuole.
E’ bene ricordarsi che le maggioranze (e le moltitudini) sono conservatrici e quasi mai nulla di nuovo è mai nato dalle maggioranze ma da minoranze che poi sono cresciute.
L’errore consiste nel sovravalutare l’importanza dello strumento. A meno di non riconoscersi nella demmocrazia di cui LF è strumento, ma allora diventa un partito di scopo il cui scopo è la democrazia interna.
Non è vero che ci sia accordo sui temi primari. Non importa quanto riduci il numero dei temi, nei dettagli di realizzazione dei temi restanti Pippo, Eugenio e Franco saranno sempre abilissimi a litigare fino al sangue. Siamo contro al copyright odierno? Si certo… ma cosa vogliamo, un copyright che difenda i diritti dei creativi o una abolizione totale del copyright, commettendo anche ingiustizia? Se entriamo nei dettagli scopriamo che non è vero che siamo tutti d’accordo.
Dato che abbiamo sofferto queste liti già in abbondanza possiamo dedurre che la soluzione non è la riduzione dei temi bensì l’introduzione di forme di convivenza civilizzata che ci permettono di sviluppare i temi A, B sui quali siamo d’accordo senza farci a pezzi. E, risolto il problema dello stare insieme e sviluppata la capacità di non farsi manipolare da estremisti, vuoi vedere che troveremo un accordo anche per c, f e w?
Un concetto teorico che fallisce nel momento che la proposta in corso non è ben discernibile se in sintonia con il partito o meno. In tal caso o hai la cacofonia che ognuno decide per se (Pippo asseconda, considerando la proposta meglio di niente, mentre Franco si rifiuta, in quanto la proposta è imperfetta, e preferisce che si riapra il dibattito nell’anno seguente – Entrambe posizioni comprensibili, eppure incompatibili). La risposta a questa situazione perciò è una AP capace di prendere una decisione omologata e senza farsi a pezzi, e perciò regole di convivenza.
Tutte premesse irreali in una situazione di politica reale ad alto livello. Se queste fossero le premesse per fare politica, resteremo in quattro gatti per sempre.
D’accordo, ma le minoranze nella nostra organizzazione hanno potenziali molto migliori che in partiti tradizionali o di scopo.
Se con questa chiarificazione è finalmente chiuso il discorso sul partito di scopo raccomanderei di spostare questi due messaggi nel thread apposito e di non riaprirlo mai più.
Quindi secondo te è realistico che n partiti si mettano insieme con un’organizzazione che costringa gli aderenti (dei primi tre partiti) a perseguire l’intero programma e non è realistico che n partiti si mettano insieme con uno scopo comune.
I resti (molti) della ex DC si sono uniti al PDS nel nome dell’antiberlusconismo e sono andati avanti una decina d’anni.
Poi nel PD è arrivato renzi che haimposto e le varie minoranze se ne sono andate.
Questa è la realtà
Deduci cose che a mio avviso non c’entrano. Solo perché un “partito di scopo” non funziona non significa che per questo non funzioni di fare una AP universale. Faccio fatica come tu riesca a equiparare queste cose. Se i partiti sviluppano un programma insieme hanno uno scopo comune, perché dovrebbero sentirsi “costretti” ?
E anche in questa osservazione trovo nulla che influisca sul discorso che stiamo facendo qui. A cosa vuoi arrivare? Noi non abbiamo struttura verticistica, perciò non esiste alcun Renzi che impone i contenuti comuni.
Se non ci fossero tutele per la convivenza in un partito, quel partito probabilmente sfornerebbe proposte di qualità scarsa e molti suoi partecipanti se ne andrebbero ed altri si terrebbero alla larga. L’importante è che ci sia almeno 1 partito dove discutere civilmente.
Infatti, se ci sono proposte pericolose o di scarsa qualità prodotte da altri partiti, il filtro dovrebbe farlo il GdI ed eventualmente il Comitato scientifico-storico. Non riusciremmo ad ottenere che tutti i partiti applichino le desiderate regole per la convivenza, magari ci provano ma le applicano male, magari non vogliono proprio… Però, basta che al livello di meta-partito eventuali danni non si trasmettono sul programma e restano legati all’identità di quel partito che non sa gestire la convivenza.
Secondo me non è proprio così, mi spiego: per quanto riguarda la ridistribuzione di ricchezza, reddito, giustizia sociale, diritti civili, immigrazione ecc… siamo decisamente a sinistra.
Per quanto riguarda il rapporto con lo Stato invece abbiamo posizioni più libertarie e francamente questo ci porta abbastanza lontano dal modello di socialismo caro ad un largo pezzo della sinistra tradizionale. L’unica cosa sulla quale non possiamo transigere è la necessità di una solida politica fiscale necessaria per garantire a tutti standard di vita qualitativamente buoni.
Inoltre le nostre idee sulla libertà dell’individuo (anche in relazione con lo Stato) ci rendono vicini alle istanze radicali e in un certo modo si, liberali.
Infine la convinzione di costruire una società che sposi archietture sicure by design piuttosto che incentivare quelle della polizia, del controllo e del grande fratello ci rendono praticamente unici nel panorama politico.
Quanto ci sia di destra / sinistra / liberal / libertario in tutto questo possiamo farlo decidere
agli altri, noi però dobbiamo chiarirci bene gli intenti.
Sì, ma è il rapporto con l’esterno, il nostro problema. AP+centralismo democratico non ha le nuances richieste dalla contrattazione politica, senza trascurare come rende impossibile improvvisare e vincola all’inizio, quando magari tratti con qualcuno che sa esattamente cosa puoi o non puoi approvare. Sanno di discutere con una persona che in sé non ha alcun potere, si sentiranno presi per il culo.
Barbato si sentì preso per culo, nonostante la democrazia liquida gli fu spiegata più di una volta… ma vogliamo veramente farne un prototipo? Non è vero che un incaricato poi non può fare nulla… deve solamente muoversi nell’ambito delle decisioni assembleari… cioè ci vuole saggezza nel formulare le proposte in modo tale che diano indicazioni chiare allo scopo del negoziato politico senza impedire compromessi che potrebbero essere accettabili…
questo è un vero problema ma secondo me è correlato al fatto che finora abbiamo faticato a mettere le idee a fuoco. L’AP può diventare un organo di indirizzo e dare libertà di azione a rappresentanti (incaricati all’uopo dall’assemblea) che agisce come una sorta di Gdl.
Sbaglio o stavamo parlando di una struttura (meta)partitica in questo thread? Un “governo” serve sempre, ma nelle strutture nostre ha un ruolo coordinante e non decisionale… l’AP può avere aree dedicate alle decisioni amministrative veloci, e chiudere le serrande solo ove è necessario mantenere segretezza…