Salve a tutti,
ho deciso di iscrivermi al forum perché da sempre sono stato convinto che il tema delicatissimo dei diritti digitali, delle lotte per la privacy, l’anonimato, e la VERA libertà informatica e sul web (non quella che ci viene propinata dalle aziende, grandi multinazionali e agenzie di stampa) siano una componente imprescindibile delle lotte politiche del presente e dell’imminente futuro.
Ho una formazione politica decisamente di sinistra, di tipo marxista (ho studiato il marxismo all’uni per diversi anni), e al contempo sono sempre stato un grande appassionato di informatica (benché, appunto, io abbia laurea e dottorato in filosofia). Ho cominciato a muovere i miei primi passi su Linux al liceo e col tempo mi sono sempre più interessato alle questioni “etiche” dell’informatica, anche se da profano per quanto riguarda gli aspetti più tecnici.
Mi è capitato di militare in forze poliiche della cosiddetta “sinistra radicale”, “estrema sinistra”, come la si voglia chiamare, ma ho sempre notato una carenza di preparazione e contenuti per quanto riguarda le sfide politiche che la digitalizzazione e l’informatizzazione della nostra società ci pone davanti. Per questo ritengo che sia importantissimo coniugare le istanze politiche della sinistra “classica” con i nuovi problemi legati al digitale e all’informatica. Basti pensare ad esempio allo sfruttamento del lavoro per quanto riguarda le occupazioni sul web, la contrazione del tempo libero, ma anche il tema rilevantissimo della proprietà intellettuale, del copyright, della libertà dei formati ecc…
Per questi e altri mille motivi ho deciso di iscrivermi e di parteciapre alle vostre discussioni, sperando di poter portare contributi fruttuosi.
@Shamar Certo, rispondo con piacere.
Per quanto riguarda il problema dell’Identià Pirata mi sembra assolutamente condivisibile, soprattutto nella sua impostazione fondamentale, ovvero quella relativa alla mancata interiorizzazione dell’oppressione (anche, in certi casi, della subalternità), che li pone in contrasto con il senso comune vigente, con il quiescente sistema di valori “normali”. Quella frase, che con un’immagine è stata resa come “i pirati puzzano”, da una prospettiva di sinistra non posso che interpretarla nel senso che il pirata è anti-borghese, se identifichiamo con la borghesia non soltanto una classe economica, ma una classe che al contempo porta con se strutture morali, etiche, legislative, di costumi e di valori che la costituiscono in quanto tale. L’approcio Pirata dovrebbe essere dunque, in primis, anti-borghese, e questo mi pare ben si accorda con l’“Identità Pirata” descritta nel topic. Ovviamente non basta essere anti-borghese, gli altri valori che sono stati messi in evidenza (Curiosità, Comunione, Libertà e Onestà intellettuale) contribuiscono a definire l’identità del pirata in quanto proiettato verso un approfondimento critico del reale che non si ferma alle apparenze ma che scava nelle sue contraddizioni, oltre che, ovviamente, una morale inter-soggettiva assolutamente lontana dalla competitività capitalistico-borghese. Personalmente, mi sembra che una prospettiva di sinistra (che sia però radicale e sostanzialmente anti-borghese) ben si accordi con ciò che definisce l’Identità Pirata, anche nella sua accezione politica, cioè: il ruolo attivo di quegli “oppressi” che nei confronti del sistema di oppressione operano come forze critiche e “scardinanti”, capaci di far saltare le contraddizioni del sistema stesso.
Per quanto riguarda invece la proposta politica c’è da dire che in certi punti, a volte, può sembrare un po’ nebulosa, ma ne condivido un assunto teorico per me irrinunciabile, ovvero: mi sembra una proposta politica che è più fondata sul metodo che non sui contenuti, e questo mi sembra un dato assolutamente importante. Hegel e Marx sono stati due miei riferimenti durante i miei studi, e per questi due filosofi il metodo è l’ossatura stessa del ragionamento e, nel caso di Marx, anche dell’azione politica. Contenuti politici giusti (si pensi ad esempio alla critica alla proprietà privata di Proudhon o al volontarismo di Sorel) spesso si trovano ad essere del tutto inefficaci se non supportati da un metodo forte che il inserisca in un più generale quadro di critica. Da un punto di vista della sinistra classica ovviamente si può ravvisare una certa debolezza per quanto riguarda la funzione del partito e della sua struttura. La struttura stessa (a meno che non sia sclerotizzazione burocratica) è anima dell’azione politica e del radicamento, quindi piuttosto che un generico invito al fare il “bene della comunità” e non “il bene del partito”, mi immaginerei un quadro in cui, per dirla come forse l’avrebbe detta Gramsci, il “bene della comunità” e il “bene del partito” coincidono, nel senso che non può e non deve esserci censura d’opinione e conformismo degli iscritti (in tal senso trovo assolutamente sensato e corretto che l’iscrizione al Partito Pirata non sia incompatibile con l’iscrizione ad altri partiti), ed è giusto l’accento sulla “sintesi”, sul generale che prevale sul particolare. I “vecchi marxisti” avrebbero citato il centralismo democratico e organico, io dico semplicemente che se all’interno il partito può e DEVE ospitare sensibilità differenti, uno scambio intenso e diverse posizioni (fermo stando alcuni punti di riferimento comune inderogabili e non negoziabili) nell’azione all’esterno deve presentarsi in maniera compatta.
Non condivido l’identificazione del metodo con l’Informatica, benché sia assolutamente d’accordo con la necessità di agire ad un livello profondo per quanto riguarda l’educazione all’informatica nell’ottico di un suo uso critico, affinché la techné sia veramente strumento di liberazione e non di oppressione. Non scendo nei particolari dei paragrafi, perché sostanzialmente li condivido tutti, semplicemente non mi trova d’accordo l’elevare l’Informatica a “anima stessa” del metodo, quando il metodo mi sembra un altro, ovvero, le modalità stesse del partito di operare all’interno e all’esterno, così come la definizione di un’Identità Pirata, che di per se stessa è già metodo, perché presuppone un’idea dell’invidiuo e del suo rapporto con il tutto organico sociale, così come evidenzia già i meccanismi di oppressione e di conformismo.
Infine, ma questa è una mia idea, per quanto le lotte del Partito Pirata sono tutte condivisibili (tutte, nessuna esclusa), ovviamente non esauriscono il campo della lotta per la liberazione dell’individuo dalle maglie di un sistema che l’opprime, lo mortifica e lo rende merce. Le lotte del PP devono inserirsi, credo, in un quadro di interpretazione generale che contempla anche la critica al sistema economico del profitto capitalistico, della difesa dell’ambiente, della dignità umana in tutte le sue forme ecc… è ovvio che sono battaglie che, a mio avviso, non può compiere da solo. il PP ha il merito indubitabile di aver evidenziato come la liberazione dell’individuo passa anche da alcune lotte che non sono praticamente MAI state notate dalle forze politiche dominanti e convenzionali, ha capito che il diritto alla privacy rende un uomo libero, che il diritto al libero accesso della cultura rende un uomo libero, che le questioni etiche del software, delle licenze, dei formati ecc. contribuiscono a liberare l’uomo. Ma gli attacchi alla privacy, la chiusura del codice, la negazione del libero accesso alla cultura ecc. sono tutte conseguenze della barbarie del sistema capitalistico-borghese. Per questo credo che il PP debba dialogare in maniera serrata con tuttte le forze politiche di sinistra radicale (le uniche davvero antiborghesi, pur con tutti i loro limiti e i loro errori storici), perché il contributo del PP è IMPORTANTISSIMO per ridefinire le lotte per i prossimi anni, e uno scambio tra il PP e altre forze politiche non può che essere un arricchimento per noi tutti.
Mi scuso se ho scritto un po’ involuto, ma ho tirato tutto giù di getto.
Grazie @Robotnik per aver dedicato tempo a rispondermi.
La tua risposta è molto interessante perché pone una critica alla mia proposta diametralmente opposta a quella che ha ricevuto finora all’interno del Partito Pirata.
Non voglio tediarti con questo tema (anche perché quella identità è vocalmente rifiutata da una parte di questo partito, seppure incapace di descriverne qualsiasi altra in modo altrettanto compiuto) ma provo a farti qualche altra domanda / obiezione per meglio comprendere la tua prospettiva (e permetterti di comprendere la mia).
La pirateria informatica (cui il nome di questo partito fa riferimento, ispirato com’è da the Pirate Bay), (ri)nasce intorno agli anni 60 del 1900 in seno alla borghesia capitalista statunitense. La ragione è molto semplice: i computer costavano molo cari. Solo le università più ricche come il MIT, Standford e poche altre potevano permettersi questi macchinari. E di conseguenza solo i loro studenti potevano avervi accesso.
Per un interessante mix di eventi (conoscenze/infrastrutture in comune, due guerre mondiali appena concluse, collocazione accademica, Guerra Fredda, età degli studenti, grandi quantità di LSD…), questa “subcultura” si incardina sul sistema di valori che nei secoli precedenti aveva guidato la ricerca scientifica e l’innovazione tecnologica. A collaborazione e condivisione della conoscenza si affiancano i valori della libertà di ricerca e sperimentazione. Un testo prodotto collettivamente da questa nascente subcultura è l’Hacker Dictionary originale. Stallman, in una interessantissima intervista a di qualche mese fa, ripercorre quel periodo dalla sua prospettiva di giovane “sistemista” (oggi diremmo così): una lettura che ti consiglio caldamente.
Fra gli anni 80 e primi anni 90, la diffusione dei personal computer (ancora carissimi) e della rete Internet permette ai giovani della borghesia più benestante di avvicinarsi all’informatica.
Avviene un fatto inatteso e nuovo: alcuni questi giovani scoprono che la conoscenza è molto più arricchente del denaro cui aspirano i propri genitori. Scoprono, in forma ancora inconsapevole che l’hacking può fornire loro una via d’uscita dal nichilismo che attanaglia i loro genitori, dal vuoto di significato che il denaro non riesce a colmare.
E così avviene che un ragazzo poco più che ventenne poco dopo l’arresto per essere entrato su un computer lasciato alla portata di un ragazzino ventenne, pubblica su Phrack una pietra miliare della cultura hacker: The Conscience of a Hacker.
Yes, I am a criminal. My crime is that of curiosity.
Con quel testo (esso stesso un hack, per certi versi) The Mentor identifica la chiave di lettura dell’intera cultura hacker: la curiosità.
Ora, The Mentor era di famiglia borghese. Come Stallman. E come Marx.
Possiamo dire che gli hacker sono anti-borghesi?
O forse è più appropriato dire che il Capitalismo è anti-hacker?
Il socialismo cinese non è altrettanto anti-hacker?
D’altro canto il fenomeno hacker non è nuovo come può sembrare.
Proprio Blankenship, identificando la curiosità come valore fondamentale della nostra etica, ha permesso di collocare la nostra cultura all’interno di un movimento plurimillenario di smanettoni o, come ci chiamavano spregiativamente gli antichi greci, περίεργοι, gente stramba, curiosa, che si interessa di cose inutili.
Dunque direi che classificare come anti-borghese l’identità Pirata è estremamente riduttivo.
Se anzi andassimo alla radice etimologica, medievale, del termine borghese, “colui che lavora nel borgo” direi anzi che la cultura hacker è borghese, ovvero distinto e dalla nobiltà e dal clero e dai laboratores (tipicamente agricoltori). Tuttavia non è capitalista. Come non è marxista.
E’ qualcosa di nuovo e diverso.
Qualcosa che si potrebbe porre come sintesi ed alternativa sia ai movimenti libertari (che poi diventano quasi sempre liberisti) e a quelli socialisti (che tendono a diventare totalitari).
L’apparire anti-borghese è un riflesso della egemonia culturale statunitense, per cui qualunque cosa non sia orientato a massimizzare il potere (di cui il profitto è una sublimazione) deve essere denigrato come antagonista. Ma non siamo anti-borghesi. Semplicemente ce ne sbattiamo. I borghesi sono benvenuti quanto i proletari. E quanto chiunque altro scelga di abbandonare il proprio posto nel mainstream per perseguire la propria curiosità.
E… perché?
Pensaci un momento: gli hacker sono tutti diversi.
Si caratterizzano proprio per la loro enorme distanza dalla media, ciascuno su dimensioni diverse.
Perché dovremmo cercare di sembrare uniformi se ciò che contestiamo alla maggioranza è proprio il loro conformismo, la loro ipocrisia, la loro scarsa apertura alla diversità?
Noi hacker non abbiamo mai avuto paura della diversità.
Perché siamo curiosi. Non perseguiamo il Potere, ma la Conoscenza.
Dunque non c’è ragione di adattarsi ai metodi della propaganda mainstream.
Non dobbiamo sembrare “compatti” se non lo siamo. Dobbiamo essere coerenti con quei quattro valori che abbiamo in comune e coerentemente dialogare sul resto, ricordando che il dialogo è possibile solo fra diversi. Per questo caratterizza la Democrazia.
Su questo evidentemente non sono stato chiaro.
Anzitutto, è importante chiarire cosa sia l’Informatica: uno strumento intellettuale capace di diffondere quel pensiero critico razionale e necessario a realizzare una democrazia compiuta (ne abbiamo discusso anche qui).
E poi non sottovalutare l’importanza dell’informatica come cavallo di troia culturale, capace di veicolare valori importanti come onestà intellettuale, libertà e comunione, in una nuova sintesi dinamica guidata dalla curiosità.
Un dialogo certamente sì.
Ma un partito esiste nel momento in cui è di parte.
Permettere la doppia tessera significa accettare di non essere un partito, ma al massimo un meta-partito (come lo chiama @briganzia) o una costola di un partito più grande (come sta diventando in questo momento).
Personalmente ritengo che i Pirati siano una nuova parte, una parte particolare, aperta alla varietà di posizioni ed al dialogo fra le stesse ma UNA parte.
Tuttavia puoi ben osservare su questo forum come il termine “pirata” in Italia venga ricondotto molto più spesso alle metafore sulla pirateria marittima che a quella informatica. Al contempo, battaglie tipicamente hacker per la privacy e contro la sorveglianza, per la diffusione della conoscenza etc… vengono rimandate a data da destinarsi.
Dunque non è detto che l’etica e la cultura hacker permanga in questo partito, al di là della facciata mediatica (in sé stessa contraddittoria) e della scelta di candidati civetta come Di Liberto o Gubello.
Se la coerenza non è necessaria, allora certamente è possibile essere di parte da più parti.
Non voglio rubarti ulteriore tempo (e ti offrirò volentieri un caffè alla prima occasione se sei arrivato fin qua), ma se volessi indicarmi gli aspetti che trovi nebulosi te ne sarei veramente grato.