Questo articolo su Micromega è dal mio punto di vista il miglior riassunto di quella che dovrebbe essere la strategia e visione politica del PP, a livello internazionale come nazionale. E’ l’applicazione politica del principio “think global, act local”, con una serie di città (Barcellona, Madrid, ma anche Napoli o l’Islanda [è talmente piccola che la considero una città]) “collegate” in Rete che si scambiano idee, prassi, esperienze. Per una definizione di neo-municipalismo si veda qui. Credo sia innegabile che ormai, al giorno d’oggi, ci Comuni (grandi o piccoli o medi) siano le uniche realtà in cui soggetti politici “outsider” (cioè al di fuori degli schieramenti tradizionali, e segnatamente poveri) possano battere i partiti tradizionali e governare, facendo anche bene (perché la suddetta Colau, stando a ciò che scrivono i giornali, oltre a non distruggere affatto il welfare state ha pure ridotto di parecchio il debito pubblico lasciatole gentilmente in eredità dai predecessori. Come? Con ricette molto “pirata”: trasparenza, contrasto alla corruzione, taglio stipendi troppo alti). In tutto ciò giocano un ruolo fondamentale anche le piattaforme (come spiega il già linkato articolo), ed è ovvio che su questo il PP potrebbe dire la sua. Così come altrettanto ovvio mi pare il fatto che su numeri relativamente modesti sia più facile sperimentare l’uso delle suddette piattaforme e -magari- anche cose un po’ più ambiziose.
FAQ (discusse anche qui)
1. Ma i problemi globali (cambiamenti climatici, povertà etc.) si risolvono solo globalmente!
La Colau ne è pienamente consapevole, ed è per questo che vuol “fare Rete” tra città. Anche questo significa “governare globalmente”. Se invece pensate che la soluzione sia una sorta di governo mondiale, o soluzioni ancora più utopistiche tipo un GlobalLiquid, beh, tanto vale darsi alla fantascienza direttamente. Anche perché più grosso è il territorio che vuoi governare, di più soldi avrai bisogno per farti eleggere. Il che porta esattamente al solito problema: i partiti si finanziano cercando sponsor privati, che ovviamente finanziano perché vogliono qualcosa in cambio. Ergo, i partiti che andranno contro gli interessi delle lobby non arriveranno mai da nessuna parte.
2. Ma se i Territori (intesi magari come provincia/area metropolitana, più che come Comune) competono tra loro c’è una gara a chi abbassa di più le tasse.
Primo: alzare o abbassare le tasse non è di per sé né un male né un bene. Bisogna vedere come e perché le hai alzate o abbassate. Se le abbassi ma in cambio privatizzi tutto e la gente non può più curarsi, è un male; se le abbassi perché riduci i costi e mantieni inalterata la qualità del servizio, è un bene. Secondo: come si diceva anche altrove, esistono anche metodi un po’ più virtuosi per attrarre investimenti, tipo ridurre la burocrazia o avere infrastrutture efficienti. Perché non è vero che le aziende vanno a investire solo ed esclusivamente nel terzo mondo: diversi paesi europei sono perfettamente attrattivi, pur avendo alte tutele per l’ambiente e i lavoratori.
3. La sussidiarietà e il federalismo aumentano la corruzione (lol)
Se c’è il federalismo fiscale (cioè se le tasse restano sul territorio) la corruzione porterà ad opere scadenti e spreco di denaro. E in questo caso ci sono solo 2 alternative:
- I cittadini si ribellano e smettono di vendere il proprio voto al mafioso di turno e ad eleggere corrotti
- I cittadini continuano imperterriti a fare come hanno sempre fatto. Solo che a quel punto i migliori (cioè gli onesti, i giovani, quelli che non accettano di vivere in una società corrotta) emigrano verso luoghi più civili, e il territorio dopo un po’ muore (così come un parassita muore di fame se l’ospite muore e non ne trova un altro). A meno che i parassiti -leggi: mafiosi vari- non emigrino a loro volta verso città più civili, dove comunque i danni che fanno sono minori (a Milano o in Germania la Ndrangheta c’è, ma non è ancora riuscita a trasformarla in una nuova Scampia).
Lo scenario è quello che spiegava @bockman nell’altra discussione:
Federalismo amministrativo: ogni territorio dovrebbe poter decidere autonomamente come e dove creare e gestire infrastrutture come ospedali, scuole, strade (locali), eccetera … rimanendo nei vincoli del proprio bilancio. Al contempo, le amministrazioni dei territori devono essere vincolati a seguire procedure (e.g. gare di appalto, procedure di forniture) e standard (qualità dei servizi) fissati dallo Stato. I territori dovrebbero anche avere l’ultima parola per la costruzioni di opere pubbliche di interesse nazionale che li attraversino: in altre parole lo Stato non dovrebbe poter imporre tali opere in nome di un - secondo me discutibile - “interesse superiore”, ma convincere i territori che tale opere sono anche nel loro interesse (possibilmente non a colpi di tangenti ai suoi amministratori). Federalismo “finanziario”: i proventi fiscali di un territorio dovrebbero essere usati principalmente per migliorare i servizi del territorio.
Quello che mi piace di meno è l’idea del fondo di redistribuzione per spostare soldi: che risultati ha dato in 50 anni la Cassa del Mezzogiorno? O -per stare a cose più recenti- quante truffe abbiamo fatto all’Unione Europea? Laddove c’è la certezza che arrivano soldi da fuori, qualcuno che prova a speculare ci sarà sempre.