Tendenza alle strutture oligarchiche e prevenzione nei gruppi di lavoro

Continua il pensiero da Linee Guida per Responsabili della Convivenza:

La Ferrea Legge dell’Oligarchia vale anche per Noi…

Un professore tedesco mi ha fatto notare l’esistenza di un certo Robert Michels… che studiò il comportamento politico delle élite intellettuali e contribuì a definire la teoria del elitismo. La sua opera più nota è il saggio sulla sociologia dei partiti politici, nel quale viene descritta la ferrea legge dell’oligarchia. Ma approfondendo scopro che in realtà l’ha scopiazzata da Moisei Ostrogorski che scrisse:

“Non appena un partito, anche se creato per la più nobile oggetto, si sforza di perpetuare se stesso, tende alla degenerazione oligarchica

Secondo Ostrogorski la democrazia diretta, eliminando il monopolio del potere legislativo, rappresenta una soluzione efficace al problema della degenerazione oligarchica dei partiti. Esige però un livello di coscienza politica e sociale da parte dei cittadini, non sempre e non immediatamente disponibile.

Ho trovato un riassunto utile su byoblu:

La ferrea legge dell’oligarchia si può sintetizzare in quattro concetti fondamentali:

  1. La democrazia non è concepibile senza una qualche organizzazione;
  2. L’organizzazione genera una solida struttura di potere che finisce per dividere qualsiasi partito o sindacato in una minoranza che ha il compito di dirigere e una maggioranza diretta dalla prima;
  3. Lo sviluppo di un’organizzazione produce burocratizzazione e centralizzazione, che creano una leadership stabile, che col tempo si trasforma in una casta chiusa e inamovibile;
  4. L’insorgenza dell’oligarchia deriva anche da fattori psicologici, in particolare la “naturale sete di potere” di chi fa politica e il “bisogno” delle persone di essere comandate.

Non esattamente sorprendente ma comunque interessanti questi pensieri. In pratica ovunque un gruppo di lavoro si mette a lavorare per la maggioranza del partito, senza alcuna malvagia intenzione, automaticamente si forma una costellazione sociale e sociologica che porta verso la creazione di un cerchio magico, di oligarchie di fatto.

È importante non dare la colpa a chi si trova dentro queste strutture, perché il meccanismo è automatico: Ti serve una organizzazione che funziona? Ecco che viene naturale limitare le persone che ci partecipano e fare gruppo con i meglio dei meglio. Inutile assumere cospirazione, non è necessaria. Gli umanoidi fanno cospirazione d’istinto, senza neanche rendersene conto.

… ma Noi abbiamo l’Antidoto all’Oligarchia

Siamo fortunati però, abbiamo tecnologie nuove che possiamo utilizzare per immunizzarci contro queste tendenze… ovunque non le utilizziamo — nei gruppi di lavoro e negli organi da statuto — esiste un pericolo di oligarchizzazione, alleviato dalla separazione dei poteri. Ma laddove la utilizziamo, ecco che — nonostante le deleghe in liquid feedback possano sembrare affini — in realtà ci riesce di trascendere i meccanismi dell’elitismo.

Nel dicembre 2012 scrissi un saggio sul cerchio magico liquido (in risposta a critica superficiale di un certo personaggio) che spiega in quale modo la democrazia liquida ci protegge:

Alcune persone dicono che la democrazia liquida produca una specie di dittatura da parte di una precisa cerchia di persone… beh, il termine dittatura è sbagliato, perché altrimenti qualsiasi governo o direttorato eletto sarebbe una dittatura.

Quello che la democrazia liquida permette è di instaurare un direttorato liquido, virtuale. Uno dove chiunque ne può diventare membro se si dimostra sufficientemente attivo e affidabile e dove chiunque può cascarne fuori al primo o secondo grave errore. Già questo lo rende molto più democratico di un direttorato eletto ogni tot anni, ma il direttorato virtuale è capace di dare di più:

Visto che solo l’insieme dei partecipanti ad un progetto democratico sa quali decisioni gli stanno veramente a cuore, la democrazia diretta ove tutti partecipano e votano si realizza raramente – nei momenti quando tutti ne sentono l’esigenza. In questi momenti il direttorato si dissolve magicamente da se. Il fatto che tutti i membri votano, porta ad un voto stile uno vale uno e le deleghe, che normalmente danno importanza al direttorato virtuale, non si manifestano.

Nella giovane vita del Partito Pirata non ci è mai stata alcuna votazione che l’intero partito abbia considerato di sufficiente importanza, e questo è assolutamente poco sorprendente: Non siamo in parlamenti (solo un pochino), non siamo onnipresenti nella quotidianità della vita popolare e non abbiamo ancora ottenuto vittorie che ci avessero uniti in sorellanza. È normale che molti iscritti si occupano delle faccende quotidiane loro, e si ricorderanno di noi solo nelle settimane di campagna elettorale (si spera).

Altri ancora scelgono di aderire perché apprezzano l’idea, perché vogliono darci qualche soldo, ma si fidano totalmente di chiunque stia portando avanti il progetto e non intendono investire alcun tempo. Che questo tipo di persone siano la chiara maggioranza degli iscritti è normale - è così anche in qualsiasi altro movimento politico.

Di conseguenza è nostra responsabilità di organizzare bene il potere decisionale tra le persone effettivamente attive. Nella democrazia rappresentativa si eleggono alcuni di loro, e questi poi arruolano altri alle loro dipendenze e da li dirigono il partito più o meno come un’azienda.

Questo ha dei vantaggi quanto riguarda la capacità di agire e di reagire, ma ha portato anche a tutte le frustrazioni che oggigiorno associamo alla parola “partito.” Gli abusi, le corruzioni, le ruberie.

Sarebbe più giusto decidere tutto insieme, utilizzare la democrazia diretta, eppure anche quella spesso fallisce - per il semplice fatto che la maggioranza degli attivi è un pò fantasma… è attiva solo quando le va. Resta un piccolo gruppo di persone che effettivamente fa il lavoro, e se si applica democrazia diretta, un piccolo gruppo interessato a deviare il progetto politico può farlo semplicemente essendo più attivo degli altri.

Questo è un problema che ha colpito molti progetti politici alternativi, che a costo di non volere diventare un partito hanno scelto le assemblee e i gruppi di lavoro ai quali col tempo partecipano sempre meno persone e di conseguenza aumenta il rischio di un abuso strategico. Fenomeni di questo tipo si sono visti nel partito dei verdi in Germania e vari altri movimenti sessantottini, ma anche nel recente movimento Occupy.

Alcune persone intelligenti a questo punto hanno pensato che ci vuole una via di mezzo, una possibilità di fare valere il peso del voto anche delle persone che non ci sono, in modo che delle persone interessate a depistare il progetto si ritrovino davanti un muro molto più alto da scalare del previsto.

E così nasce la democrazia liquida, la possibilità di non dovere sempre essere presenti alle assemblee, ne online ne alla riunione di persona. La possibilità di delegare delle persone di fiducia o competenza, per evitare che chiunque possa spuntare fuori a sorpresa e deviare il progetto politico. Deleghe che, in via temporanea e assolutamente individuale mettono a capo delle persone che con alta probabilità manterranno il progetto nella giusta rotta - dando ascolto alle nuove e creative idee, ma esprimendo un giudizio saggio di chi ha seguito il giusto andare già da un po’.

In questo modo si crea una cerchia di persone dal potere liquido, in qualsiasi momento malleabile, ma comunque capace di prendere decisioni veloci e reagire rapidamente, proprio come un direttorato tradizionale.

Una democrazia molto più avanzata dalle arcaiche forme che abbiamo conosciuto sino ad ora. È proprio grazie agli iscritti fantasma, che solo occasionalmente, quando sentono parlare del Partito Pirata in televisione, vanno un po’ a controllare cosa stanno facendo i loro delegati in Assemblea Permanente, danno più potere proprio a quelle persone, che dovrebbero averlo, per il bene del progetto comune.

E chi questo concetto non l’ha capito, o non ci vuole credere, vivrà l’esperienza della democrazia liquida in un continuo senso di terrore che ci sia qualche ingiustizia in atto (nonostante hanno vissuto tutta la loro vita sotto al regime della molto più terrificante democrazia rappresentativa).

A tali persone raccomandiamo di farsi prima una sana esperienza di democrazia diretta (per esempio aderendo al movimento Occupy) per poi tornare quando avranno capito il problema e la soluzione.

E tornando ai cerchi magici di lavoro…più si relazionano con l’AP (consultandola prima della pubblicazione ecc ecc) e impiegano LQFB al loro interno, meno rischiano di decadere in meccanismi oligarchici…

E stando a Ostrogorski, dove c’è oligarchia presto ci sarà corruzione.

In una cosa byoblu (o Ostrogorski o Michels) secondo me si sbagliano: le oligarchie si formano meglio quando si cerca di ridurre ed evadere la burocrazia di una sana separazione dei poteri che protegge contro questo tipo di malanni. La burocrazia è la messa in codice di misure di protezione… è fondamentale per il sistema immunitario del partito e necessità essere ben oleata piuttosto.

Oleogarchia invece di Oligarchia.

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Tutto questo discorso solo perché sul blog si pubblica la roba senza passare dall’AP. #sapevatelo

Ma a parte ciò: l’oligarchia/oleogarchia da noi non esiste per il semplice fatto che in qualunque momento uno può proporre all’AP la rimozione dei membri del GdL incriminato, o la chiusura dello stesso GdL per intero. Se la proposta passa, il gruppo si scioglie e fine del problema. Se non passa, evidentemente l’AP non lo considera un problema.

@lynX In qualità di esperto ostrogorskiano ti invito a non attribuire stronzate all’autore di “Democrazia e partiti politici” A) La soluzione per O non è la democrazia diretta ma i partiti monotematici B) O non ama la democrazia diretta: per lui i cittadini non debbono legiferare ma essere in grado, grazie alla loro cultura e maturità politica di intimidire chi li governa.

La democrazia essembleare non funziona. La democrazia liquida può essere applicata in molte forme, dalla liquida all’assembleare. Nonostante il parere di alcuni noi la stiamo applicando in modo assembleare e non funzioniamo in quanto tendiamo a dare all’AP pure il potere esecutivo. Sono un sostenitore dei GdL come parziale rimedio alla follia della DL Assembleare. Pensare che tecnologia + DLA sia la panacea ad ogni problema è per me fanatismo: noi non funzioniamo. Volete l’elenco di quanto è stato deciso e non messo in atto?

… ci mancava solo l’elogio della burocrazia.

Di tanto in tanto si alza una voce collegata al cervello (nel senso che coincide con quello che penso io) non mi ricordo chi di voi l’ha scritto ma dimensioni diverse dell’organizzazione richiedono per il successso, forme organizzative diverse. La nostra forma organizzativa iperburocratica ed incatenata all’AP ci sta soffocando.

Si, si… perchè si pubblicava di tutto sul sito senza che l’AP lo venisse a sapere… ora con la cosa del blog abbiamo “regolarizzato” un po’, ma il fatto che l’RSB oleato con i mejo dei mejo dentro ora sta stilando una mozione per il parlamento italiano… beh… direi che un gruppetto di bloggari ha fatto un bel salto di qualità. Non vi/ci sto accusando — sto facendo notare come queste cose avvengono da se e ci vuole volontà a restare struttura aperta.

Anche il PD può mandare a casa l’intero direttorato… ma stai ignorando i mille impedimenti sociali e sociologici per il quale mai avverrà. Se un GdL necessita di un esplicito “recall” invece di un semplice cambiamento di delega per essere rimpiazzato, ben pochi avranno la volontà di farlo. Oltretutto state facendo un buon lavoro, perché mai dovrei volervi cacciare? Il problema è che mentre lo fate, diventate sempre più cerchia — perché è natura umana che sia così e non ci potete fare nulla… eccetto cambiare le regole.

Io ho copincollato testi da Wikipedia e byoblu. Se li trovi incompetenti, rivolgiti alle fonti…

Tutti i testi citano entrambe queste cose. Ho tralasciato la sua teoria dei partiti monotematici dato che predata l’invenzione della democrazia liquida e la ritengo non utile a questo discorso. Altrettanto quanto non ritengo utile spiegare come Michels alla fine sia diventato fans di Mussolini. Per me erano interessanti le analisi, non i tentativi di soluzione che a mio avviso non potevano funzionare.

Anche Karl Marx è un autore affascinante per le sue acute analisi della borghesia e del capitalismo— ma le sue teorie sul come si potrebbe fare una società migliore sono piuttosto incompetenti, dato che non hanno un briciolo di empatia sociologica.

Fino a prova contraria ritengo di avere il diritto al ottimismo. Non me ne è rimasto molto, lasciami almeno quello.

Regolarmente aggiorno i miei elenchi delle ragioni perché ancora non funzioniamo abbastanza. Finché continuiamo ad avere la struttura incompleta non mi sorprende…

Questo è un problema e dato che tu sei eletto al gruppo di coordinamento e detieni la responsabilità da statuto di realizzare le cose decise, mi domando cosa intendi fare per adempire a tale compito. Se ti manca ancora qualche manovella strutturale, parliamone. Ora sei tu al timone e hai il potere di realizzare le cose che ci siamo premessi di fare. Facci vedere!

Si, perché va di moda e fa comodo dare la colpa alla burocrazia… anche perché ovunque vedo quel tipo di critica non vedo mai ragioni concrete e dettagliate… è solo un bon mots.

Io invece noto quante persone s’annoiano a fare le cose come stanno scritte nei regolamenti e iniziano a fare danno alla collettività ignorandoli— e in quel momento comprendo che le regole sono l’incarnazione del imparare da errori passati. Se non rispetti le regole sei fermamente deciso a ripetere le idiozie fatte anni prima. Dopotutto non sono regole fatte da burocrati per pararsi il culo contro di noi. Sono le regole che noi stessi abbiamo sfornato, in pieno rispetto degli ideali anarchici. Regole da migliorare, ma solo se si sono comprese a fondo— cosa che non fanno nemmeno gli autori dei nostri documenti fondanti.

Può darsi, ma ho il diritto di vedere esempi concreti— molto concreti— prima di crederci. Queste generalizzazioni sono pericolosissime: danno la sensazione di avere finalmente trovato una ricetta semplice per risolvere problemi complessi, ma in realtà non si è ancora detti nulla di concreto.

L’incapacità dell’uomo a trascendere i limiti della propria comprensione potrebbe essere la fine anche per questo progetto politico. Dato che non è semplice fare un partito partecipativo che non sprofondi in oligarchia e corruzione, va a finire che buttiamo all’aria certe premesse e torniamo ad essere un partito qualsiasi. Beh, in tal caso io non ci sarò e forse non ci saranno neanche gli altri.

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Hai tutti i diritti, che rispetto ["nonostante il parere … indica che riconosco il parere altrui e lo considero] ma anch’io. Sono certo che essendo io pirata mi consideri superiore a byoblu e wikipedia. (vedo se è il caso di correggerlo)

P.S. (per i nuovi) non metto faccine ma i toni “decisi” sono per lo più scherzosi. P.P.S. Il libro di Ostrogorski è veramente interessante. per saperne qualcosa un commento di qualche tempo fa http://www.anticasta.org/2011/12/29/ostrogorski-democrazia-e-partiti-politici/ e ma non so se tutti riescono ad entrare, le traduzioni di alcuni pezzi dell’ultimo capitolo quello delle conclusioni.https://www.meetup.com/it-IT/l-officina/messages/boards/thread/10597764

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Sono d’accordo che la sociologia abbia un ruolo prioritario nel caso in cui occorre fondare qualcosa, come un partito per esempio.

Riguardo la preoccupazione dei “cerchi di potere”, ribadisco con @Exekias che nulla vieta di chiedere in assemblea la rimozione di qualcuno da un GdL o la possibilità di sciogliere un GdL, quindi non c’è una “casta intoccabile” e non vedo perché lo dovrebbe diventare, a meno che non modifichiamo lo Statuto in modo radicale… ma in tal caso si vota in Assemblea ed entrano in gioco le deleghe.

Il primo problema è che gli attivi sono pochi e se dovessimo mandar via qualcuno… non resta più nessuno… quindi questo ci “lega un po’ le mani”.

Al tempo stesso, se vogliamo che i GdL siano più trasparenti pubblicando in assemblea ogni decisione di pubblicazione di testi, magari in un’area dove solo i membri possono votare e gli esterni pur non votando delegano, richiede una modifica (non necessaria, ma auspicabile) allo Statuto (che attualmente lascia i GdL più liberi) ed anche qualche ritocco (magari tramite script come suggerivi) a LQFB.

Riguardo il termine burocrazia, attenzione a non fraintendersi, può significare il semplice insieme di procedure per far funzionare qualcosa (accezione più neutra), ma molto spesso viene intesa come un eccesso soffocante (o noiose necessità) che trasformano qualcosa di teoricamente diretto in praticamente tortuoso. Vi suggerisco di non usare questo termine per le sue svariate accezioni e facilità di fraintendimento.

Io credo che @lynX intende le procedure che tutelano i diritti e la correttezza delle scelte e delle decisioni, nonché il mettere a conoscenza delle posizioni assunte. Le procedure oggi possono essere molto raffinate e fortemente automatizzate grazie all’informatica e alla Rete, per questo una piattaforma pensata bene può introdurre “burocrazia sana” o meglio “procedure anti corruzione e pro trasparenza” per migliorare l’amministrazione di quasi qualsiasi cosa.

@storno come tu ribadisci che le procedure ci bloccano, io ribadisco che la mancanza di tempo e finanziamenti è il vero problema di una qualsiasi piccola realtà che vuole emergere. Quindi ribadisco il disaccordo netto su questo punto.

Infine, riguardo i nomi di chi sostiene questa o quella teoria e di come vada interpretata, consiglio di osservare i problemi concreti e pensare a soluzioni concrete, perché è il modo più sicuro di non andare alla deriva e ottenere qualche risultato.

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Bene, allora lasciamo perdere tutto: non avremo mai uno sponsor come la Casaleggio (né io lo vorrei) e non avremo mai abbastanza tempo (professionisti pagati). Potremmo forse mettere nel simbolo sulla vela “Galbani” (se esiste ancora ispira fiducia).

È una cosa su cui sono internamente un po’ combattuto… diciamo che ho trovato motivi collaterali per cui il partito pirata può essere interessante e sono anche le cose che cerco di suggerire durante l’accoglienza: cercare di fare qualcosa che piace, per me è stata un’occasione per approfondire temi informatici (sicurezza sulla Rete, sorveglianza, altre nicchie open source), come è anche un laboratorio politico di idee e di sperimentazione della democrazia liquida (anche se i ristretti numeri di fatto non ce la fanno collaudare come vorrei vedere) anche questo è interessante. Provo affinità per l’etica hacker. Ho apprezzato il lavoro di ricerca sui responsabili della convivenza. Ricordo all’inizio che ammirai il fatto che sotto molti testi c’era scritto “approvato in assemblea”; dopo l’esperienza col M5S non mi pareva vera una tale pulizia metodologica.

Insomma, ci sono diversi elementi che apprezzo molto, ma c’è anche una parte di dura realtà che ci lascia esigue possibilità, inutile girarci intorno… però si può sempre tener vivo questo spazio per ulteriori motivi, come quelli prima accennati.

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Io invece sto ripensando al metodo di formazione dei gdl… basta una comunicazione. Cioè, domani 5 persone potrebbero comunicare l’apertura di un ulteriore gdl comunicazione. Ora, se pensiamo sui grandi numeri, fossimo migliaia, sai quanti gruppi potrebbero venire aperti, così, solo comunicandolo? E il controllo su ciò che pubblicano sarebbe più complicato. Forse sarebbe meglio ci fossero delle elezioni, piuttosto che semplici comunicazioni.

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Già. In effetti la cosa migliore sarebbe stabilire che c’è un solo gruppo comunicazione ufficialmente riconosciuto e autorizzato a pubblicare sul sito. E l’apertura di aprire nuovi GdL dovrebbe essere prima approvata dall’AP.

Cioè fare una struttura oligarchica come descritto in questo thread? Ci sono altre cose che sono difficili da trattare in LQFB, ma… approvare testi? Seriously?

E come lo risolvi il problema (questo sí realistico) descritto da Guybrush (cioé il proliferare di GdL comunicazione)?

In realtà penso che di gruppi ce ne possano anche essere più di uno:da statuto, questi devono sempre condividere informazioni e lavoro con gli altri gruppi simili, questo tramite un gdl coordinamento funzionante. Il problema sui grandi numeri è che può essere difficile stare dietro a tutti i gdl che si formano spontaneamente, e quindi il gdl coordinamento può avere difficoltà, e potrebbe non avvenire giusta comunicazione fra i gruppi. Se invece di poter nascere solo tramite comunicazione ci fosse un’obbligatoria elezione, la costituzione dei gruppi sarebbe più chiara e i vari gdl similari potrebbero comunicare più facilmente.

Se i GdL non hanno alcun potere decisionale, sono semplicemente dei gruppi dove gente prepara delle belle idee insieme… di conseguenza ci possono anche essere GdL concorrenti…

Nel PP-DE esistono elenchi… aderisci ai GdL che ti incuriosiscono o te ne fai di nuovi. Il problema nei GdL sono i comportamenti e i tentativi dei lobbisti di imporre i loro interessi utilizzando l’assenza di codice comportamentale per classici metodi di imposizione sociale (utilizzo efficace del trolling nelle ML per esempio).

Il modello informale dei GdL a mio avviso dovrebbe andare bene, ma dobbiamo imparare dal errore di creare piattaforme di manipolazione attraverso il disrispetto dei principi di un dibattito democratico.

Dato che nel PP-DE si sono creati GdL di tendenza politica lobbista, sarebbe un disastro se avessero il permesso di pubblicare. Grazie all’assenza di regole ovviamente questi scenari li abbiamo avuti: ci furono articoli sul pro-nucleare e sulla post-privacy nonostante fossero opinioni assolutamente non condivise dal partito. Risultato? I lettori hanno imparato che dei pirati non ci si può fidare. Meglio stare alla larga e votare i vecchi partiti.

La democrazia rappresentativa è parte del problema. Per questo usiamo la democrazia liquida.

Ah, sono venuto a sapere che il termine “democrazia rappresentativa” è stato inventato dai fondatori degli Stati Uniti – cioè da quelli che vollero inventare una forma di democrazia che non dia veramente il potere al popolo. Hanno voluto mantenere il termine “democrazia”, perché nell’era del illuminismo non era permissibile farne a meno, ma simulando una evoluzione del concetto hanno inserito la retromarcia.

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Questo è sempre connesso al problema dell’eccessiva proliferazione di GdL: come controlli che tutti abbiano un RdC impegnato e non solo formale? e se un RdC abusa della sua posizione spalleggiato da altri in un gruppo?

Mi dirai che ci si può rivolgere al CA, se abbiamo pochi incaricati è gestibile, ma se i GdL fossero tanti, e numerosi i battibecchi da placare con RdC che svolgono parzialmente il loro lavoro, si rischia di avere di fatto la situazione del PP-DE, anche avendo formalmente gli RdC.

Se un GdL si può auto-creare è un disastro, ma se 4 o 5 persone vengono incaricate dall’assemblea di curare la comunicazione e poi escono fuori dal programma o dalle posizioni assembleari, la cosa è controllabile. Già il fatto che vengono scelti è una prima forma di garanzia. Io non vedo così dannoso l’affidare incarichi, anzi sui grandi numeri può diventare necessario.

Secondo me il fatto non é la discrepanza tra iscritti e partecipanti, ma il come i gruppi di lavoro siano formati… Secondo me ogni nuovo GDL dovrebbe essere approvato dall AP, e poi lavorare per i fatti suoi…

Quello formale basta: se il CA conclude che non ha svolto il suo compito si becca sanzioni. Se tra i presenti nessuno, neanche le vittime, si rivolgono al CA… beh allora manca cultura. Se il CA ha troppe richieste, deve reclutare ulteriori giudici per fare ulteriori camere.

E si torna sul problema del recall. Il concetto che la “uscita” dal programma sia facilmente quantificabile e che coloro, che ci stanno simpatici, siano facili da richiamare. Queste esitazioni sono sufficienti a creare le strutture oligarchiche automatiche. Solo un uso continuo di tecnologie di partecipazione ci può proteggere, non la perpetuazione del modello rappresentativo che da secoli appare ragionevole per poi tradire chi ci si affida.

Dipende quali. Se abbiamo la possibilità di oliare la democrazia liquida invece di rischiare le oligarchie… perché ripetere errori già commessi da altri?

Ora che hai vissuto sulla tua pelle l’efficacia della tua convinzione che si possa semplicemente togliere il giocattolo dalla mano a chi edifica oligarchie nel partito, che ne pensi di quanto scrivesti 2½ anni fa?

Aggiungo nuovo materiale: LE DINAMICHE ALL’INTERNO DI UN GRUPPO DI LAVORO, slide di una presentazione della dott.ssa Grazia Lippolis.

Lei conferma che in condizioni ideali un GdL può apportare vantaggi — gli stessi che l’AP stessa apporta a mio avviso, cioè il fatto di essere in questo partito e partecipare alla democrazia liquida in esso. Gli svantaggi invece sono ben diversi dato che non si manifestano in DL bensì solamente in un GdL:

Consideriamo che eccetto persone eccentriche come me che tendono alla razionalità anche quando tutti gli danno torto, normalmente le persone sono influenzabili dal coro:

La NORMALIZZAZIONE, è il fenomeno di convergenza spontaneo dei punti di vista

Come ha scritto Allport[1954]: “c’è nell’uomo una tendenza fondamentale a moderare le proprie opinioni e la propria condotta in rapporto alle opinioni e alle condotte degli altri”.

Possono conseguire…

  • OBBEDIENZA CIECA ALL’AUTORITA’
  • La frust®azione
    • Perdita della motivazione
    • “nulla può cambiare”
  • Bystander
    • Apatia degli astanti
    • Minor propensione delle persone ad intervenire nelle situazioni di emergenza, prestano la propria opera se sono presenti altri persone
  • IL DISIMPEGNO MORALE
    • una autoassoluzione collettiva: una scissione tra pensiero ed azione

Bam! Ecco come tutti possono darsi le pacche sulle spalle per avere in qualche modo partecipato alle elezioni europee, nonostante il frequente disrispetto dell’assemblea

Il disimpegno morale sembra essere determinato dai seguenti meccanismi psicologici:

  • giustificazione morale,
  • etichettamento eufemistico (stavo scherzando)
  • confronto vantaggioso,
  • spostamento
  • diffusione delle responsabilità,
  • sottovalutazione
  • distorsione delle conseguenze,
  • colpevolizzazione della vittima ( mi ha provocato)
  • deumanizzazione vittima (è colpa sua)

Urka. Suona qualche campanello? Uno, due o sette?

Fin dalla nascita del gruppo si possono identificare dei ruoli che si manterranno più o meno stabili nel corso della vita del gruppo. Il primo di questi ruoli è quello del leader

Il leader ideale possiede varie caratteristiche:

  • la capacità di essere carismatico
  • autoritario
  • accogliente
  • comprensivo
  • ma anche direttivo e chiaro nelle sue indicazioni.

Si tratta evidentemente di un ruolo di potere del quale non bisogna abusare, ma che bisogna mantenere e difendere

Non volevamo essere il partito senza capi e capetti? Ci piaceva l’idea del facilitatore, colui che modera i toni, che si assicura della buona convivenza… ma non uno che faccia l’opposto per imporre le proprie opinioni… giusto? Il trucco per fare in modo che i leader (naturali e non ) non possano abusare del loro potere era di renderli responsabili della convivenza, o meglio ancora, formalmente sottostanti al RdC. Ogni GdL che rifiuta di eleggere un RdC, rifiuta queste esigenze sociologiche e lo statuto che le prevede. E se il RdC non interviene mai, abbiamo un problema.

LA LEADERSHIP

  • Abilità di ascoltare, parafrasare, formulare le domande giuste, riassumere, riflettere, coordinare, connettere e monitorare i contributi di tutti i partecipanti
  • Empatia
  • Chiarezza sugli obiettivi e i compiti
  • Attenzione alla programmazione

La parola empatia l’ho sentita spesso in quel ambito, ma non a scopi favorevoli per il partito.

All’opposto del leader troviamo il ruolo del contro-leader, che lo contrasta e il cui scopo è quello di prenderne il posto. Nei gruppi di grandi dimensioni può accadere che egli formi un sotto-gruppo di gregari che lo seguono e lo sostengono L’eventuale eliminazione del contro-leader, o l’allontanamento, è inutile perché ci sarà quasi certamente qualcuno che ne prenderà il posto.

Ed infatti ogni volta che mi tiro indietro sono altri ad alzare la voce…

La via più efficace per mitigare o trasformare il ruolo del contro-leader è quello di dargli il giusto spazio affinché venga riconosciuto come membro del gruppo, vicino a quello del primario, nel nostro caso.

Si è provata questa strategia anche con me, ma con l’aspettativa di potere corrompere i miei principi morali. Di non dovere più passare per l’assemblea. Di non dovere più eleggere un RdC. Come se le regole del partito importassero solo se sei “contro”.

Intorno a queste due figure cardine troviamo tre categorie di ruoli che investono i restanti componenti del gruppi: i ruoli divergenti, i ruoli convergenti e i ruoli operativi.

I ruoli divergenti sono quelli che enfatizzano la diversità, il dissenso e la singolarità e che possono manifestarsi in varie forme e atteggiamenti quali:

  1. L’aggressività attraverso attacchi diretti, insoddisfazione, ironia;
  2. L’opposizione come l’ostilità, l’avversione, il restare contrario;
  3. L’esibizionismo con il monopolio degli interventi, il richiamo dell’attenzione e l’auto-riferimento;
  4. La superiorità attraverso il disinteresse, il distacco, il sarcasmo e la distrazione;
  5. La dipendenza con la ricerca di appoggio, la passività e la sfiducia in sé stessi;
  6. La dominazione attraverso il comportamento autoritario, la presa di potere decisionale.

Il restare contrario alla faccia dell’evidenza!

I ruoli convergenti che promuovono la coesione e si manifestano con:

  • L’incoraggiamento tramite le espressioni di sostegno, la solidarietà e l’adesione alle proposte animative;
  • L’armonizzazione delle differenze sdrammatizzando e spersonalizzando i conflitti;
  • La ricerca dell’accordo cioè la ricerca continua del dialogo e della negoziazione;
  • La facilitazione della comunicazione stimolando i silenziosi e canalizzando i loquaci;

I ruoli operativi che sono utili alla soluzione del compito si esprimono con:

  • La stimolazione del gruppo attraverso la proposta di nuove idee e i suggerimenti concreti;
  • L’informazione con la richiesta di chiarimenti o la produzione di materiale chiarificatore;
  • La richiesta di opinioni, cioè l’ascolto e l’interesse per tutte le posizioni;
  • L’organizzazione pratica delle attività di animazione.

Allora mi vedo più nel ruolo “operativo”…

Le cause del Burnout

Caratteristiche organizzative del lavoro (Cherniss, 1980):

  • struttura gerarchica
  • stile di leadership
  • rapporti con i colleghi
  • sistema di ricompense e punizioni
  • autonomia decisionale
  • senso di comunità lavorativo
  • Carichi di lavoro
  • coerenza fra finalità e prestazioni

In un partito a base di democrazia liquida è normale che l’autonomia decisionale dovrebbe essere minima, in cambio non ci dovrebbero essere tutti gli altri problemi elencati. Non dovrebbero, ma pare che ce li creiamo da soli — convinti che ci debba essere un leader autoritario ed una gerarchia.

A parte la parola “autoritario” che dovrebbe essere “autorevole” non mi sembra un gran testo, anche perché non vi vedo nessun rapporto fra organizzazione/livello del gruppo da organizzare

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