Filosofia della Democrazia Razionale Collettiva

lynX, tu sei sensibile ai problemi sociali, quindi parto proprio da qui. Ho notato innumerevoli volte che quando c’è un errore, un qualsiasi tipo di errore a qualsiasi livello, quando una persona lo nota tende a dire: questo è sbagliato. Quindi è naturale aspettarsi questo tipo di comportamento.

Inoltre, astrarre un tipo di problema rispetto al contenuto è un’operazione mentale non banale e non tutti sono propensi a farla. Considerando la prima tendenza e questa seconda difficoltà, il risultato è che tendenzialmente si continua a dire: “x non va bene” a prescindere dal livello in cui si colloca x. Oppure, suppongo, che qualcuno possa sentirsi intimorito nell’intervento e semplicemente ignora l’iniziativa (pensa: non mi va bene, ma non dico nulla, vedremo poi).

Infine, verso queste tue richieste ci sarà una parte che semplicemente non le condivide (uno te lo ha detto esplicitamente) quindi vuole poter dire “x è sbagliato” a prescindere da tutto e ritiene di aver ragione nel dirlo.

Questi secondo me sono i problemi da cui partire, tenendo ben presente l’obiettivo: compiere scelte e votazioni razionali? mantenere partecipazione in un dibattito e che sia razionale?

Abbiamo un forum per parlare nel concreto delle proposte in corso ed abbiamo un LQFB per proporre emendamenti ed alternative orientati a proporre soluzioni migliori. Ignorare i problemi non è una soluzione, ed essere incoerenti nel farlo ancora di meno. Un giorno sono disposto a provare una potenziale soluzione, il giorno dopo mi rifiuto di credere che esiste il problema — tanto i cerchi magici funzionano…

Ecco una intervista a Deleuze che da qualche spunto. Lui dice che ogni razionalità si costituisce su assiomi irrazionali. Ne è un esempio il capitalismo ma anche banalmente la chiesa cattolica:

It’s like theology: everything about it is rational if you accept sin, immaculate conception, incarnation. Reason is always a region cut out of the irrational – not sheltered from the irrational at all, but a region traversed by the irrational and defined only by a certain type of relation between irrational factors. Underneath all reason lies delirium, drift. Everything is rational in capitalism, except capital or capitalism itself. The stock market is certainly rational; one can understand it, study it, the capitalists know how to use it, and yet it is completely delirious, it’s mad.

Pare di leggere la biografia di Ayn Rand. Se avesse ragione in ciò, piuttosto di farci imporre dei assiomi assurdi da chissà quale matto che passa e ci dice che la globalizzazione è una forza della natura o che la privatizzazione è più efficace — il nostro metodo di utilizzare scelte intersoggettive sulle quali costruire la razionalità collettiva È PROPRIO GANZO! Permette di limitare l’irrazionalità secondo lui inevitabile della nostra esistenza ad un qualcosa di perlomeno collettivamente concordabile…

Utile anche il suo punto di vista sul concetto di ideologia:

We do not say: ideology is a trompe l’oeil (or a concept that refers to certain illusions) We say: there is no ideology, it is an illusion. That’s why it suits orthodox Marxism and the Communist Party so well. Marxism has put so much emphasis on the theme of ideology to better conceal what was happening in the USSR: a new organization of repressive power.

L’ideologia non serve a un cazzo se non per nascondere il fatto che coloro che la declamano in realtà hanno già tradito il progetto comune, l’onestà di fondo. Con l’ideologia blocchi il dibattito libero, impedisci che il demos arrivi alla conclusione che quello che stai facendo è sbagliato. L’ideologia serve per scusare la nuova dominanza oligarchica, che sia in un partito o nell’unione sovietica non fa differenza. Mi sento confermato in quanto avevo già sospettato in passato. Anzi, mi scordo le cose — avevamo proprio spellato l’etimologia di “ideologia”.

Interessante anche quanto aggiunge Felix Guattari:

It’s the same thing in traditional political structures. One finds the old trick being played everywhere again and again: a big ideological debate in the general assembly and questions of organization reserved for special commissions. These questions appear secondary, determined by political options. While on the contrary, the real problems are those of organization, never specified or rationalized, but projected afterwards in ideological terms. There the real divisions show up: a treatment of desire and power, of investments, of group Oedipus, of group ‘superegos’, of perverse phenomena, etc. And then political oppositions are built up: the individual takes such a position against another one, because in the scheme of organization of power, he has already chosen and hates his adversary.

O cavolo, quanto mi ricorda l’evento di fondazione della Lista Ingroia!

Quando mi hai risposto così credo che hai tralasciato l’osservazione più importante che ti avevo posto: ci sono problemi sociali (nel senso di “dinamiche difficili” – non patologiche) delle quali bisogna tener conto (che non significa accettarle così come sono, ma nemmeno scavalcarle, dato che comunque si faranno sentire ad ogni occasione).

Detto questo, io convergo verso l’intento di rendere più razionale la democrazia, la politica, i processi decisionali in generale. So anche che la razionalità è solo uno strumento, fondamentali sono gli obiettivi e questi hanno una base principalmente fisiologica ed emotiva (sui quali bisogna mettersi d’accordo ed evitare che un gruppo di potere prevalga sulla collettività).

In merito a quanto ho citato poco sopra, spero comprendi che quanto compare nel forum non è né rappresentativo, né tanto meno vincolante per il partito, quindi è piuttosto irrilevante che tu linki questa o quell’altra discussione sperando con ciò di far convergere verso la direzioni che ritieni corretta. Per facilitare la convergenza, ed eventualmente far venir fuori qualche “nodo al pettine”, lo possiamo fare con un meccanismo che ci permetta di fare domande all’Assemblea, almeno le risposte saranno sicuramente più rappresentative.

Ma non si può sempre votare senza sapere di cosa si sta votando. Finché qui si aprono nuovi thread a discutere le stesse cose io ricollego ai thread precedenti per permettere che un lettore critico si studi tutte le prospettive, poni domande, faccia proposte alternative o confermi dove il discorso razionale ci ha portato. Se ci sono punti di vista alternativi è giusto che si facciano sentire già in forum e non solo col voto negativo nel LQFB. Se ci sono più di una risposta valida ad un quesito è giusto adoperare LQFB per misurare i consensi… ma il forum serve a inquadrare i margini dello spettro delle scelte politiche attuabili, che non è la stessa cosa del misurare i consensi all’interno di tale spettro.

Non ci ho mai messo bocca in questa discussione (fino ad oggi) per 2 motivi: 1, non mi ritengo all’altezza. 2, trovo che l’intero approccio al problema non tenga conto di un fattore fondamentale (che a me -avendo fatto studi storici- sembra naturale): i territori e le popolazioni che vi abitano sono il risultato della storia, della cultura e delle tradizioni del posto. Ciò che funziona in Germania non è detto funzioni in Bangladesh, e viceversa. Max Weber ad esempio secondo me ci ha preso in pieno quando ha teorizzato che il capitalismo si è sviluppato meglio nei paesi protestanti (L’etica protestante e lo spirito del capitalismo). Venendo a noi e al concreto: se davvero ti interessa capire un popolo e proporre qualcosa che funzioni per quello specifico popolo, dovresti fare come fece Banfield: prima si osservano i comportamenti, e dopo si elabora una teoria. [nell’occasione ribadisco l’invito a leggere il libro, o -se proprio è impossibile- almeno questo ottimo riassunto]. Banfield ci spiegò che siamo familisti amorali, ma non fece alcuna anlisi storica del perché lo fossimo. Quest’ultima operazione l’hanno invece fatta due accademici contemporanei, nel pdf allegato. Stefano Berni Jacopo Berti.pdf (131.2 KB)

Ora, LQFB e la democrazia liquida non possono IMHO fare alcunché per stroncare certi fenomeni. Nel '64 un altro studioso americano, Joseph LaPalombara, nel saggio “Clientela e parentela” scriveva:

Soprattutto in questa parte del Paese [il Sud] è necessario superare la facciata formale per chiedersi quale ruolo svolgono nel processo politico la famiglia, i doveri dell’amicizia, i legami col proprio paese e regione o col proprio gruppo religioso. (…) I dati dell’impiego del voto preferenziale nel Sud dimostrano che qui è adoperato molto più frequentemente che nel Nord. Il meridionale vota particolaristicamente per l’uomo -il notabile della cui clientela fa parte- mentre il settentrionale vota per il partito politico come tale. (…) Qualche anno fa mi è capitato di parlare con un napoletano che era andato a Roma per far aumentare la sua pensione militare, e che si era imbattuto nell’indifferenza assolutamente frustrante della burocrazia romana. Senza scomporsi mi assicurò che tutto sarebbe andato a posto perché, tramite il suo deputato, stava inoltrando la sua petizione personale e la sua fotografia al presidente del consiglio De Gasperi, proprio come si sarebbe fatto con il re, egli disse, e come si sarebbe fatto se si fosse voluto ottenere giustizia dal padrone locale.

Ora, la domanda è: in che modo LQFB e la democrazia liquida possono fare qualcosa contro questa mentalità? Vogliamo scommettere che se esistesse un liquidone nazionale italiano, al Sud (e anche nel Nord eh) comparirebbero dei collezionisti di deleghe? (a meno che tu non voglia limitare il numero delle deleghe come regola).

Anche qui, si vede che l’autore è di mentalità anglosassone. Parte dal presupposto che l’unico problema nella scelta dei delegati sia la razionalità, ma non presuppone mai che uno possa scegliere un delegato perché quel tizio gli garantisce i suoi particolari interessi. E invece è proprio questo il problema degli italiani nelle urne: adottano la regola del familismo amorale (massimizzare l vantaggi materiali e immediati, presupponendo che gli altri facciano altrettanto) e votano per quel partito o candidato che garantisca loro il massimo tornaconto immediato. Voto Antonio perché ha detto che mi fa assumere nell’azienda di trasporti, o voto Salvo perché mi arriva il condono e non mi butta giù la villetta abusiva. Da questo punto di vista, la democrazia diretta sarebbe più efficace: eliminando gli intermediari, è l’assemblea intera che si esprime su un determinato tema. Nel caso delle ville abusive: a meno che il 51% dei votanti non sia proprietario di una villa abusiva, in teoria dorvebbe vincere il “sì, abbattiamole” in un eventuale referendum.

Ehi, grazie che ti fai avanti ad esprimere la tua critica. Il ragionamento che fai io l’ho tralasciato, consciamente, e ti dirò perché: I fattori culturali possono far sì che la gente sia più predisposta a partecipare o meno ad un metodo come lo stiamo sviluppando, ma il metodo stesso non mi pare si possa adeguare… sarebbe come dire in Brezistan non accettano la separazione dei poteri, perciò li ci facciamo una democrazia senza apparato giuridico. No, scusa. La democrazia o la fai o non la fai. Il discorso che si vorrebbe lavorare sul fondamento culturale di una specifica popolazione per renderla capace e volonterosa di utilizzare certi metodi è un discorso assai valido, ma mi pare un discorso diverso. Che senso avrebbe buttare al fosso gli ideali pirata solamente per andare a genio alla gente? Bisogna comunicarli piuttosto tenendo conto delle specificità culturali… e in questo sarei felice se tu fossi l’esperto come da tempo lo sei.

Questo è il punto che invece ti chiederei di dettagliare. In quale modo credi che certi fenomeni sarebbero in grado di danneggiare il metodo qui discusso per una razionalità collettiva? Ma magari i dettagli son già questi:

Certamente, ma sarebbe veramente così grave?

  1. Se i collezionisti esigono la delega dai loro vicini, dovranno esigere anche che facciano la necessaria partecipazione mensile per non lasciare che tale delega decada.
  2. Di conseguenza, o la delega decade, o i vicini sono ogni volta tentati di decidere qualcosa di propria scelta… appena fanno il login, tutte quelle votazioni in corso… potrebbero essere alettanti!
  3. E comunque sempre il rischio di essere beccati per delega truffaldina… anche perché con la democrazia liquida questi network di compravendita mafiosa diventano… trasparenti!
  4. Anche i collezionisti poi possono vendere il loro prezioso voto al miglior offerente, come fanno nell’attuale democrazia mafiosa… ma anche loro dovranno resistere alla tentazione di cliccare il voto loro stessi.
  5. Dato che la democrazia liquida non è perfezione, ma meramente una democrazia meno peggiore di quella esistente, il fatto che aumenta la trasparenza e la tentazione di partecipare in proprio sono un miglioramento dello status quo.
  6. Se poi il metodo collettivo razionale trasmette l’idea che la votazione in corso ha un vero senso e significato per la propria vita (in quanto orientato a questioni concrete, discusse in modo serio e scientifico) e non si tratta delle solite elezioni del capo che avrà il potere di intascare i denari pubblici, le motivazioni di votare i propri interessi piuttosto che di vendere il proprio voto crescono.
  7. Anche se la democrazia liquida poi di fatto dovesse muoversi tra mille collezionisti di deleghe piuttosto che da 50.000 cittadini, sarebbe comunque assai più democratico che nell’attuale modello dove un sindaco fa da se.

In pratica vedo solo vantaggi a passare al nostro metodo!

Beh, presumo che questa sia la ragione più ovvia per delegare, e perciò sia considerata una ragione razionale piuttosto che quelle elencate come irrazionali.

Possono anche farlo, ma si accorgeranno che con la democrazia liquida avrebbero un tornaconto migliore nel decidere le singole questioni politiche piuttosto — semplicemente facendo periodicamente il login, dato che sono costretti a farlo se la delega deve restare attiva. In passato questa scelta non ce l’avevano, perciò era normale stare al gioco amorale… l’introduzione del nuovo paradigma politico stronca le vecchie culture malvagie. Non a caso il M5S siciliano scelse di sviluppare il programma in LQFB — con tanto di nomi e facce in chiaro. È stato il modo per disinnescare il meccanismo mafioso.

Beh, qui c’è da domandarsi se le strutture governative di stampo corrompibile avrebbero un futuro in una governance liquida — intanto però la democrazia liquida non crea ulteriore corruzione, apre solo portoni per combatterla — perciò mi pare da raccomandare anche in questi scenari.

Beh, allora lo sarebbe anche allo stato odierno contro la democrazia rappresentativa, giusto? Ma come facciamo in questo caso per aumentare la razionalità delle decisioni se la democrazia diretta ha i suoi punti deboli nella manipolazione demagogica? Dovessi riuscire ad indurre un referendum (probabilmente ti servirebbe prima la democrazia liquida per ottenere una maggioranza per indurre il referendum ;)), ti serviranno comunque strumenti resistenti ai trucchi psicologici e demagogici per ottenere un risultato veramente democratico — ecco che ti serve la roba che discutiamo in questo thread.

Questo credo non sarebbe un grosso problema. Loggarsi una volta al mese non è così faticoso, e se c’è la prospettiva di ottenere vantaggi materiali, anche il più pigro al mondo si attiva.

Eh, ma come fai a stabilire quando una delega è truffaldina e quando non lo è? A meno che tu non faccia un’intercettazione ambientale e ottieni l’audio di Tizio che dice a Caio “Se mi deleghi ti do 50€”, è impossibile stabilire se la delega è sincera o se è frutto di accordi sottobanco. Sì, con LQFB avresti chiara la mappa dei Signori della delega: e allora? Già oggi si sa benissimo chi sono i RAS del voto locale.

Magari fosse così semplice. E’ la trama de Il Gattopardo. Immagino che un discorso analogo sia stato fatto molte altre volte, nella storia; quando l’Italia è diventata una democrazia, ad esempio, col suffragio universale (“Ora le persone possono votare, e il voto è segreto: prima questa possibilità non l’avevano, vedrai che ora voteranno i loro rappresentanti onesti e bye-bye mafia”. Sì, come no). E’ proprio -ribadisco- una questione di mentalità, sedimentata da generazioni, e difficilissima da scalzare: per risolvere i propri problemi personali non ci si rivolge allo Stato (che è visto come un corpo estraneo), ma all’uomo d’onore locale. Manca proprio il senso civico (anche qui, principalmente per ragioni storiche, ma non è qui il luogo per approfondirle) Quando dici che “avrebbero un tornaconto migliore nel decidere le singole questioni”, beh, provaci te a convincere un picciotto di Gioia Tauro che i 50€ sono nulla in confronto alla “partecipazione democratica”.

Ah. Questa non la sapevo. Ad ogni modo, il programma del M5S in Sicilia è questa roba qui

Infatti per questo ho linkato il discorso del Cammellaggio, nello specifico intendo la mia proposta alla partecipazione fisica obbligatoria. Ora comprendi perché me la sono inventata. Perché lo scenario tuo me lo sono studiato nel 2012, dato che stavamo osservando dei fenomeni tali.

Non trasparente a tal punto — troppo facile!! — no dico che si vede la delega mentre nel caso della scheda ballerina al massimo noti il colore del pennarello.

È allora il partito è capace di studiarsi un miglioramento dei regolamenti…

Beh, questa volta non si vota la gente ma le questioni politiche stesse… perciò è legittimo immaginare che il Gattopardo non si ripeterà con la stessa facilità. Se vuoi dare delle controprove empiriche, prego. In ogni caso non c’è d’aspettarsi un peggioramento della situazione, perciò la promessa della democrazia liquida è comunque mantenuta: la democrazia meno peggio.

Presumo che cinque anni dopo è tutto un altro discorso… gli interessi dall’alto avranno stroncato la democrazia interna del M5S siciliano da mo…

How can groups make good decisions?

Pluralismo di idee e profondità del dibattito sono le due caratteristiche individuate da Sigman. La sua proposta è quella di cercare un consensus in piccolissimi gruppi, e poi ogni gruppo esprime un voto. Siamo sempre lì, tra vilfredo e liquid feedback :wink:

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Mi pare una ricetta antica… essenzialmente i tavoli di lavoro… si cerca un consenso… ma quando porti il consenso all’assemblea ci votano sopra come se tu ci avessi ragionato per 5 minuti… per non parlare degli effetti di influenzamento attraverso il referente eletto…

Voglio finalmente provare il consenso in liquid feedback per vedere se tutte queste mezze misure si possono evitare!

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Ad essere sincero non c’ho capito molto della discussione :smiley:, comunque la delega liquida serve a questo, quando non sai una cosa la deleghi a chi ne sa più di te. Se ti accorgi che non ne sa abbastanza, sposti la delega su qualcun altro.

Il problema che si presenta è: sono in grado di accorgermene visto che a mia volta non ne so abbastanza?

Sarà sempre meglio della delega data una volta per tutte, che poi i politici ci fanno quel che vogliono. Almeno con la delega liquida se vedi che uno si comporta proprio disonestamente puoi levargli la delega.

Girando, ho trovato questo flowchart di Argument-checking:

nel caso possa essere d’ispirazione nel discutere nuove implementazioni strutturali a favore del dibattito razionale

fonte : https://byrdnick.com/archives/12654/evaluate-the-argument-with-one-flowchart

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e puoi farlo in automatico in fase di voto, praticamente voti diretto ed automaticamente la delega viene sottratta :smile:

In retrospettiva, dopo tentativi invani a chiarire la base dei dati di fatto, due lunghi dibattiti che nonostante gli approfondimenti non sono bastati ad arrivare ad un consenso… e col crescere del partito aumenta la probabilità che ciò non avvenga… e pende l’incudine della predisposizione a mettere in programma cose facili e comprensibili piuttosto che complesse ed elaborate… constato anche stavolta che un forum è assolutamente insufficiente a sviluppare policy. Non solo ci vogliono le misure che abbiamo discusso in questo thread per abilitare una razionalità collettiva, ci vogliono oltretutto anche i minimo mille iscritti per avere sufficienti competenze. Il partito però è attualmente in balia ad una idiocracy alimentata dalla voglia di fare il contrario di quello che dice lince, qualsiasi cosa essa sia, e di rimangiarsi cose che, ovviamente senza testimoni, udirono le mie orecchie… quando il futuro autore dello statuto creò l’alleanza più improbabile del partito pirata italiano, dicendo che in tutti questi anni, riguardo a convivenza ecc, avevo ragione. Al tempo non mi rendevo conto, che riscrivere lo Statuto non è un traguardo ma solo una tappa intermedia: non serve a nulla se nessuno si attiene. Addirittura gli operatori del sito che rimuovono il programma, frutto di anni di lavoro collaborativo… tolto semplicemente perché gli attivisti di allora si sono tirati indietro… e rimpiazzato con un programma europeo strampalato, scritto in fretta, parzialmente addirittura infetto da interessi lobbisti. Torno alla presa di coscienza che un partito che non provvede a garanzie di “stato di diritto” interne, dove il documento che rappresenta lo scopo primario del operato del partito, stando allo statuto, può essere rimosso dal sito semplicemente così… che non realizza strumenti di qualificazione della partecipazione, ha solo due alternative… diventare un partito dove in qualche modo da qualche parte regna un’oligarchia… oppure disintegrarsi nelle liti interne apertamente visibili al pubblico elettorale, almeno per quel corto periodo d’interesse dei media…

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Posso comprendere la tua frustrazione e mi dispiace veramente di esserne in qualche modo concausa.

Purtroppo non posso, in coscienza, darti ragione laddove vedo chiaramente (con gli strumenti culturali di cui dispongo) che c’è un problema in un tuo ragionamento. Non posso perché tengo ai temi su cui abbiamo dibattuto, perché condivido le preoccupazioni di fondo, e perché come hacker la considererei una mancanza di rispetto imperdonabile.

Il problema fondamentale del nostro dissenso sembra essere la base dei “dati di fatto” che non includono, secondo te, fondamentali principi di economia che conosco bene, pur non essendo un economista. Io sono molto aperto alle obbiezioni e ho apprezzato diversi link che mi hai fornito. E sono profondamente critico rispetto ad un postulato fondamentale dell’economia capitalista, la razionalità delle scelte economiche, che ha profonde implicazioni politiche. Ma i tuoi argomenti economici non mi sono apparsi per nulla convincenti. Visto che, immagino, tu diresti lo stesso dei miei, ho scelto di interrompere (temporaneamente) unilateralmente il confronto, per evitare (come talvolta succede) di cristallizzare le rispettive posizioni sulla base di un inconsapevole orgoglio personale.

Sia chiaro, a me non frega nulla del modo in cui appaio IRL, figurati online. Ma ho avuto più volte modo di osservare che, in certe situazioni, le persone tendono ad arroccarsi su posizioni insostenibili proprio perché incalzate con argomenti molto forti. Succede in informatica, ho pensato stesse succedendo anche qui.


Su tutto il resto… non so.

Non credo, in tutta franchezza, che un dibattito come il nostro possa essere dannoso per l’immagine del partito pirata. E non credo che dibattiti come questo debbano considerarsi come liti, per quanto appassionate siano le comunicazioni.

Immagino che parte della tua frustrazione possa ricondursi ad una sorta di ricambio generazionale che in un partito come questo può risultare più rapido e meno graduale. Laddove un partito è strutturato in modo gerarchico, la struttura determina una evoluzione più lenta che preserva sia l’identità del partito sia la struttura stessa. In un partito basato sulla democrazia liquida che pone veramente tutti gli iscritti sullo stesso piano, nessuna struttura può resistere alla volontà emergente e aggregata dei membri iscritti in un dato momento.

Da qui le contraddizioni che osservi.

In un partito normale, tu faresti parte della dirigenza storica, con il potere e la responsabilità che ciò comporta. Nel PP rimani un iscritto come un’altro, che un neo iscritto come me può contestare apertamente. Questo mismatch sicuramente ha un ruolo preponderante (seppure magari inconsapevole) in queste tue considerazioni.

Un altra parte importante del problema potrebbe essere la tua percezione del tuo ruolo nel partito. Di certo sei un utente attivo di questo forum. Di certo hai una grande esperienza storica di militanza qui. Ma ergerti a giudice della razionalità collettiva, non credo sia compatibile con una comunità che di fatto potrebbe persino abbandonare la democrazia liquida in qualsiasi momento se la ritenesse over engineered.

Non ho soluzioni da proporre, purtroppo.

Solo l’osservazione (che sorprende anche me) che un partito come questo non ha una vera identità definita. Uno statuto non è che un pezzo di carta. Ha valore fin tanto che i membri della comunità che descrive vi si riconoscono e lo rispettano per propria personale scelta.

Non alludevo a noi… stavo pensando ai comportamenti che si stanno manifestando nelle telegram chat “inufficiali” che stanno andando avanti rifiutando le regole dello statuto ma nelle quali però di fatto si sta svolgendo il lavoro quotidiano del partito…

In un partito basato sulla democrazia liquida che pone veramente tutti gli iscritti sullo stesso piano, nessuna struttura può resistere alla volontà emergente e aggregata dei membri iscritti in un dato momento.

Ed io sono solamente preoccupato che se non sviluppiamo metodi di razionalità collettiva, questa volontà emergente non ha la saggezza decisionale che potrebbe avere…

Questo mismatch sicuramente ha un ruolo preponderante (seppure magari inconsapevole) in queste tue considerazioni.

No, perché se fosse così ora non starei qui in forum ma piuttosto nelle telegram chat dove si decide tutto. Sono qui perché ho rifiutato un ruolo del genere, rifiuto di fare parte dell’oligarchizzazione di questo partito come avviene a tutti i partiti se non si impegnano a fare funzionare la partecipazione.

Sono solamente l’unico ad avere un’opinione articolata in materia. E lo faccio per evitare che il PP diventi un partito qualunque, con i capetti nello stanzino segreto.

Uno statuto non è che un pezzo di carta.

Sbagliatissimo. Dato che la gente viene e va, e che un partito non deve mai definirsi come seguace di una o due persone, i documenti sono l’unica cosa persistente alla quale ci si può aggrappare.

Ha valore fin tanto che i membri della comunità che descrive vi si riconoscono e lo rispettano per propria personale scelta.

E se non lo fanno bisogna rimuoverli dal partito, perché allora stanno abusando del simbolo e dell’imagine… anche se hanno questa o quest’altra convinzione politica in comune col partito.

Sposto questa parte del dibattito qui:

La soluzione non è tecnica bensì legale. Se una proposta si basa su qualcosa che il partito rifiuta, non è votabile. Per realizzare ciò basta che un lettore attento si rivolga al Gruppo Integrità. Per stabilire che il partito rifiuti qualcosa deve essere d’accordo su ciò. Tu ti sei offeso all’idea che si “voti” di una cosa del genere mentre il concetto di consenso scientifico dovrebbe essere cosa diversa ovvero il consenso di tutti coloro che hanno pubblicato un paper specificamente nell’area di ricerca apposita. Noi non siamo nella posizione di sfornare consensi scientifici, ma ci serve legalmente la capacità di definire cosa è e non è consenso scientifico, perché l’alternativa sarebbe di dare al Gruppo Integrità il potere e la responsabilità di determinare cosa è consenso scientifico e cosa non.

In pratica per sottoporre le scelte politiche all’evidenza scientifica ci serve una specie di commissione scientifica e per evitare che sia l’ennesimo luogo capace di manipolare la realtà politica voglio evitare che sia una commissione di rappresentanti e piuttosto far sì che sia un’area in liquid feedback, sottoposta alla democrazia liquida.

Solo in questo modo il compito del GI diventa triviale, capace di dire che una proposta a favore del terrapiattismo non è legale perché abbiamo dimostrato scientificamente che per avere gravità ci vuole un centro di gravità che implica che il pianeta deve essere sferico. Ora questo è un esempio abbastanza ovvio, ma la questione diventa importante quando si parla degli effetti collaterali del Diesel o del nucleare, dove le opinioni popolari possono facilmente essere ben distanti dai dati scientifici. Se vogliamo eliminare che si faccia populismo su queste cose, è potente potere eliminare le proposte fasulle sulla base della loro mancata scientificità.