I Pirati potremo contarli a Gennaio 2020. Il loro numero credo che dipenderà fortemente dall’identità che il Partito Pirata avrà deciso di darsi.
Secondo questo approccio però, le ore che ciascuno potrà dedicare sono sufficienti per definizione. Se non ci sono ore da dedicare alla Politica… non ci sono ore da dedicare alla Politica. E’ inutile rinfacciare a chi non può che dovrebbe fare di più. O sminuire chi fa meno facendo sfoggio di quanto si è fatto. “Non sappia la tua destra ciò che fa la tua sinistra” diceva un hacker più in gamba di me.
Siamo un partito piccolo e secondo questa impostazione, non abbiamo fretta. Perché vogliamo costruire un qualcosa dal basso, con fondamenta solide. Non abbiamo bisogno di vincere elezioni per fare qualcosa di utile. Possiamo iniziare subito. E non essendoci alcuna possibilità di carriera nel partito, non ha neanche senso strafare.
L’idea di un registro pubblico delle attività svolte ha lo scopo di permettere a tutti di monitorare i progressi collettivi e quello di rendere non necessaria tale sfoggio di grandezza. In momenti come questi, in cui siamo 4 gatti, l’attivismo è importante. Ma nel lungo periodo, il contributo di ciascun pirata sarà infimo in confronto a quello di tutti gli altri pirati insieme. Noi dobbiamo pensare come comunità che progredisce insieme.
La mia speranza è che l’autonomia assoluta e la natura pratica delle attività attirino gente volenterosa.
Io conosco diverse persone pronte ad insegnare, per esempio. E poi a volte basta un po’ di spirito critico per notare (e successivamente denunciare) un problema informatico che sarebbe facilmente risolvibile.
Una delle chiavi del possibile successo di questa metodologia è il fatto che i Pirati operino per le Comunità cui appartengono, senza bisogno di permesso e liberamente. E il partito li aiuta. Politica nel più nobile dei suoi significati.
Scusami, ma davvero non mi è chiara la domanda. Cosa intendi per processi prioritari? Prioritari rispetto a cosa?
La prima cosa da fare è realizzare un registro delle attività intraprese localmente. E’ questo che chiedevi?
Non si tratta di mitizzarla, ma di scoprire cosa sia davvero e sfruttarla in tutto il suo potenziale.
Badate bene, anche se noi non ne diffondiamo la comprensione, l’Informatica si mangia il mondo comunque! I prodotti tecnologici non spariranno.
Regolamentarli spesso è inutile: vai a verificare che una certa informazione personale è stata rimossa da Google! E chi scrive le norme è spesso ignorante in materia e si affida ad “esperti”, profondamente di parte. Quindi l’unico modo per proteggere le persone è metterle in condizione di difendere se stesse.
Se tutti sapessero programmare, la qualità del software salirebbe alle stelle, perché la gente pretenderebbe di più dal software professionale. Ed il software libero di qualità (ovvero semplice e componibile) avrebbe milioni e milioni di sviluppatori in più.
Inoltre l’effetto culturale della programmazione è profondo. Per programmare devi leggere con attenzione, un’abitudine che non perdi quando si tratta di un quotidiano.
A livello sociale, l’Informatica permette l’incontro con persone diverse. E facilita il dialogo. Comprendere come progettare un protocollo di comunicazione implica comprendere che, affinché due entità comunichino, devono entrambe volerlo e così via… In un ottica di lungo periodo, gli iscritti che terranno i corsi impareranno molto sulla propria comunità e potranno cercare soluzioni razionali ai suoi problemi, usando (dove appropriato) anche gli strumenti intellettuali e tecnici che il Partito Pirata gli ha fornito. E così via…