Filosofia della Democrazia Razionale Collettiva

@briganzia Ah, ah. Si. Sono circondato da sociologi ed ogni volta scopro che per loro la nostra prassi di quello che da anni studiano è di altissimo interesse. Potrebbe essere che prossimamente darò una presentazione di LQFB abbinato allo statuto PP-IT all’istituto di sociologia dell’università di Berlino. Non è una balla che siamo all’avanguardia sociologica del realizzabile.

@silvan, mi hai ricordato che volevo postare l’idea di togliere il voto negativo dal software… una mossa che mi pare in linea con il pensiero Habermassiano. Per il resto l’incarnazione di queste idee è una questione più strutturale che tecnica:

Ho pensato che si potrebbe introdurre una policy per stabilire “dati intersoggettivi” – cioè cose sulle quali siamo d’accordo come dati di fatto anche se una prova razionale oggettiva ed assoluta è impossibile. La crisi ambientale, il divario della richezza o banalmente il fatto che il pianeta non è piano. Ma anche l’evaluazione di cosa è o non è bufala (#FakeNews) rientra in questo genere di “votazione”. A questo scopo utilizzerei forse la policy del “consenso a 90%” che avevo proposto anni orsono.

L’utilità di queste asserzioni di intersoggettività sarebbe nella implicita estensione del compito giudiziario del Gruppo di Integrità di fare rispettare che le proposte in ballo siano in regola con le premesse fondamentali – cioè permette al GdI di bocciare popperisticamente le proposte che si fondano su asserzioni sbagliate.

Posizionando la ricerca della verità (intersoggettiva) nella concordanza tra potere legislativo (AP) e giudicativo (GdI). Anzi, di fatto ci sta anche il potere esecutivo in forma dei configuratori che poi dovrebbero di fatto eliminare la proposta – abbiamo democratizzato il concetto giustamente da bocciare del “Ministero della Verità” che Orwell alloca al 100% nel potere del governo despota.

Inoltre, togliendo al membro di assemblea il peso di dovere discernere le proposte attuabili dalle bufale mi pare che eliminiamo la fonte di alcune distorsioni cognitive… se l’opinione “bufala” che vorresti confermare non c’è in quanto già eliminata come bufala, non ti resta altra scelta che di approfondire la questione e ricostruire la tua opinione. Se l’effetto Dunning-Kruger ti fa pensare che hai già capito tutto, ma quello che pensi di avere capito è già proposta bocciata, non ti resta altra scelta che di ripartire da zero. Chi si fa l’opinione durante il processo LQFB piuttosto di avercela già da mo è cognitivamente più capace di contribuire in modo costruttivo e “giusto” (sempre intersoggettivamente parlando).

Per me i “dati intersoggettivi” non sono fatti assoluti, se escono studi scientifici per i quali si scopre che il pianeta non è sferico va bene di aggiornare la nostra asserzione di quanto riteniamo un dato della realtà. Ma nel frattempo con quelli sui quali concordiamo si può lavorare. Del resto la comunità scientifica usa essa stessa un approccio intersoggettivo, ma soffre del fatto che non è formalizzato (appunto con una votazione in uno strumento di democrazia liquida) e perciò più facilmente succube di corruzioni lobbistiche. Nel pluralismo della rete, lo scienziato che proclama che il collasso climatico non è causato dall’uomo si sente mille volte più forte dei 99% che concordano che è tutta colpa nostra.

Si, fratello… voglio volare alto. Vedo il potenziale di sviluppare un metodo democratico che metta i paletti razionali al pluralismo– in questo modo liberandolo dalle distorsioni. Sto parlando di un empowerment del pluralismo democratico attraverso la sistematica ammissione della nostra fallibilità cognitiva. La importantissima libertà di espressione arricchita con un nuovo grado di trasparenza: la capacità sociale e perciò esecutiva/giuridica di distinguere una espressione bufala da una espressione politica.

Questa è la mia risposta al Trumpismo, alla AfD, al front national, al M5S, ma anche ai partiti tradizionali che spesso peccano e hanno peccato di “populismo” in senso demagogico. La balla riguardo all’inevitabilità della globalizzazione faccia da esempio. La Merkel direbbe “alternativlos” – senza alternative, innalzando la propria incapacità di vedere alternative a legge universale.

Magari nel piccolo PP-IT i dati intersoggettivi non sono neanche necessari– siamo in pochi e chi è rimasto è piuttosto ragionato– perciò nel PP sarebbe una policy raramente utilizzata… una specie di salvagente in caso che ci assalga un migliaio di nuovi iscritti dal background demagogico. In tal caso i ragionevoli tra noi dovrebbe fare uso della prassi 68ina della decostruzione delle loro proposte demagogiche e costringerli a posizionarsi sui dati che gli stanno alla base – se poi ammettono la scorrettezza di certe premesse, si potrebbe creare la costellazione di dati tali da obbligare il GdI a fare saltare le proposta demagogica iniziale. Necessario a ciò è solamente che i consensi intersoggettivi si completino in tempi molto più celeri delle mozioni politiche stesse.

Ma immagina se uno strumentario del genere fosse in uso nel M5S o nel partito repubblicano d’America. Immagina quanta gente che in piena sincerità ed onestà crede a bufale di portata epocale, adatte a portare l’umanità alla rovina certa, se gli fosse –sì– data l’opzione di partecipare quotidianamente in politica con la democrazia liquida, ma nel farlo non avesse più l’opzione di seguire la via della bufalotta. Forse si otterrebbe un obbligo all’intelligenza collettiva…

Con un metodo del genere si sarebbe potuti decostruire anche Hitler e Göbbels – in tal caso la premessa da fare saltare avrebbe potuto essere che gli ebrei detengano il potere finanziario del mondo in quanto l’assegnamento alla religione è fallacio, oppure sarebbe stata una premessa etica: che la popolazione ebrea sia da sterminare – per quanto fossero profondamente razzisti i tedeschi di quel periodo, non avrebbero acconsentito alla sterminazione di esseri umani.

Immagina se una cosa del genere funzionasse talmente bene da trovare applicazione nei parlamenti, o nelle nazioni unite… sarebbe la fine per la corruzione, per il lobbismo, per l’autolesionismo mondiale del genere umano…

Ao, mo so’ decollato pe’ davvero.

3 Mi Piace

Parlando con @dodeska mi è venuto in mente un esempio molto plastico di cosa implica aggiungere i ‘dati intersoggettivi’ all’arsenale dell’AP:

Immaginiamo ci fosse fra noi uno che scrive una proposta “Noi stiamo con Trump”– aprirebbe un dibattito lungo e spinoso sulle “qualità” del personaggio e le sue espressioni. Se in quella situazione si facesse una rapida evaluazione di un consenso partitico riguardo alla antropogenità del riscaldamento globale, il GdI avrebbe potere ed obbligo di bocciare la proposta demagogica “Noi stiamo con Trump” e chiedere che si faccia di fatto una decostruzione dei piani politici di Trump per arrivare a conclusioni specifiche e dettagliate sui temi piuttosto che sulla persona.

Sicuramente basterebbe inserire l’antropogenità del riscaldamento globale nel manifesto o in una qualsiasi mozione politica, ma 1. ci sta male in quanto la mera asserzione di un dato non è espressione politica e ci costringerebbe di espandere l’asserzione con una mozione 2. la procedura è assai più farriginosa di una policy dedicata ad asserire rapidamente le cose sulle quali concordiamo…

Spero che l’esempio non sia calzante, perché porterebbe a non prendere mai una posizione attiva, dato che ci sarebbe sempre un particolare, anche importante, che non è in accordo con il “comune sentire”. Alla fine le posizioni sarebbero “Né con Trump né con Clinton”

1 Mi Piace

Il GdI comunque richiederebbe che le incongruenze con programma e manifesto vengano esplicitate in un modo da rendere la proposta compatibile… tipo stiamo con la Clinton per questa tornata elettorale nonostante il suo sostegno ai servizi di sorveglianza per ragioni strategiche causate dal malato sistema elettorale antidemocratico degli stati uniti…

Ho spostato un messaggio in un argomento esistente: Patch LQFB: Rimuoviamo il voto negativo?

La democrazia rappresentativa abbiamo visto storicamente che soffre tantissimo il problema della corruzione. La democrazia diretta è una forma troppo ingenua e con elevato rischio demagogico. La democrazia liquida è una via di mezzo tra le due, dove si dovrebbe delegare a qualche persona di fiducia decisioni su argomenti in cui si percepisce di non avere sufficiente competenza. Però, questa ‘percezione’ sappiamo che può essere gonfiata, mal riposta e potrebbe la democrazia liquida sfociare comunque nei problemi della democrazia diretta (forse la Germania è un esempio di questo per i pirati).

Quindi la democrazia liquida razionale mi sembra una posizione indispensabile per fare realmente un “passo avanti”. Si tratta di concepire procedure per garantire la ragionevolezza delle iniziative, delle proposte, delle discussioni e via dicendo.

2 Mi Piace

Magari per dotarci dell’aggettivo “razionale” ci manca solo un Comitato scientifico. I membri devono preferibilmente avere qualche titolo idoneo per svolgere questo ruolo, magari si potrebbe concepire una graduatoria, e sono eletti dall’Assemblea tra i primi 50 o 100 in graduatoria. Si può anche chiedere tramite l’Assemblea la rimozione di uno o più di loro e appellarsi al Collegio Arbitrale in caso si sospetta che non venga svolto un lavoro corretto o competente.

Credo che questo ci farebbe fare il salto di qualità cruciale. Ci mancano solo le persone…

Si, stai citando l’Effetto Dunning-Kruger che nel PP-DE ha colpito molti votanti dell’ultimo minuto, ragione per la quale vorrei strutturare le policy di LQFB in modo tale che la votazione finale sia meno influente. Del PP-DE posso dire che le idee politiche sfornate da migliaia di persone erano di qualità a volte veramente impressionante, ma gli esiti del voto finale a volte non azzeccavano, per motivi di bias cognitivo presumo. Purtroppo questo è un mio dato soggettivo in quanto non mi sono ancora incarnato in veste oggettiva.

Come dissi prima, ritengo che l’assemblea stessa sia in grado di farsi da comitato scientifico se la dotiamo di policy adatta… e poi al Gruppo Integrità spetta un compito molto meno arduo: invece di constatare cosa è vero o scientifico devono solamente constatare la coerenza legale delle proposte assembleari.

Volendo si può creare una area apposita chiamata “Comitato Scientifico” nella quale esistono solo le policy di carattere intersoggettivo. Chiunque può decidere di parteciparci. D’altro canto ritengo sbagliato che contro l’ideale degli sviluppatori di LQFB abbiamo abolito le aree tematiche e i dibattiti scientifici sarebbero da svolgersi nelle apposite aree tematiche.

D’accordo, si potrebbe fare una prova di Comitato scientifico (liquido?) basato su LQFB dove si decidono quali fatti considerare fondati e ritenerli veri “fino a prova contraria” (che preciso è un modo di dire, dato che una singola anomalia può non bastare a buttar via un fatto precedentemente affermato, servono valutazioni un po’ più ampie non di rado).

Si voterebbero solo fatti ed eventualmente giudizi su fonti - singolarmente - in modo da rendere tutto più semplice e libero da interpretazioni, dall’ “uso” di questi fatti, ecc. Il risultato sarebbe un database di fatti, con parole chiave dedicate all’argomento specifico (pannelli solari, PIL, Linux…); parole chiave dedicate alla tematica generale (energia, economia, informatica); la data di consenso; la data storica del fatto stesso (facoltativo); e ovviamente un campo testuale per descrivere il fatto accreditato. Le parole chiave servono poi per fare ricerche veloci.

Un’iniziativa deve essere compatibile con i fatti approvati (ma questo vincolo si può aggiungere in seguito, se si riesce a costruire un buon database di fatti condivisi), ed ovviamente su quel che ci interessa, non su tutto lo scibile umano. Il controllo lo dovrebbe fare il Gruppo di Integrità.

Mi chiedo però, se il Comitato scientifico è “liquido”, già le singole iniziative ricevono il controllo dalla base durante l’approvazione. L’unica utilità è scindere il problema dell’approvazione di un singolo fatto da articolate iniziative che quando vengono presentate hanno un carico più alto di aspettative / desideri / interpretazioni preferite, ecc. Vale la pena scindere il consenso fattuale (fatto per fatto) dal consenso di azione (basata su più fatti)? Può darsi di sì, anche se ancora non abbiamo avuto problemi di iniziative approvate e infondate, forse affidare PdL e programma a LQFB è sufficientemente sicuro di per sé? Come mai in Germania c’è stata la spaccatura del PP e molte proposte ingenue? (almeno da una delle due parti).

Anche nel PP-IT abbiamo avuto casi di (contro)proposte “populiste”, che hanno affondato proposte legittime in critica alarmistica falsa… al giorno d’oggi forse il GI o gli RdC avrebbero potuto intervenire, che al tempo appunto non esistevano ancora. Perciò rispondo con un nì. Può darsi che con gli RdC e il GI siamo già consolidati – ma in tal caso l’uso della policy intersoggettiva semplicemente perderebbe d’interesse. Può restare comunque come salvagente in caso di grave deriva demagogica.

Non ti capisco, ma presumo che mi sono spiegato male. Il sistema dei quorum e dei suggerimenti ha prodotto proposte di qualità veramente eccellenti, ma una certa percentuale di pirati passava in liquid solo per partecipare al voto finale– perciò in quella occasione sorvolavano la prima proposta, forse anche la seconda, e da lì esprimevano un giudizio. Secondo me la percentuale di quanti giudicavano affrettatamente era un pochino altuccia, ed in quel momento erano succubi degli stessi problemi cognitivi che conosciamo dei metodi di democrazia diretta. Credo che in linea di massima gli esiti erano buoni lo stesso, ma un obbligo alla partecipazione al dibattito può solo migliorare la competenza del voto finale.

Questo è un problema non da poco, se dovessimo mai essere veramente numerosi (es. 10.000), oltre certi numeri il dialogo diventa impossibile, viene condotto per lo più per “gruppi” o “fazioni” e se c’è precipitosità nel leggere il voto, l’unica cosa che salva è che le proposte da scegliere sono tutte comunque ragionevoli e quindi un Comitato scientifico, degli RdC anche su LQFB, il GdI sono tutte misure necessarie che non possono certo rimanere “pigre”.

1 Mi Piace

Il documento di ricerca sul voto segreto dimostra come anche una intuizione collettiva può essere sbagliata nei fatti, e perciò non basta essere d’accordo per fare le scelte giuste, bisogna comunque impegnarsi ad educarsi sugli errori già commessi in passato… ovunque non siamo all’avanguardia, c’è scienza!

1 Mi Piace

Dal dibattito in limitare l’irrazionalità della democrazia diretta mi salvo questo pensierino:

(versione audio originale tedesca)

Con riguardo a Schopenhauer ed Einstein, vorrei sviluppare una tecnologia sociale capace di ricreare il vero libero arbitrio, la capacità dell’umanità di volere quello che vuole, e smettere di volere quello che crede di volere.

A lince, dobbiamo iniziare a preoccuparci?

3 Mi Piace

Sei così scrupoloso nel valutare le ingerenze delle aziende e dei servizi segreti verso la sfera privata individuale, giustamente per i risvolti sulla facilità di manipolare l’opinione pubblica e prevedere le reazioni delle masse… e non puoi dunque pensare di interferire sul volere dei singoli, soprattutto sulla base dei concetti che hai usato.

Il libero arbitrio logicamente è un paradosso e quindi non si sa mai bene cosa intendere con un concetto tanto problematico. Ci sono diversi modi di concepire il libero arbitrio, uno molto frequente è lasciare che una persona segua i propri desideri senza che minacce od ostacoli lo blocchino. Un altro più lungimirante, dai tempi di Spinoza, è che la conoscenza sugli effetti delle proprie scelte sia ben chiara, altrimenti non si sa cosa si sta scegliendo. Questa versione in mano alla politica, in particolare quella di sinistra, si è ulteriormente arricchita di un ipotetico ‘bene’ che per scarse conoscenze il popolo ignora, ma i politici conoscono e quindi devono guidare lungo quella strada… Posizione molto pericolosa, soprattutto perché c’è un altro concetto: il bene, inteso come il fine di un essere umano.

Se c’è una cosa che veramente vogliamo e non lo sappiamo, è chiaro che è implicito un concetto di bene di fondo, ma su quale esso sia o debba essere, c’è una profonda e soggettiva varietà di visioni. Qui bisogna lasciare libertà.

Il massimo che si può fare è offrire conoscenza, ma meglio dire di fare esattamente questo, piuttosto che impelagarsi in questioni contorte ed anche politicamente pericolose.

1 Mi Piace

Infatti non è quanto intendo. Io sto sempre e solo parlando di metodi e strumenti utilizzati per fare in modo che gli esseri umani arrivino alle giuste conclusioni… sto solamente dicendo che la nostra ricerca non finisce con la scoperta della democrazia liquida.

Vabbeh… allora me sto zitto.

Abbiamo già molte cose un po’ complesse da dover comunicare. In merito alla conoscenza, diciamo che desideriamo diffonderla e renderla di pubblico dominio, riformando la legge sul copyright (senza togliere uno spazio al mercato per coprire gli investimenti e guadagnare, ma limitandolo) e solo con la conoscenza gli esseri umani possono compiere scelte mature, più adatte alla loro specie, senza essere sviati da falsità, credenze popolari dannose, organizzazioni settarie che vogliono controllare la visione del mondo degli esseri umani per secondi scopi (denaro, controllo sociale, megalomaie). La conoscenza si può offrire, poi è responsabilità degli individui trovare il coraggio di ascoltare e riflettere.

1 Mi Piace

Giusto, ma a mio avviso insufficiente. Lo studio della natura umana ci ha insegnato che ci vogliono motivazioni per animare l’homo sapiens ad educarsi prima di opinare. La Rete è piena zeppa di conoscenza, nonostante elsevier ed altri banditi, eppure la stramaggioranza di contributi scritti da parte di individui sono opinioni che non sono passate prima per l’educazione. Perciò lo sviluppo dei metodi per una razionalità collettiva migliore è più importante del mero knowledge sharing.

Inoltre, riformare il copyright necessita essere in qualche modo al potere– e per arrivarci dobbiamo essere eleggibili ed organizzati in modo affiatato e civile. Perciò al copyright si prepone la convivenza. Senza questi metodi che abbiamo sviluppato negli ultimi difficili cinque anni ho i miei dubbi che si possa competere con la vecchia politica senza diventare politica vecchia se stessi (PLP, Podemos, Syriza, M5S, od uno dei vari fork verticistici…).

Ecco IMHO il punto debole del pensiero: l’assunzione un po’ assiomatica che il concetto di responsabilità funzioni in questa situazione. Secondo me “responsabilità” funziona in determinate circostanze ed in altre no. In democrazia rappresentativa molto spesso non funziona. In democrazia diretta ancora di meno. L’AfD ha utilizzato DD in estremis, producendo un programma politico che raccoglieva tutti i pregiudizi più popolari– omofobia, razzismo, dubbi sull’antropogeinità del cambiamento climatico– e ne vanno fieri, credendosi i veri democratici alla faccia degli altri. Anche in LQFB, la responsabilità non si manifesta automaticamente, ma dato che devi convincere altri per vincere ci sta una motivazione ad educarsi. Aggiungendo paletti aumentiamo tale motivazione.

In DD, ognuno clicca quel che gli piace e non ci fa una figuraccia a cliccare male– perciò per pigrizia non si educa e clicca male. In DR dipende se il rappresentante si sente veramente sotto controllo del proprio elettorato. Dato che l’elettorato facilmente si scandalizza per qualsiasi opzione che l’eletto scelga (anche quando sceglie quella condivisa dalla maggioranza ci sarà sempre una minoranza incazzata che non si rende conto di essere una minoranza e di sbagliarsi), tanto vale decidere d’opinione propria. Perciò a lungo andare anche in DR non c’è obbligo all’educazione responsabile, sia per ragioni sociali che per ragioni pratiche di tempo materiale. Solo nella democrazia liquida vedo un potenziale che la motivazione ad educarsi si possa rendere parte integrante del processo, e in genere già si manifesta– eccetto quando viene impiegata da strutture verticistiche come FARE o Podemos: in tal caso è inutile investire tempo a sviluppare una proposta competente se tanto alla fine vince quella adottata dal leader. Conviene leccare il sedere al leader direttamente.

Non stavo connettendo il bisogno di conoscenza con i processi decisionali.

Sono d’accordo che su LQFB servono misure che filtrino contributi fondati e di qualità, e questi filtri canalizzino verso una conoscenza ritenuta corretta, rispetto ad un’altra ritenuta fuorviante o proprio falsa.

Ragionavo in termini generali, sulla cultura che un umano riceve dalla società. Esiste la scuola dell’obbligo, che chiaramente ha comunque dei limiti. Condividere la conoscenza e basta non è sufficiente, infatti deve essere veicolata dalle scuole e/o affidata a organizzazioni che selezionano ciò che ritengono sia più adatto agli umani. Tra queste organizzazioni abbiamo quella cattolica, UAAR, i testimoni di Geova (estremamente attivi, anche con un’economia alternativa che vivono tra loro), nel loro piccolo certi partiti, eventuali associazioni che magari si concentrano solo su certi aspetti come animalisti, ambientalisti, ecc.

Purtroppo, ci sono tante organizzazioni che diffondono una cultura a mio avviso malata e dannosa. Però, occorre lasciare libertà di pensiero. Quindi, l’unico modo è (magari a livello di partito) selezionare una cultura fondamentale necessaria all’essere umano e veicolare quella. Poi uno può seguirla o meno… intanto si offre un riferimento, se no, gira gira, sono soprattutto le religioni che ne offrono uno, oppure sei allo sbaraglio in mezzo a tante trovate commerciali e notizie o conoscenze inventate spammate sul Web ed anche in tanti libri che si rimandano l’un con l’altro.

Sbaglio o l’unica cultura necessaria da veicolare affinché si possa partecipare con successo a LQFB è quella di non scrivere proposte fondate sulle bufale. E questa cultura la introduciamo con il GI e il voto intersoggettivo anti-bufala. Premessa questa cosa, chiunque partecipa sarà motivato ad imparare a non cascare alle bufale per non farci una figuraccia… e tutto il resto segue…

“Free your mind, and your ass will follow…”