"L'aborto come meccanismo oppressivo del Capitalismo"

Liberté, Egalité, Fraternité… o la mort.

Il liberalismo è effettivamente distinto dal liberismo economico, ma quasi sempre né è stato fautore. Dunque quasi tutte le aberrazioni del liberismo sono responsabilità di liberali.

Del proprio corpo, sì. Cioè… non credo che sia proprio un diritto, in quanto il tuo corpo sei tu e i diritti vengono concessi da una organizzazione che li detiene (tipicamente con la forza) a te, dunque non credo che si possa parlare di diritto perché tu il tuo corpo lo controlli già.

MA solo del proprio.

L’aborto è l’omicidio di un’altra persona, razionalizzato (ed interiorizzato) come un diritto di autodeterminazione della donna dalla propaganda oppressiva del Capitale per

  • ridurre la competizione per le risorse (ai figli dei ricchi)
  • non dover garantire adeguato supporto economico, sociale e psicologico alle madri in difficoltà

L’aborto è un surrogato economico spacciato da uno Stato Capitalista che rifiuta di garantire un welfare serio e non solo tratta le persone come oggetti, ma convince le madri ad uccidere i propri figli.

Le donne hanno piena coscienza delle loro decisioni, e non sono neanche troppo convinto che le motivazioni siano principalmente economiche. E parlare di “omicidio” nel caso dell’aborto significa associare una personalità ad un ammasso di cellule. Quindi, per favore, smettiamola.

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Quell’ “ammasso di cellule” è un essere vivente appartenente alla specie homo sapiens sapiens”. Come tale, sopprimerla è un omicidio.

Non ne dubito, ma qui il sesso non centra nulla. La maggioranza degli assassini è consapevole delle proprie decisioni, quale che sia il loro sesso o il loro genere. Cercare di buttarla su uno scontro fra generi, sotto intendere che la mia affermazione implichi in qualche modo una inconsapevolezza delle donne non è molto “razionale”, per quanto possa essere una forma retorica efficace.

Quello che affermo è estremamente semplice: se uccidi volontariamente un essere umano, compi un omicidio.

Chi lo compie è pienamente consapevole di cosa sta facendo (altrimenti non sarebbe una azione volontaria). Tuttavia, proprio sfruttando i bias e i limiti delle persone, la società può influenzare profondamente le scelte personali. In una società migliore l’aborto non sarebbe vietato, semplicemente non sarebbe un opzione necessaria o richiesta.

Dal punto di vista strettamente biologico, infatti, uccidere un proprio discendente laddove la società è assolutamente disponibile ad accoglierlo, crescerlo amorevolmente, nutrirlo ed educarlo, sarebbe una scelta assolutamente irrazionale per qualsiasi organismo vivente.

Le motivazioni personali per le quali una donna sceglie di abortire possono essere molteplici e variegate.

Ma le motivazioni sociali che favoriscono largamente l’aborto rispetto al proseguimento della gravidanza sono grettamente economiche.

Un orfanotrofio che funzioni bene costa molto di più di un aborto. Ma come spesso accade, l’oppresso (le donne) ha interiorizzato i valori dell’oppressore (i ricchi/potenti) così tanto da difenderne e perpetuare l’oppressione (il Capitalismo) anche con la violenza.

Questo di fatto sottrae la donna dalla responsabilità dell’omicidio perché la sposta sulla società che non fa nulla per incentivare fortemente la gravidanza. Convincere le donne che l’aborto sia l’espressione di un diritto alla propria autodeterminazione è fondamentale per impedire che si coalizzino per ottenere il diritto di sopravvivere per la propria prole o addirittura il diritto di crescerla serenamente ottenendo dallo Stato quanto necessario.

D’altronde una società che considera l’uomo come una merce, come un prodotto, come una cosa, non potrà accogliere con gioia l’arrivo di un nuovo membro in quanto tale.

Vi è una totale continuità fra la promozione dell’aborto e la difesa dei confini che lascia morire gli immigrati in mare. O la massimizzazione dei profitti che risparmia sugli estintori alla Thyssen. O che se ne frega della salute pubblica all’Ilva di Taranto.

Se gli esseri umani sono cose, è normale buttarli via quando sono di troppo o si rompono.

Quindi adesso siamo arrivati a discutere di quando un ovulo fecondato diventa persona. Questo implica decidere cos’è che definisce la personalità. Ed è un casino.

No, la personalità è un concetto più astratto. Io mi fermo alla semplice constatazione che l’ovulo fecondato è già un essere vivente nuovo, geneticamente distinto dalla madre e dal padre e appartenente alla specie dell’homo sapiens sapiens.

Dipende:

  • i liberisti che controllano il monopolio trovano fantastiche scuse per difenderlo (dall’efficienza alle economie di scala…) arrivando persino a parlare di “monopoli naturali”
  • gli altri liberisti esprimono preoccupazioni per il controllo dei prezzi, la concorrenza etc… sperando di minare il monopolio quanto basta per sostituire il monopolista.

È sempre divertente come il materialismo liberista si fermi laddove questo comporterebbe un limite al profitto. Non è nemmeno ipocrisia… è un’incoerenza palese che sfida audacemente la logica!

Anzitutto io non ho espresso alcun giudizio morale, ma ho proposto una analisi sociale e politica. E poi in ogni altra situazione, la coscienza dell’assassino ha alcun peso sulla reazione della società rispetto all’omicidio stesso. Tant’è che abbiamo persino il reato di omicidio colposo.

Nel caso dell’aborto una vittima è invisibile (esattamente come i migranti che attraversano il Mediterraneo sui barconi pericolanti) e inconsapevole, mentre l’altra vittima, la madre, viene privata di un’occasione riproduttiva ma anche indotta a partecipare all’omicidio stesso per assumersene la responsabilità legale. Tutto ciò confonde e nasconde la responsabilità sociale e collettiva dell’aborto.

Ma è evidente che se una società non chiede a nessuno di rispondere di un omicidio, è essa stessa ad assumerne la responsabilità.

È violenza se ti sparo alla testa mentre dormi? Assumi pure che disponga di un arma tale da vaporizzare il cervello così rapidamente da impedire al corpo di provare alcun dolore.

Io non ho descritto una “deliberata cospirazione antinatalista”, ma uno dei tanti effetti del Capitalismo.

Non c’è nessuna cospirazione.

Tutto avviene alla luce del sole, esattamente come per il cambiamento climatico, per l’esasperazione delle differenze nella distribuzione della ricchezza che causa povertà estrema, per la diffusione di sistemi di sorveglianza capillare e manipolazione massiva etc…

Il modello che descrivo non è solo valido, è evidente. Costituisce la spiegazione più semplice possibile ad comportamento biologico anticonservativo che rappresenta un fenomeno sociale irrazionale sia da un punto di vista individuale che collettivo.

Vi sono certamente delle situazioni limite in cui la sopravvivenza della madre è messa in pericolo dalla gravidanza. In tal caso l’omicidio rimane tale ma può essere giustificato dallo ius necessitatis. Tuttavia per tutte le condizioni problematiche, economiche e culturali, che la società potrebbe rimuovere per supportare la madre e proteggere il nascituro ma sceglie di lasciare, è la società stessa a costringere praticamente la donna ad abortire.

Il fatto che molte donne abbiano interiorizzato questa violenza collettiva così profondamente da difenderla come un diritto, è semplicemente conferma della potenza che ha l’oppressione sulla mente dell’oppresso.

Perché non leggete qualche libro-documento che vi faccia capire quanto si è dovuto lottare per poter avere il diritto all’aborto,rimane sempre un dramma, non è un mal di testa,decidere se proseguire oppure no la gravidanza l’importate è che ci sia un OSPEDALE PUBBLICO che possa effettuare tale operazione e sappiate che prima di arrivare a questo tipo di operazione c’è un passaggio molto delicato in cui si parla con un psicologo/a pertanto la decisione è molto sofferta.Questa è un conquista di libertà.

Io so benissimo “quanto si è dovuto lottare”.

E so veramente quanto possa essere dolosa la decisione. Quanto certe situazioni possano causare angoscia e paura, quanto possano sembrare senza uscita. E so persino quanto le variazioni ormonali possano influenzare ogni ragionamento durante la gravidanza. E so cosa siano il baby blues e la depressione post partum. E conosco persino gli effetti che questi possono avere sui bambini a distanza di anni.

E proprio dall’osservazione diretta e critica di queste dinamiche in innumerevoli situazioni diverse che deriva la consapevolezza del meccanismo che descrivevo.

Come spiega Freire nella pedagogia degli oppressi (se ricordo esattamente), quando l’oppresso interiorizza l’oppressione si allea con l’oppressore per perpetuarla. Questo avviene in modi diretto ed indiretto, consapevole ed inconsapevole, perché i meccanismi dell’oppressione stessa vengono assorbiti nel sistema di credenze e valori che determinano l’identità dell’oppresso. E come forse sai, qualsiasi nozione che metta in discussione la nostra idea di noi stessi viene istantaneamente rifiutata, con una forza tanto maggiore quanto più fondamentale è la credenza falsificata.

Dunque non c’è alcuna contraddizione fra le lunghe lotte per il “diritto ad abortire in sicurezza” ed il fatto che queste siano state indotte dal Capitalismo.

Se così non fosse, la società non abbandonerebbe le donne a se stesse durante e dopo la gravidanza: le maternità sarebbero lunghe 3 anni, non 6 mesi; i padri sarebbero fortememte incentivati (cough costretti cough) a non lavorare più di un tot per partecipare all’educazione dei bambini; le aziende sarebbero costrette a supportare la madre invece che minimizzare i tempi di rientro etc…

Per non parlare degli istituti che lo stato potrebbe creare a supporto dei bambini di cui comunque le madri non intendessero prendersi cura.

Tutte cose che il femminismo internazionale (e italiano) avrebbe conquistato certamente prima dell’aborto, se non fosse diventato rapidamente succube del Capitale che queste tutele minerebbero.

Capitale cui, sia chiaro, non frega un cazzo delle donne. A meno che non sia l’8 marzo. O non siano segmento di consumo. O prodotto. O corpi da strumentalizzare per vendere stronzate ai maschietti.

Ti sei appena suicidato politicamente. Se sei capace di scrivere una generalizzazione miserabile come questa, non sei affidabile in alcun campo politico. Anche perché allora dovresti contestare ogni volta che uso un preservativo allo stesso modo.

ridurre la competizione per le risorse (ai figli dei ricchi)

Oltretutto economicamente idiota l’argomentazione, dato che i ricchi dipendono dalla crescita economica che si crea attraverso… fra le tante cose… l’aumento della popolazione umana. Perciò agli stra-ricchi l’aborto non conviene.

Quell’ “ammasso di cellule” è un essere vivente appartenente alla specie “homo sapiens sapiens”.

No.

La maggioranza degli assassini è consapevole delle proprie decisioni, quale che sia il loro sesso o il loro genere.

Ah bravo, colpevolizza tutte le donne per il fatto che hai bucato il preservativo. Ma in quale secolo vivi? Il problema a fare un partito di nerd è che ci sono sempre dei temi nei quali si sono fatti delle opinioni radicali senza confrontarsi con le persone che giudicano e poi difendono tali opinioni con i denti. Una delle poche ragioni che mi fanno dubitare del progetto pirata… che ci vorrebbero più persone normali.

In una società migliore l’aborto non sarebbe vietato, semplicemente non sarebbe un opzione necessaria o richiesta.

Bella questa. Tu che evidentemente sei svuotato di ogni empatia verso chi il peso di diventare madre non se lo può sgrullare di dosso, osi teorizzare che le donne sarebbero ben disposte ad attraversare la tortura dello stato di gravidanza solo perché mentre hanno esercitato il loro buon diritto ad una sessualità libera sono capitati ad un cretino che ha bucato il preservativo.

Dal punto di vista strettamente biologico, infatti, uccidere un proprio discendente laddove la società è assolutamente disponibile ad accoglierlo, crescerlo amorevolmente, nutrirlo ed educarlo, sarebbe una scelta assolutamente irrazionale per qualsiasi organismo vivente.

Solo che noi non siamo qualsiasi organismo vivente. Siamo quelli che se non la smettono di riprodursi in modi incoscienti non troveremo più spazio per coesistere su questo pianeta. Scoraggiare la procreazione è una precondizione fondamentale per il nostro futuro, che sia a base di un RdE od un ridicolo UMI.

Ma come spesso accade, l’oppresso (le donne) ha interiorizzato i valori dell’oppressore (i ricchi/potenti) così tanto da difenderne e perpetuare l’oppressione (il Capitalismo) anche con la violenza.

E per questo l’arrivo del tuo pensiero maschilista e libero da empatia sarà di certo benvenuto.

Il fatto che molte donne abbiano interiorizzato questa violenza collettiva così profondamente da difenderla come un diritto, è semplicemente conferma della potenza che ha l’oppressione sulla mente dell’oppresso.

Mi piacerebbe chiuderti in gabbia con 12 femministe e vedere se la tua logica semplificante e banalizzante le convince… dopotutto dovrebbero uscire tutte convinte dopo la conversazione con te perché finalmente ci vedono chiaro ed i propri ragionamenti che si sono fatte invece erano tutti stupidi.

Ora mi offendo. Qui ci sta esattamente una persona delirante a riguardo e tu apri subito al plurale, come se qui si stia discutendo una possibile posizione pirata.

Certo, ma l’idea che tutte le donne sarebbero felici di viversi una gravidanza all’anno è surreale. Anzi, vatti a guardare il film sulle Suffragettes. Solo un secolo fa si costringevano le donne a viversi la gravidanza — ed è assai offensivo ridurre il problema ad una questione economica.

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Scusate per il plurale.

Cordiali Saluti

Ivo Orrù 345-0327445

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Secondo me hai totalmente frainteso la mia azione Politica. E forse il senso stesso della Politica.

A me non importa il consenso. A me interessa il bene della Polis. Che include tutti gli esseri umani.

Forse avresti dovuto continuare a leggere oltre le prime 7 parole. Si direbbe però che tu abbia una certa urgenza a… suicidarmi :smile:

Tutto il resto del tuo post infatti risponde sostanzialmente ad uno strawman. Se vorrai obbiettare alla logica o alle premesse della mia analisi, usando argomenti razionali, invece che buttarla in una caciara emotiva, sarò felice di considerare le tue osservazioni.

E’ però curioso che l’autorità italiana della razionalità collettiva sia incapace di argomentare sul merito.

Io non sono un nerd, ma un hacker. :wink:

Non sembra tu colga la differenza.

Le mie non sono opinioni, ma analisi. Analisi che mettono in discussione postulati generalmente accettati, per cercare modelli che descrivano meglio la realtà, permettendo di operare efficacemente sulla stessa.

Se le smonti (in modo razionale), mi fai un favore! Mi insegni qualcosa.

Se la butti in caciara, invece… ti smonto io. :wink:

Ad esempio:

I tuoi spermatozoi non sono un essere umano perché

  • hanno metà dei cromosomi della nostra specie
  • veicolano un’informazione genetica riproducibile e già presente nel tuo DNA

Entrambe condizioni false per un ovulo fecondato.

Ma non avevano “una paura fottuta dei forconi”? (tanto per citare un noto non-economista di questo forum :wink:)

Non proiettare su di me le tue fantasie erotiche, per favore! :wink:

Anzitutto “stupido” deriva da “stupor”, un verbo latino che significa stupirsi, meravigliarsi. Ciò che è stupido, ciò che ci meraviglia, per noi hacker è sempre prezioso.

Tuttavia, io non ho mai denigrato i ragionamenti di cui parli. Li ho semplicemente ricondotti all’egenomia culturale e oppressiva del capitalismo in seno a cui sono nati.

Perché mi insulti invece di indicare errori nella mia analisi, o Signore della Razionalità Collettiva? :smile:

Non sequitur.

Se uccidi un essere umano guidando ubriaco, ne rispondi davanti alla legge. Dovevi essere più cauto.

Simmetricamente, concepire un essere umano nello stesso stato, da luogo a responsabilità.

Non si tratta di una prospettiva “libera da empatia”, al contrario! Si tratta di amare tutti gli esseri umani coinvolti, che vanno tutti sostenuti e tutelati.

Amore che provo come essere umano e come hacker.

Perché ogni fratello che uccidiamo è una speranza in meno di capire e migliorare il mondo.

Urka, sei riuscito a trovare il modo di aggiungere sessismo maschilista.

Guarda che hai fatto tutto da solo, io l’ho solo sottolineato con un po’ di ironia:

O forse vuoi dirmi che tu riesci davvero a parlare con le donne solo se queste non possono scappare?

Con una fantastica moglie e tre figlie, io non ho di questi problemi. :wink:


Quando arrivano gli argomenti razionali?

Gli insulti, se vuoi, mandameli pure in privato. Non mi offendo.

Per essere circondato da donne è affascinante quanta poca sensibilità hai per la loro prospettiva. Negli ambienti miei (che ammetto sono femministi) una cosa come l’hai scritta tu ti squalifica socialmente.

E’ però curioso che l’autorità italiana della razionalità collettiva sia incapace di argomentare sul merito.

Non stiamo praticando razionalità collettiva in questo forum. Ne abbiamo solamente discusso.

Ma non avevano “una paura fottuta dei forconi”?

I forconi non aumentano automaticamente con il numero di consumatori.

Questa non è caciara emotiva. È una seria critica al tuo approccio.

Questa non è caciara emotiva. È una seria critica al tuo ragionamento. Tu stai postulando una priorizzazione dei diritti del feto su quelli della madre, una scelta che qui molti non condivideranno — ed è una scelta, non una cosa logica o razionale. E non è insulto ma illustrante di applicare l’aggettivo “maschilista” ad una scelta morale di questo genere. Tipica delle religioni paternalistiche, non del partito pirata. Se le donne della tua vita preferiscono non litigare di queste cose con te, sei solamente in una filter bubble con una singola persona dentro.

Anche questa non è caciara ma una ulteriore ragione esistenziale per la società umana che rende necessario rifiutare la tua scelta cattolica.

Sei tu che a tutti questi punti rispondi con polemica ed umorismo malpiazzato, che non applichi alcuna razionalità, manco cartesiana.

E a questo punto qua cosa hai da aggiungere? Ah niente, hai schivato anche questo argomento. In pratica non hai detto nulla perché hai pensato che io la stia buttando in caciara.

Come ho appena illustrato non ci sta proprio zero strawman. Ma sono giorni che stai qui a fare il furbo sulla retorica, allora che m’aspetto.

Cazzata. L’aumento della popolazione rende meno probabile che riusciremo a svoltare dall’autodistruzione.

Ecco cosa si muove.

Cordiali Saluti

Ivo Orrù 345-0327445

Le conosci? No. Di cosa stai parlando allora? Di donne astratte che esistono solo nella tua mente.

Potrei chiedere a mia moglie (Medico di Medicina Generale) di ritagliare 30 minuti del suo preziosissimo tempo per iscriversi a questo forum e esporti la propria opinione in merito. Ma non lo farò, perché sosterresti che si tratta di un account fake, che l’ho costretta, che crede in una religione paternalistica o chissà quale altra sciocchezza per sminuire la sua opinione femminile in quanto osa contraddire la tua opinione di maschio circondato da femministe.

E lei si incazzerebbe con me perché le ho fatto perdere tempo con un maschilista che posa da femminista. :wink:

Premesso che non credo che gli ultra ricchi temano i forconi, tu qui sfidi la matematica! Precisamente, la probabilità.

Data T la popolazione totale sul pianeta terra. Supponi che la massa critica necessaria per espropriare coi forconi le 100 persone più ricche del pianeta sia F. La probabilità che una persona scelta a caso sul pianeta accetti di partecipare all’espropriazione violenta è p. Fin tanto che F > p*T, i super ricchi possono stare tranquilli. Ma ogni nuovo nato aumenta il secondo termine della disuguaglianza di una quantità p. Secondo te, gli ultra-ricchi costruiranno orfanotrofi o sovvenzioneranno i gruppi abortisti?

Naturalmente si tratta di un modello semplificato, per spiegarti il ragionamento di massima. In realtà all’aumentare della popolazione, la probabilità p non resterebbe costante, ma aumenterebbe lungo una curva di tipo logistico.

No, è caciara. Perché fingi di non capire cosa ho scritto. Da cui lo strawman di cui parlavo.

Io stavo rispondendo a @Cal che:

  1. uccidere un organismo che appartiene alla specie dell’homo sapiens sapiens è omicidio per definizione
  2. il fatto che le donne siano consapevoli delle conseguenze dell’aborto non lo rende meno omicidio

Più avanti spiegavo come la società non chiede a nessuno di rispondere di tale omicidio, assumendosene essa stessa collettivamente la responsabilità, per ragioni grettamente economiche: alla società costa molto meno un raschiamento rispetto a

  • un orfanotrofio capace di crescere ed educare un bambino
  • un serio supporto psicologico, sociale e finanziario alla mamma che scelga di tenere il bambino

Visto che non c’è nulla di criptico nel mio messaggio e visto che non c’è una colpevolizzazione delle donne per alcunché, o non l’hai letto o stai solo cercando di far confusione usando le parole giuste per sobillare femministe e femministi contro di me.

No. Io so affermando che il feto è un essere umano unico ed irripetibile. Non sto stabilendo alcuna priorità fra la madre e suo figlio. Al contrario, sto negando che ci sia alcuna priorità.

No.

Una scelta scelta sarebbe stabilire una priorità fra la vita del bambino e la libertà della madre.

Tu fai una scelta: neghi qualsiasi valore alla vita del nascituro ma scarichi la responsabilità della sua morte sulla madre, il cui consenso però è viziato dalla violenza collettiva subita. Non stai nemmeno bilanciando dei diritti: la madre rimane oppressa e il figlio muore.

Io invece non ho bisogno di scegliere: voglio che la madre sia nella condizione ideale per portare avanti la gravidanza, circondata da una società felice di accogliere il nuovo nato, con tutte le istituzioni rilevanti a portata di mano (asili, scuole etc), con la possibilità di essere supportata psicologicamente da professionisti in caso di baby blues o depressione post partum, con tutto il sostegno medico ed economico di cui ha bisogno, con anche la libertà di partorire anonimamente e dare il figlio in adozione con la sicurezza che crescerà amato ed in sicurezza.

A quel punto, solo a quel punto, la decisione della madre può essere libera. Tuttavia, per NON imporre una priorità fra la libertà della madre e la vita del bambino, tale libertà dovrebbe essere delimitata a quelle situazioni limite in cui la vita dell’uno comporta la morte dell’altro o di entrambi.

Questo per una ragione molto semplice che ho già spiegato (e tu hai accuratamente ignorato): se distruggere accidentalmente una vita umana da luogo ad una responsabilità, perché creare una vita umana non dovrebbe?

Un altro strawman.

Mi sono mai detto contrario alla contraccezione? No.

Per quel che mi interessa, la gente può trombare dalla mattina alla sera e dalla sera alla mattina in tutte le combinazioni di genere che le si confanno. E nel farlo può adottare qualsiasi meccanismo contraccettivo che le aggrada.

Nei limiti della legge (e oltre, se lo richiede la propria Coscienza), ciascuno è libero di fare ciò che desidera. Non perché “il corpo è mio e me lo gestisco io” (volgare e oggettificante propaganda Capitalista :wink:). Ma perché “io SONO anche il mio corpo e sono Liber*” (prospettiva Umanista).

Ma nell’istante in cui un nuovo essere umano inizia ad esistere nell’Universo, non si può ucciderlo come una insetto. L’aborto non è contraccezione. Non scoraggia la procreazione: termina una vita umana.

NOTA: se pensi che definire “ridicola” una mia proposta possa offendermi o scoraggiarmi, caschi male. :wink:

Doppio strawman! Ma sei un vero campione! :smile:

Anzitutto non l’ho schivato. Ti ho risposto:

E poi io non ho mai detto che le donne dovrebbero “viversi una gravidanza all’anno”. Da cui il

Mettiamo pure distributori gratuiti di profilattici di alta qualità in tutte le scuole, i comuni e gli uffici pubblici! Teniamo corsi gratuiti e obbligatori di educazione sessuale nelle scuole, per adolescenti, adulti e anziani. Sono assolutamente favorevole. Che imparino come si mettono sti cazzo di preservativi! :smile: Dici che poi continuano a fare un figlio all’anno, come quando i profilattici nemmeno esistevano?

Perché non si fanno queste campagne? Perché costa. Ci vogliono tasse. E le tasse riducono i profitti.

Il problema, di nuovo, è l’Egemonia Culturale del CAPITALISMO.

Q.E.D.

Hai ragione che ti ho rinfacciato cose che ho estrapolato dalle tue espressioni ma che tu in effetti non avevi detto. Lo strawman molto spesso non è intentional. È un elemento frequente della comunicazione umana, e mi pare anche di più nella cultura italiana che altrove.

Le definizioni le fanno parlamenti e corte supreme. Si può andare per semplice logica come suggerisci tu, ma molti paesi occidentali hanno adottato il concetto di considerare le cellule di homo sapiens un membro della comunità umana solo se raggiunta una certa complessità cellulare.

Inutile elaborare se siamo d’accordo o meno, fatto sta che la politica questo potere decisionale ce l’ha e finora non è in linea con quanto tu consideri logico. Possiamo discutere se dovrebbe essere una posizione pirata di rettificare questa incongruenza, o se i Pirati sono d’accordo con l’idea che un agglomerato di cellule non ha ancora i diritti di un bambino.

Più che altro i Pirati dovrebbero decidere se la tua logica è giusta e si deve perciò agire di conseguenza, o se una semplice applicazione di logica è insufficiente. Dirai, ma sta scritto nello Statuto che i Pirati fanno le loro scelte su basi scientifiche, ma è anche discusso in filosofia ecc che l’unico metodo che abbiamo per asserire cosa è un dato scientifico è la misurazione dell’intersoggettività con l’uso della democrazia liquida. Purtroppo, la policy adatta finora in LQFB non esiste.

Se vuoi che i Pirati si esprimano in modo scientifico sulla questione, e non in modo opinionista/populista, dovresti non mettere al voto un testo sull’aborto come meccanismo oppressivo del Capitalismo, bensì partire dall’assunzione a base di un tale testo: che l’ovulo fecondato sarebbe essere umano (… e perciò la pillola del giorno dopo è omicidio, altra interessante deduzione che criminalizza innumerevoli ragazze per non avere contrastato la comodità/pigrizia del proprio partner a mettersi un cappuccio… ma non entriamo in merito alle conseguenze perché appunto vogliamo stabilire la “validità dell’assioma”).

In pratica per non essere ulteriormente tentati a lasciare il terreno del empirico, il prossimo passo per aumentare la probabilità che la questione sia dibattuta e votata con la dovuta serietà sarebbe di aiutare a mettere in atto le precondizioni per una razionalità collettiva che, come tu spesso hai osservato, non stiamo applicando (ma il modo come me l’hai rinfacciato dava piuttosto l’idea che tu ti aspettassi una razionalità cartesiana da me piuttosto che una collettiva attraverso la democrazia liquida).

Le alternative a ciò mi sembrano meno vantaggiose. Se parti subito con un testo programmatico in questo senso avresti anche lo svantaggio che alcuni potrebbero votare contro non perché non condividono quanto dici, ma perché ritengono un tale posizionamento strategicamente irrealizzabile nella odierna situazione politica, nella quale le persone sono incapaci di immaginare una società postcapitalista.

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Mi ero ripromesso (altrove) di non entrare in qualsiasi tipo di dibattito con gli antiabortisti, in virtù dell’egemonia culturale che ai miei occhi li accomuna, segnatamente a questo aspetto, ai terrapiattisti. Però quest’affermazione è come una sciabolata corticale e l’adrenalina che produce ha bisogno di un adeguato contraltare di serotonina, quindi ti rispondo.

Partiamo da cose semplici: definizione di omicidio.

omicìdio s. m. [dal lat. homicidium, comp. di homo «uomo» e -cidium «-cidio»]. – Il delitto di chi sopprime una o più vite umane (Treccani)

Passiamo ora alla definizione di vita.

vita s. f. [lat. vīta, affine a vivĕre «vivere»]. – 1. In senso ampio, proprietà o condizione di sistemi materiali (i sistemi viventi, dagli organismi unicellulari a quelli pluricellulari più evoluti) caratterizzati da un alto grado di organizzazione e complessità, e di cui la cellula è considerata unità fondamentale; in essi, un numero elevato di sottosistemi, o organi diversi, concorrono funzionalmente a costituire un tutto unico, per cui si parla di individuo vivente o organismo (e i sistemi viventi formano il mondo organico), che dà luogo a capacità di crescita, sviluppo e movimento autonomo, di autoregolazione, di metabolizzazione, di adattabilità, di reattività e, soprattutto, di riproduzione, agamica o per mezzo di particolari cellule sessuali (gameti). Constatata come proprietà di un numero enorme di specie, è stata ricondotta a un principio unitario dalla teoria dell’evoluzione per selezione naturale (v. evoluzione, n. 3 a) di Ch. Darwin, per cui si parla di origine della v., con riferimento a quel processo iniziale, da alcuni ritenuto eccezionale, da altri relativamente probabile, in cui la materia inorganica si è organizzata in strutture ordinate (composti organici, in partic. le macromolecole fondamentali: proteine e acidi nucleici), capaci di svilupparsi e riprodursi, da cui poi avrebbero avuto origine, in milioni di anni, le specie, estinte, o ancora viventi, che sono state osservate; è aperto tuttavia il dibattito se i virus, che sono incapaci di riprodursi autonomamente (dipendendo per questo da una cellula ospite, precedentemente infettata) siano da considerarsi o no esseri viventi. L’apparente contraddizione tra le proprietà di organizzazione e differenziazione crescente dei sistemi viventi e la tendenza spontanea dei sistemi fisico-chimici al disordine, alla disorganizzazione e all’omogeneità è ricomposta nella moderna termodinamica dei processi irreversibili, in quanto il sistema vivente è visto come sistema aperto (quindi non isolato), che si mantiene lontano dall’equilibrio grazie al continuo scambio di energia e materia con l’ambiente (nel quale la crescita di entropia compensa abbondantemente il decremento di entropia del sistema). Nella storia del pensiero filosofico e scientifico, il concetto di vita è stato variamente riferito sia al complesso dei fenomeni capaci di prodursi e regolarsi autonomamente, sia al principio o causa stessa di tali fenomeni; si sono così contrapposte concezioni vitalistiche (v. vitalismo), che attribuiscono all’organismo vivente proprietà peculiari (spontaneità, finalismo, forza o «slancio» vitale, ecc.), irriducibili alle proprietà della materia inanimata, e concezioni meccanicistiche o materialistiche (v. materialismo e meccanicismo) tendenti a ricondurre i fenomeni vitali a processi di natura fisico-chimica. 2. a. Nella concezione e nel linguaggio comune, s’intende in generale per vita lo spazio temporale compreso tra la nascita e la morte di un individuo; a questo sign. si riconnettono gran numero di frasi e locuzioni, riferite soprattutto a esseri umani, e anche ad animali (più raram. a piante): venire alla v., nascere; dare la v. a qualcuno, o dare alla v. qualcuno, generarlo, procrearlo; avere v., essere in v., vivere; tenere, mantenere in v.; finché mi resta vita (o, non com., un fil di vita), non cesserò di essergli grato; essere in fin di v.; Pace volli con Dio in su lo stremo De la mia v. (Dante); restare, rimanere in v., sopravvivere (di tanti figli solo tre sono rimasti in vita); finire, spezzare, troncare la v.; il poveretto non dava più segno di vita; uscire di v., morire; privare della v., uccidere; togliersi la v., uccidersi; rendere, restituire alla v., risuscitare o salvare da morte (spesso in frasi iperb.). In contrapp. a morte, in espressioni in cui i due termini sono associati esplicitamente: essere tra la v. e la morte; è questione di v. o di morte; uniti per la v. e per la morte, per sempre, nelle vicende tristi o liete; passare da morte a v., da una condizione insopportabile a una migliore. In espressioni in cui il termine vita richiama necessariamente il suo contrario: mettere a rischio (o a repentaglio) la propria v. o la v. di un’altra persona o di altri, correre o far correre il rischio di morire; ben folle è quegli Che a rischio de la v. onor si merca (Parini); dare la v. (e ant. porre la v.) per la patria, morire per essa, in sua difesa: chi dirà de li Deci e de li Drusi, che puosero la loro v. per la patria? (Dante); salvare la v. a qualcuno, scamparlo da morte; gli deve la v., è sfuggito alla morte per suo merito; gli costò la v.; ci rimise la v.; vendere cara la v., combattere accanitamente prima di soccombere; ottenere qualche cosa a prezzo della v.; ne va della v., o, meno com., la v. (per amor del cielo! non fate pettegolezzi, non fate schiamazzi: ne va … ne va la vita!, Manzoni); se vi è cara la v., formula deprecatoria o di minaccia: se vi è cara la v., non fate parola a nessuno di quanto è successo qui; o la borsa o la v.!, intimazione di rapinatori; pena la v., lo stesso (ma ormai poco com.) che sotto pena di morte; fare grazia della v., graziare un condannato a morte, o risparmiare la vita a persona che si aveva l’intenzione o si era in procinto di uccidere; pericolo di v., lo stesso che pericolo di morte. b. Considerando la vita nel suo svolgersi e nella sua durata, il tempo in cui si vive: Nel mezzo del cammin di nostra vita (Dante), a trentacinque anni, valutando a settant’anni la durata media della vita; avere lunga v.; la v. è breve; non basterebbe la v. di un uomo per … Frequente la locuz. avv. a vita, per tutta la durata della vita, in frasi come essere nominato presidente, senatore a v. (o, con lo stesso sign., nel linguaggio burocr., v. natural durante), e l’espressione in vita mia, sua, ecc., spesso in frasi di tono enfatico: non ho mai visto una cosa simile in v. mia; non credo che abbia mai preso l’aereo in v. sua (o in tutta la sua vita). c. Con riferimento alle varie età in cui la vita può dividersi: l’alba, il mattino della v., la fanciullezza; la primavera della v., la giovinezza; l’inverno della v., il tramonto della v., la vecchiaia; nell’uso ant., la v. nuova, l’età giovanile, la giovinezza: Questi fu tal ne la sua v. nova Virtualmente, ch’ogne abito destro Fatto averebbe in lui mirabil prova (Dante; Vita nuova è inoltre il titolo di una breve opera giovanile in rime collegate da brani in prosa in cui Dante ricostruisce la storia del suo amore per Beatrice). d. Con determinazioni varie, per specificare il modo con cui si vive in rapporto a speciali aspetti che la vita può assumere, a particolari ideali a cui può conformarsi, ecc.: v. di relazione, la vita dell’uomo in quanto si svolge in una società (per il sign. che l’espressione ha nel linguaggio naturalistico, v. relazione, n. 2 c); v. intellettiva, v. sensitiva, v. vegetativa, secondo la divisione aristotelica dell’anima (v. ai singoli aggettivi); v. civile, la condizione di chi, in quanto cittadino, gode dei diritti civili; v. pubblica, la condizione, e il modo di operare, di chi svolge attività politiche e amministrative (v. politica), o ha comunque incarichi pubblici; v. sociale, di rapporti sociali varî; v. privata (contrapp. a v. pubblica e v. sociale): ritirarsi a v. privata; come ministro è freddo e scostante, ma nella v. privata è cordiale e simpatico; fare v. mondana, o, al contr., una v. molto ritirata; v. individuale, ulteriormente determinabile negli aspetti sia professionali: v. lavorativa, v. produttiva; la v. militare (anche per indicare il servizio militare), la v. del soldato, la dura v. del marinaio, la monotona v. dell’impiegato; una v. di studioso, da certosino; fare la v. del poltrone, del beato porco, di Michelaccio (da una nota frase proverbiale: v. michelaccio); sia in quelli fisici e fisiologici: fare una v. sana o poco sana, una v. sedentaria o dinamica, sportiva; avere una v. sessuale normale, intensa, ridotta; sia negli aspetti intellettuali e morali: v. intellettiva, psichica, interiore, e, con più specifico riferimento ai sentimenti, una v. intima, affettiva, sentimentale molto ricca; condurre una v. onesta, corretta, integerrima o disonesta, riprovevole, viziosa; Vita bestial mi piacque e non umana (Dante); di nazion nobile ma di cattiva v. (Boccaccio); darsi alla mala v. (v. anche malavita); avere una doppia v. (v. doppio, n. 2 d); mutare o cambiare vita, per lo più nel sign. di ravvedersi: se non cambi v., vai a finire male; com. la frase prov. anno nuovo vita nuova!; in partic., fare la v., esercitare la prostituzione; ragazza, donna di vita, prostituta, e ragazzi di v. (espressione diffusa dal titolo del romanzo di P.P. Pasolini, Ragazzi di vita, del 1955), i giovani delle borgate romane che vivevano in condizioni di emarginazione, di subcultura e di degradazione morale e sessuale. Con riferimento ad aspetti più o meno esteriori del vivere: una v. agitata, precaria, sicura, tranquilla; poca brigata, v. beata, prov.; fare vita di spiaggia, nelle vacanze al mare; all’organizzazione materiale del vivere e ai mezzi di cui si dispone: gran v.; v. comoda; v. da prìncipi, v. da signore; amare gli agi, i comodi della v.; passare la v. negli stenti, trascinare la vita; faticare tutto il giorno per campare la v.; v. povera, grama; una v. da cani; e assol., per indicare un modo di vivere particolarmente disagiato o faticoso: che vita!; ha fatto una v.!; al contrario, fare una bella v., vivere comodamente, senza preoccupazioni e senza fare fatica: cominciò a fare la più bella v. e la più magnifica che mai si facesse (Boccaccio); fare la bella v. (anche, ma meno com., in forma graficamente unita la bellavita), vivere spensieratamente, da scioperato, e darsi alla bella v. (o alla bellavita), a una vita di piaceri e divertimenti (cfr. il fr. viveur e l’ital. vitaiolo); fare la dolce v., vivere in modo lussuoso e frivolo (v. dolce, n. 3 a); è chiamato dolce vita o dolcevita s. m., anche un tipo di maglione a collo alto e aderente (raram. detto, a sua volta, collo alla dolce vita). e. fig. L’esistenza, soprattutto come modo e durata, di un’istituzione o attività o impresa, o di un ente: la ditta, l’azienda festeggia il suo 50° anno di vita; un governo che avrà v. breve, o che ha avuto una v. difficile e travagliata; giornali, circoli culturali, centri artistici destinati ad avere v. effimera, o una v. breve. In partic., dare vita a un’istituzione, a un’iniziativa, ecc., crearla, organizzarla; dare, infondere vita a qualcosa, animare, movimentare. 3. Usi e sign. specifici e tecnici: a. In biologia, v. latente, v. anabiosi. b. In statistica demografica e in matematica attuariale, v. media (o v. media alla nascita, o speranza media di v.), il numero medio di anni che un individuo di una certa popolazione, supposta in equilibrio demografico, deve aspettarsi di vivere (tale numero è dedotto, con opportuni calcoli, da tavole statistiche di sopravvivenza e mortalità); v. media residua, per un individuo di età x, il numero medio di anni che l’individuo di tale età deve aspettarsi di vivere ancora; v. mediana o v. probabile, il numero di anni che un individuo di età x potrà oltrepassare con il 50% di probabilità, equivalente al periodo di tempo che deve trascorrere perché i sopravvissuti di una data classe di età si riducano alla metà. In fisica, v. media di un nuclide radioattivo o di una particella instabile, il valore medio della distribuzione dei tempi di decadimento di un campione degli oggetti in questione. Con sign. più generico e intuitivo, si parla anche di v. media di prodotti e manufatti varî: la v. media di un motore, di un frigorifero, di un televisore, di un telefonino, ecc., la loro durata media in condizioni di efficienza. c. In chiromanzia, linea della v., la piega cutanea ad arco che solca il palmo della mano partendo tra il pollice e l’indice e terminando a sinistra, in basso, verso il polso: indicherebbe vita lunga se ben marcata, vita breve se corta, mortale malattia se spezzata. d. In marina, vita!, voce di avvertimento di allontanarsi o spostarsi, rivolta a chi sta in un punto pericoloso a causa dell’esecuzione in atto di una manovra o operazione; v. di sotto!, quando in quel punto sta per arrivare qualcosa che si ammaina dall’alto o si lascia cadere. e. In economia, costo della v., la somma occorrente, per un determinato periodo di tempo, al mantenimento di un’unità familiare o, più raram., di un individuo: indici del costo della v., basati sul costo dei beni e dei servizî di maggiore consumo; aumento, diminuzione del costo della v., anche nell’uso corrente. f. In filosofia, v. attiva e v. contemplativa, contrapposizione già classica, ma affermatasi e precisatasi nel medioevo cristiano, tra due ideali di vita, il primo rivolto all’attività e alla prassi soprattutto etico-politica, il secondo alla scienza, e in età cristiana, alla contemplazione come anticipazione della beatitudine oltremondana. Filosofia della v., corrente del primo Novecento fondata sul predominio del processo della vita e delle sue leggi immanenti sulla ragione e sui valori trascendenti, e rappresentata da pensatori di varia provenienza speculativa (W. Dilthey, M. de Unamuno, J. Ortega y Gasset, ecc.). g. In diritto canonico, v. comune, la convivenza di membri del clero in una stessa casa, soprattutto come forma di attuazione del voto di povertà. 4. a. Forza, capacità, impulso di vivere, come condizione e caratteristica individuale che può tradursi in particolare efficienza e operosità, o anche vivacità: nonostante i suoi ottant’anni è ancora piena di vita; ne ha di vita, quella donna; bambini, ragazzi pieni di vita. b. Vitalità, intesa come forza universale, che anima il tutto: l’aria e il sole sono fonti di v.; Te beata, gridai, per le felici Aure pregne di vita (Foscolo, rivolgendosi a Firenze). c. fig. Animazione, fermento, movimento vivace: è una città piena di v.; sono intervenuti alcuni giovani a dare un po’ di v. alla riunione; in partic., esistenza e frequentazione di ritrovi, divertimenti, ecc.: è una città di provincia, non ha v. notturna; c’è un po’ di v. studentesca e null’altro; «movida» è una parola spagnola che è oggi di moda per indicare la v. notturna. Con riferimento a opere e realizzazioni letterarie, teatrali, cinematografiche e televisive, musicali, artistiche, dinamicità di svolgimento, vivacità espressiva: una commedia, una descrizione piena di v.; un racconto, un film monotono, senza v.; nella recitazione, o nell’esecuzione, di quel pezzo dovrebbe mettere un po’ più di v.; un dipinto, un monumento ricco di una sua v., o privo di v. e inerte. 5. Con valore concr.: a. Ciò che costituisce l’essenza, la ragione o l’interesse e il fine fondamentale della vita, che le dà valore e significato: la luce è la v. delle piante; l’aria è v.; lo sport, il lavoro è vita per lui; la poesia, la musica, lo studio, ecc., è la sua v.; quella donna è tutta la sua v.; vita mia!, espressione di affetto che si rivolge a persona amata; la fede è v. dell’anima; e con riferimento a cose inanimate: il credito è la v. del commercio; gli abbonati sono la v. del giornale. b. Ogni singola persona in quanto dotata di vita: senza perdita di v. umane; talvolta come sinon. di anima: E già la v. di quel lume santo Rivolta s’era al Sol (Dante), l’anima di Carlo Martello. c. Il mondo umano, il complesso delle situazioni, dei rapporti, dei problemi relativi al vivere individuale, familiare e soprattutto sociale: avere, non avere ancora esperienza della v.; sei troppo giovane per conoscere la vita. d. Quanto è necessario per vivere, con particolare riguardo al vitto: lavora tutto il giorno per guadagnarsi la v.; E se ’l mondo sapesse il cor ch’elli ebbe Mendicando sua v. a frusto a frusto, Assai lo loda, e più lo loderebbe (Dante); con sign. più ampio: la v. si fa ogni giorno più cara. 6. a. Con riferimento alla sopravvivenza dell’anima: passare ad altra v., a miglior v., morire; la seconda v., la v. futura, la v. eterna; quindi questa v., la v. terrena, la nostra v. (in contrapp. alla v. eterna); il libro della v., nel linguaggio biblico, il libro in cui sono segnate le anime che sono o saranno salve. b. Con riferimento alla sopravvivenza del nome nella memoria dei posteri: E tu ne’ carmi avrai perenne vita Sponda che Arno saluta in suo cammino (Foscolo). 7. Come titolo di opere in cui si narrano le vicende, i casi di una vita: Vita, morte e miracoli di s. Antonio, o di altro santo, o anche di un personaggio (per un uso estens. dell’espressione, v. miracolo); Le vite parallele, opera di Plutarco; Le v. dei Padri (traduz. del lat. Vitae Patrum), raccolta latina di biografie per lo più leggendarie di padri della Chiesa e santi, formatasi nel sec. 6°: le volgarizzazioni più autorevoli sono quelle di D. Cavalca e di F. Belcari; La v. scritta da esso, titolo dell’autobiografia di Vittorio Alfieri. Di qui, per estens., biografia, opera biografica: scrivere una v. di G. Leopardi, di papa Giovanni XXIII; mentre i monaci mangiano, uno di loro legge le v. dei Santi; una v. romanzata (v. romanzare). 8. a. La parte del corpo sopra i fianchi, in corrispondenza della cintura: afferrare qualcuno per la v.; portare una fascia intorno alla v.; punto di v. (frequente anche in forma ellittica, punto vita), il punto in cui è la vita rispetto all’altezza (avere il punto di v. alto, basso): in questo senso, con riferimento al corpo femminile, il dim. vitino (s. m.) e l’espressione vita (o vitino) di vespa, per indicare una vita molto sottile (v. vespa, n. 1 a). Per estens., la parte corrispondente del vestito: le spalle vanno bene, ma vorrei la v. più stretta; la giacca è un po’ larga di v.; alzare, abbassare il punto v. (o di v.), in un vestito, collocare più in alto o più in basso il restringimento della cintura; v. alta, v. bassa, con riferimento alla posizione del punto vita in una gonna o nei pantaloni, o al punto di raccordo tra la gonna e la parte superiore di un abito intero: quest’anno va di moda la vita alta, o bassa. b. Tutta la parte del corpo che va dai fianchi alle spalle, soprattutto nelle espressioni su colla vita! esortazione a tenere dritte le spalle e, in senso fig., a non avvilirsi (raram., con lo stesso sign., stare sulla v.: anche don Abbondio prese una faccia più naturale, sprigionò alquanto la testa di tra le spalle …, si mise a stare un po’ più sulla vita, Manzoni); avere la v. corta, essere corto di v., avere il torace corto in proporzione al resto del corpo; andare, uscire, stare in v., o in bella v. (meno com. in bellavita), senza giacca o cappotto pesanti, quando è freddo. c. ant. Il personale, il corpo umano nella sua complessione e nel suo aspetto esteriore: essendo egli bianco e biondo e leggiadro molto, e standogli ben la v. (Boccaccio), avendo un bel personale. ◆ Dim. vitina (anche nel sign., ormai ant., di copribusto), vitino s. m. (solo nel sign. 8 a; v. sopra); pegg. vitàccia, vita piena di disagi, di sacrifici e afflizioni: ha fatto una vitaccia, quella poveretta!; è una vitaccia da cani, la mia. (sempre Treccani)

Come vedi, la questione è molto semplice: tutto il problema relativo all’aborto si riconduce a definire che cos’è la vita

Non solo: se la vita umana (quella sopprimendo la quale commetteresti veramente un omicidio) a partire dal concepimento fosse autoconsistente, ovvero non avesse bisogno di essere (prima di potersi dire tale) ospitata all’interno di un essere vivente, allora potremmo stare a discutere sull’ammasso cellulare di cui sopra.

Ma siccome ciò non è, siamo costretti a stabilire (ex lege) un limite sotto il quale il corpo ospitante ha tutto il diritto (in senso proprio) di trattare quell’ammasso di cellule al pari di un’acne. Morale: la libertà di un individuo (fatto e finito) prevale sulla società, che dal tuo punto di vista vorrebbe imporre all’individuo ospitante di continuare a fare da vettore al potenziale individuo futuro.

Corollario: immaginiamo un mondo (nemmeno troppo lontano) dove il signor Z prende un po’ di materiale genetico della signora Y (ovulo) e del signor X (sperma), li mette nel frullatore biologico e si trova in mano l’ammasso cellulare XY (sempre di cui sopra). Immaginiamo anche che il suddetto ammasso possa essere inserito in un’incubatrice del futuro che sia in grado di “tenerlo in caldo” per nove lunghissimi mesi, fino a far nascere il figlio XY1. Dal mio punto di vista, l’interruzione di questo processo quando ancora l’ammasso non ha formato alcuna sinapsi in grado di essere paragonato anche lontanamente a un cervello equivale all’acne di cui sopra. Con buona pace degli antiabortisti di tutta la galassia.

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Magari @solibo si facesse degli studi così approfonditi e ben argomentati anche in altri campi dove sarebbe più urgente… :wink:

Mi permetto soltanto di aggiungere al discorso di @solibo (che a me pare davvero inattaccabile) e alle giuste obiezioni di @lynX solo un paio di osservazioni:

  1. l’argomentazione “fusariana” secondo cui lo stato capitalista incoraggi l’aborto per non appesantire il welfare non sta in piedi sotto ogni punto di vista (come obietta @lynX, nel peggiore dei casi si tratta di esercito industriale di riserva, proletari i cui figli saranno bassa manovalanza utile ad abbassare il costo del lavoro) e va anzi rovesciata: se l’aborto non fosse riconosciuto come diritto sarebbe lo stato ad esercitare un potere sul corpo della donna, atto vietato a partire dal principio dell’habeas corpus vecchio di più di tre secoli. Che poi il feto sia parte del corpo della donna non vedo come possa essere negato.

  2. Al di là del discorso economico, immaginate soltanto le conseguenze psicologiche e pedagogiche su genitore e figlio innescate dal crescere quest’ultimo in un contesto in cui non è desiderato.

però non mi viene in mente un’altro sistema nella donna che sia completamente in simbiosi con essa ed allo stesso tempo preservare un’autonomia funzionale a se stesso e non alla donna (tutto il resto se smette di funzionare uccide la donna, ad esempio gli organi vitali). Ma a parte questo mi limiterei ad accettare le cose cosi come sono, non c’è niente di religioso ma solo di genetica funzionale millenaria.Se non siamo più in grado di gestire in pace queste asimmetrie possiamo sempre cominciare a progettare l’accrescimento in laboratorio se e quando si vuole. Tutto questo solo per evitare di scatenare l’ennesima guerra termonucleare.